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AVELLINO- Tra necessarie precauzioni ad eccessivo allarmismo, anche nella città di Avellino si apre il dibattito sui possibili rischi legati al diffondersi dell’epidemia del coronavirus, l’infezione che sta mietendo vittime nella Cina Continentale, interessando un totale di 56 milioni di persone sul tutto territorio.
Per quanto in Italia, al pari di quasi tutta l’Europa, ad oggi non non si registrano casi di possibili contagi, la principale preoccupazione della comunità è legata all’utilizzo dei prodotti cinesi che ormai da anni hanno sbaragliato il mercato commerciale di tutta Italia, a partire da quelli del settore alimentare.
Se fino a qualche giorno fa i ristoranti che in genere offrono cibo di varietà giapponese-cinese erano presi d’assalto, in virtù dell’espandersi della cucina oltre oceano anche nelle nostre zone, anche grazie alla cosiddetta formula del “All you can eat” ad un prezzo accessibile, ora gli abitali fruitori cominciano a non riempire più le sale dei vari ristoranti del capoluogo e provincia. Nonostante al momento non siano stati riconosciti pericoli per i prodotti che continuano ad essere sani, ma soprattutto non c’è nessuna dimostrazione ad oggi che il virus si possa propagare per via alimentare ordinaria, le persone si mostrano titubanti. E’ il caso di un gruppo di amici sulla quarantina che ogni lunedì era solito riunirsi in uno dei punti di ristorazione giappo-cinese del centro città e che, invece, ieri sera ha optato per la più classica delle pizze. “Abbiamo letto che non esistono pericoli- spiega Paolo- ma per quello che si sta sentendo, preferiamo mangiare cibo italiano per il momento, o comunque prima capire quale è effettivamente importato. Magari è solo psicosi, ma prevenire è sempre meglio che curare”.
Stessa posizione di un gruppo di amiche che aspetta il giorno settimanale della promozione “All you can eat”. “Questa volta non ci andremo, anzi io non ci andrò mai più”, commenta drasticamente Stefania.
Cercano di frenare la psicosi, i proprietari di un ristorante in un centro commerciali dell’hinterland avellinese: “Tutti i prodotti freschi che serviamo nei ristoranti cinesi provengono da fornitori europei, anche perché importarli non avrebbe senso, per i costi di trasporto da un altro continente. Non bisogna minimizzare niente, ma nemmeno ingigantire, perché se non ce n’è motivo, si finisce solo per danneggiarci”.
Calo dei consumi anche nei grandi store che vedono prodotti di ogni genere, tutto rigorosamente a prezzi contenuti, dall’abbigliamento a prodotti per la casa, cosmetici e qualsiasi cosa che “vai dal cinese che sicuro la trovi”, una delle frasi ormai più diffusa tra le persone.
Dozzine e dozzine i negozi che sbucano il tutto il territorio avellinese, di solito affollati, in queste ore oggettivamente meno frequentanti.
A complicare una situazione già delicate, la più classica catena di Sant’Antonio che da ore circola sul web e sta facendo il tam tam via messaggi. “Consiglio medico sanitario- si legge- Si informano i vari amici, parenti, colleghi e conoscenti, che in questo momento così drammatico e problematico a causa del diffondersi del coronavirus in Cina, sarebbe consigliabile non andare nei negozi cinesi per un breve medio periodo, finché questo virus non sarà circoscritto e sconfinato; il perché è giustificabile in quanto molte persone e commercianti cinesi che lavorano in Italia, hanno contatti continui con la catena di distribuzione nei loro ingrossi, dove tanti imprenditori cinesi vengono o sono passati per Wuhan. Speranzosi di non essere discriminatori, ma bensì d’ausilio alla popolazione, lanciamo questo appello solo a scopo protettivo della salute nazionale, non per fini commerciali”.
Per quanto riguarda l’aspetto dell’informazione e prevenzione, è stato potenziato il numero verde 1500 del Ministero della Salute che fornisce gratuitamente ai cittadini informazioni, in italiano, inglese e cinese sul Coronavirus. Il numero è attivo 24 ore su 24.
La Regione Campania, invece, proprio per la giornata odierna ha convocato i direttori sanitari di tutte le Asl, per valutare il piano d’azione da mettere in atto in applicazione delle indicazioni internazionali di salute pubblica per casi simili, e condivisi con tutti gli operatori sanitari i criteri per l’individuazione di casi sospetti.

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