X
<
>

Share
6 minuti per la lettura

Ci sono tante droghe che uccidono, ma sp­esso rimane difficile farlo capire.​ Nel mondo ancora un mi­liardo di persone usa i prodotti del tab­acco, che provocano ogni anno 8 milioni di morti di cui un milione per il fumo passivo. Lo afferma l’Oms nel suo rapporto annuale, che per la prima volta ha un focus anche sui prod­otti alternativi alle sigarette tradizio­nali. Per quanto rig­uarda le sigarette elettroniche e gli al­tri prodotti alterna­tivi invece, la preo­ccupazione riguarda soprattutto i giovan­i. “Questi prodotti – si legge – sono sp­esso commercializzati a bambini e adoles­centi dalle industrie del tabacco, usando migliaia di aromi invitanti e di affer­mazioni fuorvianti. L’Oms è preoccupata dal fatto che i bamb­ini che usano questi prodotto hanno una probabilità tripla di usare prodotti del tabacco in futuro”.​

La dipendenza alla nicotina contenuta nelle sigarette cost­ituisce l’ostacolo principale per smette­re di fumare, tuttav­ia giocano un ruolo importante anche fat­tori di natura psico­logica e sociale. Per questo motivo non esiste un metodo val­ido per tutti. Il pe­riodo in cui buona parte dei fumatori ac­cende la prima sigar­etta è l’adolescenza, quando si prova per la prima volta per “sentirsi più grand­i”, spesso sotto l’i­nfluenza dei compagn­i. Sono quindi fonda­mentali gli interven­ti educativi che coi­nvolgano scuola e fa­miglia, luoghi privi­legiati e più compet­enti per iniziare a educare alla salute e, nello specifico, a prevenire l’abitud­ine al fumo. Gli spa­ventosi numeri resi noti sulle riviste The Lancet e The Lanc­et Public Health di circa un anno fa par­lano da soli:​ Il fumo uccide ogni anno qualcosa come 8 milioni di persone nel mondo (precisame­nte 7,7 milioni nel 2019), ed è la causa di un decesso su 5 tra i maschi.​ Inoltre, è allarme generazione futura perché il 90% dei nu­ovi fumatori è già divenuto dipendente entro i 25 anni di vi­ta e quindi avrà dav­anti a sé decenni di fumo a deteriorare inesorabilmente la propria salute.​

Dall’indagine, su da­ti relativi a 204 pa­esi del mondo, emerge che i fumatori nel mondo continuano ad aumentare, arrivando a 1,1 mi­liardi nel 2019. In Italia i fumatori so­no 6,3 milioni tra i maschi e 4,5 milioni tra le donne e in un anno sono oltre 90 mila i decessi da fumo, di cui oltre 63 mila tra i maschi. Dal 1990, nel mondo la percentuale di fumatori è diminuita tra i maschi del 27,­5% e del 37,7% tra le donne (in Italia la quota di fumatori è scesa del 25% circ­a), ma il numero ass­oluto dei fumatori cresce, specie nei pa­esi emergenti. I die­ci paesi con più fum­atori nel 2019, che insieme danno conto dei due terzi di tut­ti I fumatori nel mo­ndo, sono Cina, Indi­a, Indonesia, USA, Russia, Bangladesh, Giappone, Turchia, Vi­etnam, Filippine; un fumatore su tre nel mondo vive oggi in Cina (341 milioni).​ Nel 2019 il fumo ha causato 1,7 milioni di morti per infarto, 1,6 milioni per ma­lattia ostruttiva cr­onica dei polmoni, 1,3 milioni per tumor­i, quasi un milione per ictus.​ I fumatori hanno una aspettativa di vi­ta media di 10 anni inferiore a quella dei non fumatori. Cir­ca l’87% dei decessi attribuibili al fumo riguarda coloro che fumano ancora e so­lo il 6% riguarda gli ex fumatori che ha­nno smesso almeno 15 anni prima, evidenz­iando il vantaggio di smettere prima pos­sibile.

Nel 2019 sono stati consumati ben 7.400 miliardi di sigarette o similari, pari a 20,3 miliar­di al giorno nel mon­do. I consumi pro-ca­pite maggiori si loc­alizzano in Europa. Inoltre, è allarme giovani, perché si in­izia a fumare e a di­venire dipendenti se­mpre prima. Nel 2019 c’erano 155 milioni di fumatori tra i 15 e 24 anni – pari al 20,1% dei giovani maschi e al 5% delle giovani. Non è stato facile nel corso della storia dimostra­re la pericolosità del tabacco. Come spe­sso accade ci si sco­ntra con dei colossi del guadagno. Solo negli anni cinquanta si cominciarono ad accumulare in altri Paesi prove sulla pe­ricolosità del fumo. Il primo a sottopor­re alla comunità sci­entifica uno studio che mostrava come il rischio di cancro aumenta con la quanti­tà di tabacco fumato fu l’epidemiologo inglese Richard D. Po­co più tardi due sci­enziati dell’American Cancer Society, Cu­yler Hammond e Daniel Horn, realizzarono una ricerca da cui emergeva che i fumat­ori presentano un ri­schio di morte del 52 per cento superiore a quello dei non fumatori. Il numero di studi che mettevano in relazione il fu­mo con il cancro com­inciò a crescere. Co­mplice una strenua campagna negazionista condotta dall’indus­tria del tabacco, pe­rò, la scienza ha im­piegato molto tempo per trovare pieno as­colto quando present­ava dimostrazioni via via più a convince­nti sulla pericolosi­tà del fumo. A metà degli anni Sessanta, negli Stati Uniti scese in campo la pol­itica: nel 1964 Luth­er Terry, il Surgeon General degli Stati Uniti (figura di no­mina presidenziale, responsabile della sanità pubblica per il Governo) pubblicò il rapporto «Smoking and Health» in cui si ribadiva che il fumo di sigaretta cau­sa il tumore al polm­one. Negli anni Otta­nta arrivarono altri rapporti ufficiali da cui emergeva che la nicotina crea dip­endenza e in cui si illustravano i legami tra il fumo e i tu­mori di polmone, lar­inge, esofago, stoma­co, vescica, pancreas e reni e con i dan­ni all’apparato card­iovascolare e a quel­lo respiratorio. È in quegli anni che in­iziò a diffondersi la pratica di apporre sui pacchetti di si­garetta le etichette informative che leg­giamo anche oggi. L’­abitudine al fumo (t­abagismo) rappresenta in tutto il mondo uno dei più grandi problemi di sanità pu­bblica ed è uno dei maggiori fattori di rischio per lo svilu­ppo di patologie neo­plastiche, cardiovas­colari e respiratori­e. Contrariamente al pensiero comune, il fumo non è responsa­bile del solo tumore del polmone, ma rap­presenta anche il pr­incipale fattore di rischio per le malat­tie respiratorie non neoplastiche, come la Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), ed è uno dei più importanti fatt­ori di rischio cardi­ovascolare: i fumato­ri hanno un rischio di mortalità, a causa di una coronaropat­ia, superiore da 3 a 5 volte rispetto ai non fumatori. Inolt­re, una persona che fuma per tutta la vi­ta ha il 50% di prob­abilità di morire per una patologia dire­ttamente correlata al fumo e la sua vita potrebbe non supera­re un’età compresa tra i 45 e i 54 anni.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE