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SORIANO (VIBO VALENTIA) – Una drammatica condizione di attesa e impotenza, accompagnata dalla paura che accresce i problemi, è lo stato di sofferenza in cui versano Maria e il figlio.

LEGGI LA STRAZIANTE STORIA DI MARIA COSTRETTA A DENUNCIARE IL FIGLIO

La loro è una storia d’amore embrionale (che abbiamo già raccontato in parte la settimana scorsa), contrastata dalla patologia di Davide, il figlio 33enne affetto da «disturbi mentali e psicosi da innesto», come dichiara la madre, la quale, nei giorni scorsi è stata costretta ad abbandonare l’abitazione familiare dove è convivente con il figlio, a seguito dell’ennesima aggressione subita dal giovane che le è costata percosse e lesioni personali, nonché l’allontanamento volontario da casa.

La donna, che ha regolarmente denunciato l’episodio, d’allora non si dà pace: «Vivo le mie giornate aggrappata al telefono e facendo la ronda fuori casa per assicurarmi che Davide stia bene – ha dichiarato – dal mio legale al medico psichiatra che ha in cura mio figlio, dai carabinieri all’assistente sociale, sollecito chiunque per i rispettivi ruoli, ad aiutarci. Ad aiutare mio figlio».

È una madre disperata, Maria, in perenne attesa: «È da oltre 18 mesi che Davide è in lista d’attesa per l’ingresso in una struttura idonea alle sue problematiche – ha spiegato – l’Unità di valutazione dell’Asp, ha indicato per lui il centro “La Rinascita“, una residenza sanitaria per persone con disabilita` fisiche, psichiche e sensoriali, ma per questa struttura mio figlio risulta il terzo in lista d’attesa».

Da qui il ricorso all’avvocato nella speranza di accelerare i tempi: «Mi sono rivolta a un legale per presentare istanza all’autorità giudiziaria – ha proseguito la donna – spetta al giudice, ora, disporre un’ordinanza per mio figlio, ma nel frattempo siamo vittime dei tempi burocratici».

Il 6 febbraio scorso, infatti, la donna è riuscita a mettersi in salvo dal figlio, «purtroppo aggressivo», dopo essere stata ripetutamente colpita con calci e pugni in diverse parti del corpo: «Era già successo altre volte in passato – ha commentato la madre – e anche allora mi ero recata dai Carabinieri, ma questa volta ho temuto di morire. Davide è ulteriormente peggiorato negli ultimi tempi, nonostante la cura. La convivenza era una tortura per entrambi, ma cercavo di resistere sebbene la dignità assistenziale di cui ha bisogno, è altra. Per amore di un figlio si sopportano anche le botte e altro, mi ripetevo, ma non erano una cura e mi stavano consumando».

Piange Maria, cerca aiuto ma non riesce a tenersi lontana dal figlio e appena due giorni fa, accompagnata da un volontario della Protezione civile di Soriano, che, in questo periodo si sta recando da Davide per portare al ragazzo le medicine di cui ha bisogno, torna a casa per incontrare il giovane, ma è vittima di una tentata aggressione: «Appena rientrata a casa – ha raccontato – Davide si è mostrato tranquillo e tenero, salvo poi perdere il controllo pochi minuti dopo. Ero intenta a rassettare l’appartamento, che versava in condizioni al limite dell’igiene – ha precisato – quando, in camera da letto, Davide ha tentato di scagliarsi contro di me. Ho urlato e chiesto l’intervento del volontario della Protezione civile e sono corsa fuori, rientrando solo una volta giunti i Carabinieri. Ho nuovamente lasciato l’abitazione e non vi ho fatto ritorno».

Nella stessa giornata, l’assistente sociale del Comune, Rossella Pagano, si era recata nell’appartamento dove risiede il giovane: «Dalla visita domiciliare emerge con chiarezza l’incapacità del soggetto di provvedere in autonomia al soddisfacimento delle proprie necessità – ha dichiarato l’assistente sociale – anche rispetto a quelle che potrebbero sembrare più banali, come ad esempio l’espletamento dei bisogni fisiologici. Dopo un’attenta valutazione del caso, è stato eseguito ogni adempimento ritenuto utile ai fini del processo d’aiuto – ha spiegato – incluso il confronto con gli operatori del Centro di Salute Mentale e i contatti presi con alcune strutture presenti sul territorio, nel tentativo di provvedere ad un’accoglienza temporanea in attesa di autorizzazione per l’inserimento in idonea struttura – ha detto la donna – visto che la situazione nell’ultimo periodo ha subito ulteriori aggravamenti».

La conclusione è che non si riesce a trovare una struttura idonea, anche in regime privato, per Davide, il quale è costretto a fare i conti con la criticità del territorio regionale a rispondere in modo “appropriato” a chi è affetto da disturbi mentali e/o psichiatrici.

«Mio figlio non può più attendere – conclude e ribadisce la madre, che non può prendersi cura di lui – e si appella al Giudice: Ci aiuti».

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