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Il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo

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MILETO (VIBO VALENTIA) – «È pensabile che un vescovo possa vietare nella sua diocesi la recita del Rosario ai fedeli? Ed è possibile che lo abbia fatto per impedire l’assembramento di persone visto che tutto avveniva via streaming, al chiuso e solo con pochi presenti? Non è paradossale? Ma il vescovo non ha proceduto al divieto per evitare assembramenti, come è stato comunicato, perché non ce n’erano né i presupposti, né un ventilato pericolo! Allora che significa tutto questo camuffare la realtà?».

Non si è fatta attendere la presa di posizione del vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, riguardo il comunicato stampa con cui la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, ente nato su input della compianta mistica Natuzza Evolo, aveva annunciato l’annullamento di un momento di preghiera, attraverso la recita del rosario trasmesso in streaming, su indicazione dello stesso presule.

La Fondazione aveva chiarito che l’evento era stato bloccato dal vescovo per il problema degli assembramenti anti-covid anche se in realtà la lettera del pastore della diocesi chiariva che le motivazione erano ben altre (LEGGI). Ora, però, Renzo non ci sta ad accettare in silenzio la tesi della Fondazione e, senza nascondersi dietro ad un dito mette nero su bianco la sua verità.

In primo luogo precisando che il divieto «non era rivolto ai fedeli, ma alla Fondazione, che se n’era fatta indebitamente promotrice. Questa, infatti, – si spiega nel documento – aveva inteso organizzarne la recita per proprio conto e nella propria sede, in diretta streaming come se fosse un normale organismo ecclesiale riconosciuto, ma indipendente dall’autorità della Chiesa, ignorando peraltro il Decreto di revoca del suo Statuto risalente al 1° agosto 2017, diventato definitivo perché mai appellato nei tempi previsti dal Codice di Diritto Canonico e che prevede per la Fondazione il divieto di organizzare attività di “religione e culto” di qualsiasi natura, dentro e fuori la propria sede e di utilizzare per qualsiasi attività di pastorale e culto la propria chiesa, tra l’altro ancora da consacrare (come invece è avvenuto, per esempio, nel mese di maggio scorso)».

Quindi, «la Fondazione, a prescindere dalle convinzioni personali degli interessati, è sprovvista di Statuto valido. Prova ne è anche il fatto, tra l’altro, che la Congregazione per il Clero, più volte, richiamandosi al detto decreto del vescovo, ha sollecitato la Fondazione a “provvedersi di uno Statuto canonicamente valido” essendone sprovvista (cf. lettera del Prefetto Card. Beniamino Stella del 12 giugno 2018)».

In ogni caso «occorre non dimenticare che l’appuntamento della recita del Rosario e della Supplica era stato propagandato sul sito della Fondazione con tanto di locandina-invito che prevedeva lo sfondo della chiesa e quindi era un atto pubblico e non privato di religione, come si pretende e, pertanto, in forza del predetto decreto di revoca dello Statuto, assolutamente non consentito senza l’eventuale autorizzazione dell’autorità ecclesiastica. Cosa che non c’è stata».

Rispetto poi ad alcune voci che vorrebbero il decreto di revoca del 2017 come non più in vigore in quanto pendente un ricorso alla Congregazione per il clero, il vescovo Renzo precisa che «detto ricorso gerarchico non riguarda la revoca dello Statuto, ormai inappellabile, quanto piuttosto il Decreto del 3 luglio 2019, con cui il vescovo ha soppresso la Fondazione revocando altresì il relativo assenso per il riconoscimento sia della personalità giuridica di diritto civile presso il Ministero dell’Interno. sia della qualifica di “fondazione di religione e culto”. Del resto di questa situazione la Fondazione è ben consapevole, visto che proprio con la motivazione della sua soppressione ha annullato le celebrazioni delle assemblee dei Cenacoli (23 agosto, 1° novembre, seconda domenica di novembre 2019), sostituite con Concerti, mentre fino ad allora, pur col decreto di divieto, dette celebrazioni non solo erano state richieste e consentite, ma per di più presiedute dal vescovo stesso». In conclusione, «questo sta a significare anche che il vescovo e la diocesi non hanno nulla contro la Fondazione, ma le chiedono solo di ritrovarsi e di operare nell’alveo della chiesa diocesana e non in parallelo, proprio nello spirito di Natuzza che ha raccomandato ai suoi l’obbedienza alla Chiesa».

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