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  I familiari di alcune delle 40 vittime del bus precipitato dal viadotto «Acqualonga» dell’A16 Napoli-Canosa il 28 luglio del 2013 hanno inscenato una protesta davanti al tribunale di Avellino, dove è in corso l’udienza del processo nei confronti di 15 imputati, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e falso in atto pubblico.
In particolare, i familiari contestano ad Autostrade per l’Italia spa la decisione di mantenere nell’organico della società funzionari e dirigenti indagati e chiedono di stringere i tempi del processo cominciato il 28 settembre del 2016 davanti al giudice monocratico, Luigi Buono.
Secondo i parenti delle vittime, che sostengono l’azione svolta dal Procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, che nel processo sostiene l’accusa insieme ai pm Cecilia De Angelis e Adriano del Bene, le responsabilità per quella tragedia sono “chiare e chiamano direttamente in causa la società Autostrade, per la mancata manutenzione delle barriere poste a protezione del viadotto». Su questo punto, tecnici, progettisti e funzionari ministeriali, chiamati a deporre come testimoni a discolpa di alcuni imputati di Autostrade per l’Italia, hanno sostenuto invece che quelle barriere offrivano sufficienti
garanzie di sicurezze e non andavano riqualificate o sostituite.

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