X
<
>

Giovanni Russo

INDICE DEI CONTENUTI

Condividi:
9 minuti per la lettura

L’intervista all’ex assessore ai Lavori pubblici del comune di Vibo Valentia, Giovanni Russo

LA delusione, seppur lenita dal passare del tempo, non svanirà mai. La delusione di chi ha intrapreso un percorso per poi doverlo abbandonare a pochi metri dalla conclusione. È chiaro che è stata una sua scelta ma chi fa politica è spesso soggetto alle decisioni del partito e alla necessità di mostrare compattezza all’esterno. Eppure da Giovanni Russo – in questa sua prima uscita pubblica in esclusiva al Quotidiano del Sud dopo le dimissioni – nessuna particolare frecciata verso chi l’ha “costretto” a lasciare l’assessorato ai Lavori pubblici, qualche mea culpa e un elenco di «opere realizzate ed altre in programma», con la consapevolezza di aver ottenuto un risultato – 140 milioni di euro – che «mai la città di Vibo aveva visto».

Ma soprattutto il rammarico per non presenziare da amministratore in occasione dell’inaugurazione (che ormai sembra prossima) del Teatro e perché no della Scala Mobile e del Sottopasso a Vibo Marina: «Ci andrò come privato cittadino», afferma malcelando la delusione. Ma ovviamente la prima domanda non poteva non riguardare quanto avvenuto la mattina del 21 luglio scorso.

Allora, ingegnere Russo, cos’è avvenuto realmente quella mattina?

«Io, Rosa (Chiaravalloti) e Antonella (Tripodi) ci trovavamo al Comune. Ho chiamato il sindaco perché volevo comunicare, per correttezza istituzionale, la decisione presa, ma non mi ha risposto né mi ha più richiamato. Forse era impegnata in altre sedi. E quindi a quel punto abbiamo consegnato le lettere. Il piacevole riscontro l’abbiamo ricevuto dai dipendenti con cui abbiamo instaurato un rapporto professionale ed umano importante».

Sì, ma le motivazioni che hanno portato alle vostre dimissioni non sono certo recenti in quanto partono da lontano

«Intanto un primo colpo che abbiamo dovuto incassare come gruppo (Città Futura, ndr) è stato la cacciata di Gaetano Pacienza che in quel momento stava lavorando benissimo»…

…però non poteva non pagare per l’episodio della mancata costituzione di parte civile del Comune a “Rinascita-Scott”.

«Credo che sul punto egli stesso abbia chiarito come sono andate le cose. Sul piano politico stava rivoluzionando il proprio settore di competenza (Attività produttive): ricordo il riordino dei mercati generali e settimanali, le interlocuzioni con le associazioni di categoria e inoltre stava iniziando a mettere mano al piano della pubblicità del quale ancora oggi si attende la definizione».

In quel caso il supporto al sindaco restò, così come poi anche dopo le dimissioni di Francica. Ora però l’appoggio esterno. Cosa è cambiato?

«Intanto dopo il caso Pacienza ci siamo messi a lavorare a testa bassa perché comunque bisognava dare un contributo alla città e non si poteva creare certo una crisi dopo pochi mesi. E lo abbiamo fatto con ottimi risultati. Ad esempio nei servizi sociali il lavoro svolto dalla Chiaravalloti è sotto gli occhi di tutti e lo dicono anche in Regione perché si è finalmente messo ordine. Adesso, rispetto al passato, si sono instaurate situazioni specifiche che abbiamo subìto e che inevitabilmente hanno portato il gruppo ad assumere una tale posizione».

Ma quindi non concorda sul fatto che quella del sindaco sia stata scelta dettata dalla necessità di ridimensionare più il vostro capo politico la cui presenza poteva risultare ingombrante?

«Non credo, perché la presenza di Vito (Pitaro, ndr) non è mai stata ingerente sotto alcun punto di vista. Ci ha lasciato sempre campo libero sia al gruppo consigliare che agli assessori, chiedendoci come unica cosa quella di lavorare per la città e noi volevamo dimostrare alla comunità che eravamo all’altezza del compito conferitoci. Poi, è chiaro, nessuno è infallibile e sicuramente errori ne avremo commessi, ma per quanto concerne la figura di Vito, posso garantire che è rimasta sempre sullo sfondo nell’attività politico-amministrativa di Città futura».

Però il sindaco stesso ha motivato la scelta con l’esigenza di riequilibrare i numeri della Giunta a quelli del Consiglio.

«Ma questa cosa della sproporzione dei numeri è una tesi solo sua. Certo, rientra nelle sue prerogative nominare gli elementi nell’esecutivo e fare valutazioni di carattere politico sugli stessi, tuttavia un ragionamento a monte andava fatto a suo tempo in maniera serena e pacata a 360n gradi».

In buona sostanza lei dice: non solo gli assessori di “Città futura” dovevano essere messo in discussione ma anche quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia.

«Certamente, bisognava coinvolgere di più e meglio tutte le forze politiche in un ragionamento sereno prima di prendere decisioni già ratificate».

E invece…

«…e invece ci siamo invece trovati di fronte ad una decisione già presa. È legittimo che a fine mandato un sindaco debba avere delle ambizioni, legittima, che vedono prioritariamente il raggiungimento degli obiettivi prefissati all’inizio della consiliatura, ma ribadisco che quella riflessione da fare avrebbe dovuto essere svolta a tutto tondo. Com’è noto il primo cittadino è stato eletto grazie al lavoro della coalizione e ma allo stesso tempo ciascuno di noi era rappresentante di una parte della stessa. Pertanto, in futuro credo che bisognerà impostare un ragionamento che faccia prevalere il noi».

E però, la domanda che sorge spontanea è: Ve ne siete accorti solo ora che le cose non andavano bene?

«Certamente no, ma il momento che viveva e vive tuttora la città ci imponeva di essere responsabili. Conosciamo le regole della politica e pertanto diverse cose sono state segnalate in maniera riservata, al di fuori dei clamori perché chi svolge politica seriamente non può non attenersi a fare questi passaggi e poi perché non si voleva creare tensioni anche perché eravamo prima in presenza di una crisi pandemica e poi economica e responsabilmente abbiamo deciso di non aggravare la situazione pur restando sempre critici su determinate circostanze, ad esempio quando agli indirizzi politici non seguivano atti dirigenziali».

Ma a quanto pare quei rilievi non sono stati presi molto in considerazione se si è arrivati alle vostre dimissioni, e poi a quegli interventi in aula di Roschetti e prima ancora di Tucci.

«Ma ciò è avvenuto non per una volontà precisa, credo, quanto piuttosto perché evidentemente non c’è stato il tempo di sedersi e affrontare la cosa in profondità. Non chiedevamo certo la luna».

Però a quel punto avete virato e abbandonato la strada della riservatezza abbracciando quella della pubblica insofferenza…

«Sì, ma sempre in maniera soft nei toni. Però voglio dire una cosa: non è corretto dire che tutte le colpe siano del sindaco, ma in una coalizione le responsabilità vanno equamente ripartite soprattutto quando una parte di questa magari non si è soffermata ad analizzare con noi i problemi che man mano emergevano lungo il percorso».

Nel suo recente post è risaltato agli occhi che ha salutato la struttura dirigenziale del Comune e quella del personale, ma non i suoi ex colleghi di Giunta né il sindaco. L’arrabbiatura è ancora tanta quindi.

«È stata una mia mancanza che ora voglio sanare. È chiaro che quando un matrimonio finisce è sempre triste ma poi non si può non riconoscere il rapporto che c’è stato nella coppia. E ritengo che in alcuni frangenti ci siamo mossi come squadra ma col tempo si è un po’ disunita. L’augurio che faccio a sindaco e Giunta è di dare il massimo in questi mesi rimanenti a raggiungere gli obiettivi che si sono e c’eravamo prefissati. Auguro a tutti i consiglieri e al presidente Rino Putrino di continuare nel loro lavoro. Ma soprattutto auguro buona fortuna a Vibo».

Una domanda comoda: sui Lavori pubblici che voto si dà?

«Non spetta a me darlo, ma credo che i risultati sono evidenti e presto ne emergeranno altri in maniera dirompente. Vorrei solo ricordare che per diverso tempo abbiamo potuto contare solo su due figure dirigenziali e nonostante tutto non solo non abbiamo perso finanziamenti ma abbiamo fatto in modo che ne arrivassero come non mai nella storia di Vibo: oltre 140 milioni di euro. Scusate se è poco. Attualmente abbiamo 22 cantieri aperti e altri stanno per partire. Poi è chiaro che gli imprevisti ci sono, come a Triparni in cui siamo incappati in problemi non dipendenti da noi, come il fallimento del Consorzio che aveva ottenuto l’appalto, ma che purtroppo hanno allungato i tempi. Altri lavori, come il progetto Maione, siamo riusciti per fortuna a prenderlo per la cima dei capelli perché i fondi stavano realmente per essere persi. E di tutto questo voglio ringraziare gli uffici che sono stati sempre disponibili».

Una domanda meno comoda: non ritiene sia stato un errore annunciare spesso la data di conclusione di un’opera che poi invece non è stata rispettata dando quindi false aspettative alla cittadinanza? Alludo ad esempio al teatro o alla scala mobile. Si è peccato ottimismo?

«Intanto voglio rilevare che i tempi tecnici che prevedono la realizzazione di un’opera sono lunghi, per via del sistema burocratico e del codice degli appalti farraginosi. Noi abbiamo fatto una comunicazione costante per rendere edotti i cittadini, certamente col senno di poi sarebbe stato più prudente non fornire date ma in generale c’è stata una fase di annunci in cui sono seguite le cantierizzazioni. Al teatro, inoltre, da ieri hanno iniziato la bitumazione dell’area esterna».

Una domanda personale: visto che ha parlato di 22 cantieri aperti, quanto le dispiacerà non poter tagliare il nastro a qualcuno di questi. Penso ad esempio al teatro stesso che si spera verrà aperto entro l’anno.

«Chiaramente tanto perché sotto questo punto di vista ho pagato un prezzo altissimo. Dopo aver lavorato tanto veder inaugurare una serie di opere da altri è un gran dispiacere. D’altro canto, penso che a beneficiarne sarà la città e aver contribuito ad arrivare a questo punto è una soddisfazione personale. Vorrà dire che parteciperò agli eventi come privato cittadino».

E ora? Pausa dalla politica?

«Chi fa politica attiva non è mai in pausa. Ma certamente ora ho momentaneamente staccato e ho riscoperto il piacere di godermi appieno la famiglia, gli amici come non ero riuscito a fare in questi 4 anni, perché il lavoro di amministratore, al contrario di quanti molti pensano, ti assorbe l’intera giornata e ti costringe a rallentare la tua professione».

Questo fino alle prossime elezioni…

«Il futuro non è scritto».

Lei è un fervente ammiratore di Andreotti del quale spesso posta qualche frase. Ecco, ce n’è una che identifica ciò che l’ha riguardata o il momento che sta vivendo?

«Intanto, è chiaro che alcuni abbiano delle legittime aspettative per le prossime amministrazioni e noi forse siamo stati visti come un ostacolo. E quindi la frase è che mi viene in mente è: “A pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca”».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE