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Il collaboratore di giustizia Walter Loielo uccise il padre nel 2017 facendo sparire il cadavere poi ritrovato nel 2020, condannato a 20 anni.


VIBO VALENTIA – Il gip di Vibo, Barbara Borelli, ha condannato a 20 anni di reclusione, con l’accusa di omicidio, occultamento di cadavere e reati in materia di armi, il collaboratore di giustizia Walter Loielo, per l’omicidio del padre Antonino, vittima di lupara bianca nell’aprile del 2017. Le indagini coordinate dal procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo e dal pm Filomena Aliberti, con l’ausilio della Squadra Mobile di Vibo Valentia, avevano condotto al rinvenimento del corpo della vittima nel 2020, seppellito in una zona impervia tra la boscaglia, nella frazione Ariola di Gerocarne.

Secondo la prospettazione accusatoria, il movente è da ricondurre a vicende di carattere familiare. A suo tempo fu stralciata la posizione di un altro figlio della vittima, Ivan, giudicato in un separato procedimento. Walter è stato assistito dall’avvocato Ketty De Luca, del Foro di Vibo.

Una vicenda inquietante, maturata in ambito familiare e probabilmente camuffata da allontanamento volontario della vittima che, qualche tempo prima, insieme agli stessi figli, era scampato ad un agguato. Le indagini sulla sparizione di Antonino Loielo, all’epoca non portarono a nulla, ma furono riaperte dopo il pentimento di Walter. Gli inquirenti avrebbero, dunque, ricostruito anche il movente, del delitto avvenuto a colpi di pistola: il capofamiglia fu portato in una zona isolata dell’Ariola, impervia e costellata da fitta vegetazione, boscaglia e sentieri inaccessibili ai veicoli, e seppellito con i propri indumenti e in un sacco di cellophane sotto la carcassa di una vecchia 500 rossa che si trovava lì da anni.

Antonino Loielo era cugino dei fratelli Vincenzo e Giuseppe Loielo, che tra la seconda metà degli anni novanta e gli inizi del 2000 dominavano il vasto comprensorio montano. Vennero uccisi nel pomeriggio del 22 aprile del 2002 da un commando formato, secondo le risultanze investigative, dal gruppo facente capo a Bruno Emanuele, boss di Soriano e Sorianello e cecchino dalla mira quasi infallibile. Antonino, poi, scampò ad un agguato la sera del 23 ottobre 2015 in località “Castania”, sempre all’Ariola, quando l’auto sulla quale viaggiava insieme alla famiglia fu colpita da alcuni colpi di fucile. L’allora 48enne, venne raggiunto al sopracciglio destro ed al torace, la compagna al braccio destro, mentre il figlio Alex, 22 anni, alla mandibola da un proiettile rimasto ritenuto. Miracolosamente illesi, invece, gli altri due figli minorenni. E due di loro sono adesso indagati per l’omicidio del genitore.

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