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Le auto coinvolte nell'incidente

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ERA la sera del 21 dicembre del 2014 quando quell’auto a velocità folle lo investì facendolo sbalzare addirittura dall’abitacolo e ricadere a diversi metri di distanza.

Gianluca Scuglia

E così l’atmosfera natalizia a cui si stava preparando la famiglia Scuglia fu funestata irrimediabilmente dalla perdita del loro caro figlio Gianluca appena 34enne. Un dolore insopportabile per tutti questi cinque anni e tale è rimasto anche ieri in occasione della sentenza di primo grado che ha visto condannare il 39enne di Filandari Francesco Satriani.

Due anni e mezzo più una provvisionale di 20mila euro in favore dei congiunti del giovane: il papà Mario, la madre Vittoria e gli altri figli Francesco e Giuseppe.
In sede di discussione, il pm aveva chiesto la condanna per l’imputato, assistito dagli avvocati Giovanni Vecchio e Francesco Sabatino, alla pena di tre anni comprensiva delle aggravanti, mentre il giudice Claudia Caputo, presidente del Tribunale monocratico, è sceso lievemente rispetto alla richiesta: 2 anni e sei mesi.

La difesa, da parte sua, aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche e che non venisse contestata l’aggravante relativamente al tasso alcolemico che non era penalmente rilevante nella misura in cui è stato riscontrato subito dopo il terribile incidente. Su questo punto, il gudice, ha emesso sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

«Una sentenza che ci lascia l’amaro in bocca», ha affermato Mario Scuglia, padre del giovane che per tutto il dibattimento si è affidato all’operato degli avvocati Giuseppe Grande e Gianmarco Cesari. «Non cercavamo vendetta, non l’abbiamo mai voluta, anche perché non ci farà tornare indietro il nostro Gianluca, ma giustizia, quello sì, una giustizia equa», commenta in riferimento all’entità della pena emessa: «Due anni e sei mesi non è una pena che educa – ha affermato – perché penso che la perdita della vita di una persona debba essere da monito a tutti quelli che, soprattutto i giovani, hanno il piede pesante sull’acceleratore. Ecco perché ci aspettavamo una condanna esemplare, fermo restando il pieno rispetto della sentenza, anche se ci sono voluti cinque anni e tre giudici per arrivare ad un epilogo».

Quindi il ricordo dell’amato figlio: «Da cinque anni a questa parte la nostra vita non è più la stessa. Si è fermata a quella notte del 21 dicembre del 2014. Gianluca era a pochi metri da casa, stava imboccando a bordo della sua Y10 la curva quando è stato travolto da quell’auto assassina. Il mondo ci è crollato addosso. Ogni giorno, percorrendo quel tratto, è un dolore incommensurabile, e oggi lo è stato ancor di più. Ma sappiamo che veglia su di noi da lassù e noi lo sentiamo».

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