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VIBO VALENTIA – Non ha retto l’aggravante della premeditazione nell’accusa di omicidio commesso, secondo l’accusa, da Giovanni Nesci, originario di Sorianello; fatto avvenuto il 17 luglio 2020 a Castel di Leva, nell’Agro Romano, ai danni di Fabio Catapano, 48 anni, vicino di casa dell’imputato, freddato a colpi di pistola.

Per il giovane calabrese, reo confesso, assistito da un collegio difensivo composto dagli avvocati Pietro Chiodo del Foro di Catanzaro, Giuseppe Ioppolo, Marica Ioppolo e Arianna Liguori del Foro di Roma, lo scorso 9 giugno la Pubblica accusa della Procura di Roma, dopo una lunga requisitoria, aveva chiesto l’applicazione della pena dell’ergastolo. Gli avvocati Ioppolo e Chiodo, hanno provato a smontare quasi tutte le tesi del pm riuscendo a far derubricare il fatto di sangue in omicidio semplice e i giudici della III sezione della Corte Di Assise di Roma, riconoscendo Nesci responsabile dei reati a lui ascritti, hanno deciso di escludere, come detto, per l’imputato l’aggravante della premeditazione, riconoscendo la diminuente del rito ed hanno così applicato una pena di 18 anni di reclusione.

Già in sede di udienza preliminare, la difesa aveva chiesto l’esclusione dell’aggravante, il riconoscimento delle attenuanti generiche e la celebrazione del processo con rito abbreviato. Richieste non accolte dal gup che pertanto aveva disposto che il procedimento penale si celebrasse con rito ordinario arrivando, l’altro ieri, all’epilogo.

Giovanni Nesci, subito dopo l’omicidio di Catapano, avvenuto dinanzi l’abitazione della vittima, si era presentato presso la locale stazione dei Carabinieri per confessare l’episodio di sangue. Poco chiaro, sin da subito, era apparso il reale movente dell’omicidio, indicato come possibile delitto passionale, poiché il giovane reo confesso aveva dichiarato di aver ucciso il suo vicino di casa in quanto la vittima era convinta che il Nesci, appunto, avesse una relazione con la moglie.

Per gli inquirenti, il movente del delitto, però, è apparso dai contorni poco chiari. Prima dell’omicidio, Giovanni Nesci si trovava a cena con un amico a casa della vittima e, in quel frangente, nella villettina occupata dal Nesci e altri calabresi, si consumava un furto, conseguentemente attribuito dagli inquilini a Catapano. Seppur ufficialmente non sia emerso il reale motivo che avrebbe indotto Giovanni Nesci a uccidere Fabio Catapano, il movente più accreditato durante la fase processuale, è risultato essere quello del furto.

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