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Marco Ballotta

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VIBO VALENTIA – Marco Ballotta è conosciuto nell’ambiente calcistico per essere stato un portiere di serie A ed aver militato in numerose squadre (Parma, Inter, Lazio e Bologna in particolare), oltre che nella Nazionale, prima di ritirarsi dall’attività agonistica ben oltre i 42 anni. Noto alle cronache sportive, il nome di Marco Ballotta è finito – come persona offesa – nell’inchiesta anti ‘ndrangheta denominata “Radici”.

Per come riportato nell’ordinanza del gip di Bologna, Ballotta, 56 anni, risulta infatti tra le persone raggirate e minacciate da alcuni esponenti del gruppo coinvolto nell’operazione, in particolare da Giovanni Battista Moschella, personaggio di primo piano dell’indagine della Dda di Bologna e del Gico della Giardia di finanza del capoluogo felsineo, ritenuto vicino al clan Mancuso di Limbadi.

Secondo quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, era finito nei guai a causa di alcuni problemi economici. Nel 2020 aveva cercato un intermediario che fosse in grado di risolvergli una rogna con una banca, un’operazione da 250mila euro.

‘NDRANGHETA, MARCO BALLOTTA MINACCIATO: “STAI ATTENTO”

Così qualcuno gli avrebbe indicato, appunto, Giovanni Battista Moschella che avrebbe profferito minaccia grave all’integrità fisica dell’ex portiere con frasi del tipo: “…vuoi che faccio arrivare qualcuno… stai attento” allorquando la parte offesa si era recata presso lo studio del proprio commercialista, nell’intento di incontrare Roberto Radici, titolare della ditta individuale Radici & Partners – esercente attività di consulenza amministrativa operante anche nel settore di finanziamenti bancari e similari – incaricato di chiudere la sua posizione debitoria rispetto al ceto bancario e per il quale l’imprenditore si faceva anticipare la somma di 4.980 euro con bonifico bancario effettuato nell’ottobre del 2020 su carta poste-pay a lui intestata, salvo poi rendersi irreperibile.

Una condotta, spiega il gip, consumata sulla pubblica via presso lo studio della commercialista di Modena Bonazzi che avrebbe provocato l’intervento del Moschella poiché in affari con Radici che, oltre alla frase pronunciata, avrebbe accompagnato l’atto intimidatorio con il gesto di poggiare un paio di volte la mano sul petto di Ballotta, al contempo minacciandolo per aver saputo dalla commercialista che questi le aveva riferito di precedente illecite vicende criminali che avevano coinvolto altre vittime tra le quali in particolare l’altro commercialista Alessandro Luppi.

A Moschella viene contestata anche l’aggravante mafiosa in quanto avrebbe messo in atto tali condotte “mediante l’uso della forza intimidatrice, contando sulla condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva in particolare con riguardo alla formale affiliazione a cosche ‘ndranghetiste, nello specifico ai Mancuso di Limbadi ed ai Piromalli di Gioia Tauro, e comunque alla sua messa ‘a disposizione’ del clan dei Tripodi-Mantino di Vibo Marina, tutti storicamente tra loro alleati”.

E la sua condotta avrebbe così tanto intimorito Ballota che questi – già stato informato dal commercialista Luppi che Moschella era persona appartenente a clan mafiosi o comunque alla criminalità organizzata – pur rivolgendosi al proprio legale di fiducia, aveva deciso di non presentava querela e nemmeno di attivarsi in sede civilistica per il recupero delle somme già versate a Radici.

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