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Maysoon Majidi

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L’attivista iraniana Maysoon Majidi interrogata per 10 ore ribadisce: «Sono innocente» e fornisce indicazioni anche sui trafficanti che battono la rotta dell’Egeo


CROTONE – «Sono innocente». Lo ha ribadito più volte, nel corso di un interrogatorio durato ben dieci ore nel carcere di Castrovillari, Maysoon Majidi, l’attivista iraniana 28enne arrestata nel dicembre scorso, con l’accusa di essere una scafista, dopo essere sbarcata con altri 76 migranti a Crotone. A condurre l’interrogatorio la pm Rosaria Multari alla presenza del difensore dell’indagata, l’avvocato Giancarlo Liberati. «Devo dare atto – ha detto il legale – che la pm ha ascoltato con attenzione la mia assistita. L’ha messa a suo agio, comportandosi con garbo, consentendole di raccontare la sua versione dei fatti. L’indagata – ha aggiunto l’avvocato Liberati – ha chiarito tutti i passaggi della vicenda. Ma ha anche fornito elementi che potrebbero consentire di risalire ai veri organizzatori dei traffici, responsabili non solo del viaggio della speranza con cui Maysoon è giunta a Crotone ma anche di tanti altri».

Il legale ha annunciato appello cautelare avverso la decisione con cui la gip Elisa Marchetto, ritenendo sussistente il pericolo di fuga, aveva respinto l’istanza difensiva di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella domiciliare presso un’abitazione messa a disposizione dall’associazione Sabir. «Non chiediamo la luna», ha osservato l’avvocato. Tanto più che in carcere la donna ha perso 13 chili. Alla richiesta di concessione dei domiciliari si era opposta la pm Multari poiché Maijidi aveva riferito, nell’immediatezza dell’arresto, di un tentativo di raggiungere la Germania.

LE RAGIONI DI MAYSOON INTERROGATA PER 10 ORE

L’avvocato aveva però spiegato, nella sua articolata memoria, che il motivo per cui Majidi si era allontanata con altre quattro persone, tra cui un fratello, a bordo di un tender era sì quello di raggiungere la Germania ma per ottenere più facilmente lo status di rifugiato, avendo già formalizzato la richiesta di asilo tramite l’Unhcr, l’Agenzia Onu che assiste chi è in fuga da guerre e persecuzioni. Versione confermata dal coindagato Akturk Ufuk che, nel corso di un interrogatorio, ha ammesso di essere stato il “capitano” dell’imbarcazione e ha “scagionato” la donna affermando che era una migrante come gli altri passeggeri e che lei non l’ha mai aiutato nella gestione della traversata.

La reiterata richiesta di interrogatorio del difensore era stata finora inspiegabilmente ignorata. La donna sostiene, dunque, di essere in grado di fornire agli inquirenti l’organigramma di una gang transnazionale di matrice iraniana e irakena che da anni batte la rotta dell’Egeo. L’avvocato Liberati osserva che Majidi ha fornito «circostanze utili e meritevoli di approfondimenti». «La mia assistita – ha detto ancora il legale al Quotidiano – soffre nell’essere indicata come una scafista, perché lei si batte per i diritti umani. La parola scafista è associata a coloro che, invece, lucrano sui traffici di esseri umani. Maysoon – ha concluso l’avvocato Liberati – ha spiegato anche questo durante l’interrogatorio».

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