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Le recenti vittorie, finale di Champion’s e Liga, hanno dato il via alle “lacrime napulitane”

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NAPOLI. E’ d’uopo, nel momento in cui due persone si lasciano, rimanendo comunque in buoni rapporti, informarsi sulle vicende dell’altro, e nel mondo dello sport, soprattutto per discipline di squadra, i trasferimenti di calciatori come di allenatori possono generare rimpianti, nel caso di successi, e di indifferenza, ove mai non riuscissero ad affermarsi altrove. Con un rapido excursus sui tecnici che non hanno trovato il gradimento del presidente, in alcuni casi per disaccordi sull’ingaggio (Sarri) , in altri per risultati non esaltanti (Gattuso e Donadoni), per dissapori legati alle ambizioni (Mazzarri), è tornato in auge il rapporto, ancora idilliaco, con Ancelotti, esonerato dalla società partenopea per placare le acque ( leggasi ammutinamento post Napoli-Salisburgo di Champion’s ), intorpiditesi soprattutto per aver contrastato, ADL, la scelta del tecnico di schierarsi con i calciatori, assolutamente incolpevoli grazie ad una brillante prestazione, confermando, come verificato anche con i due giganteschi successi ottenuti con il Real Madrid, di avere , oltre all’abilità al di là di quella tattica, quella psicologica, al punto da non agitarsi anche quando, a pochi minuti dal termine della gara, sovverte un risultato che lo vedeva eliminato dalla finale. A mangiarsi le unghie per aver abbandonato al suo destino, sempre luminoso e vincente, Re Carlo, è sata una buona fetta dei tifosi azzurri, ma corre l’obbligo di valutare anche il materiale umano che aveva a disposizione il tecnico parmigiano, e in Italia, dove regnava lo strapotere juventino, anche potendosi affidare ad un team competitivo, ma non eccezionale.

Semplice, ma obbligatorio, leggere ed osservare il capitale tecnico dei blancos, sia in quanto a giovani che ad esperti: gli attaccanti in forza al Napoli erano Callejon, Milik, Insigne, Mertens, Verdi, Ounas, Younes, Vinicius, il Real dispone di Asensio, Hazard, Rodrygo, Benzema, Vinicius jr, Jovic, per non dimenticare il pallone d’oro Modric. Nessuno avvertirebbe imbarazzo a manifestare l’improbabile raffronto tra le due squadre, per cui Ancelotti ha vinto, vince e vincerà, se deciderà di continuare o, comunque , se passasse il testimone al figlio Davide, sarebbe presente con il suo carisma. Gli allenatori sono determinanti, ma senza campioni di valore, non potrai competere per vincere: quest’anno il Napoli avrebbe avuto vita facile, ma come non evidenziare che gli errori di Meret, Malcuit, gli infortuni di Lobotka e Di Lorenzo, nel periodo cruciale, il lungo stop degli africani per la Coppa d’Africa, qualche errore di Spalletti, che, solo nel momento in cui ha riconosciuto che l’ostracismo verso Mertens non aveva senso e che necessitava utilizzarlo dove e comunque, sono stati i fattori salienti, ma negativi, che hanno messo il freno ad una compagine che ha meritato e, riconosciamolo, ha anche divertito.

Per quanto sopra esposto, nessun rimpianto per il tecnico di Reggiolo, ma la constatazione a bocce ferme, quelle del dicembre 2019, impone di lanciare un messaggio, oggi per allora, al padre-padrone del Napoli: è il calcio mercato, saggiamente gestito da Giuntoli, che raramente ha commesso errori di valutazione, anzi è vigile e vero scopritore di talenti, l’unica via d’uscita per riagguantare quel tricolore, ormai sbiadito nei suoi colori ( si contano dal 29 aprile 1990, trentadue anni suonati…ndr). Far indossare la maglia azzurra al giovane talentio Khvicha Kvaratskhelia, ventunenne georgiano, ammirato in alcuni video, capaci di esaltare non poco i tifosi, ed al mancino Olivera, ventiquattrenne uruguayano, sono i primi innesti per una squadra che ha bisogno solo di confermarsi. Non resta che consegnare uomini validi e di spessore all’allenatore e consegnarsi anche alla dea bendata, affinchè apra gli occhi !

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