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LA CACCIA alle streghe, per storica memoria, non ha mai portato a nulla di buono. Figurarsi ai tempi del Covid quali danni può arrecare. A causa dell’alto numero di contagi verificatosi, tra le altre, in Sardegna, si è scatenato il fenomeno esattamente opposto al lassismo cui ci siamo abituati negli ultimi tempi: è cominciata una vera e propria caccia agli untori. È singolare come questo fenomeno riesca a convivere con il suo estremo opposto: ho visto personalmente alcuni “negazionisti del Covid” scagliarsi contro celebrità (?) più o meno famose (?) per il fatto di aver contratto il virus durante serate o occasioni dei tipi più disparati. Una contraddizione in termini vera e propria insomma.

Quest’ultimo atteggiamento denuncia una sequenza di livore e invidia sociale sconnessa e febbricitante, a mio modesto avviso figlia sì della crisi economica ma soprattutto della vita patinata dei Social, vero canto della sirena per il “mostro verde”. Non a caso, nella bufera, è finito lo stesso Briatore e il suo celebre Billionaire, tanto per dire. Poi c’è anche chi, come la giornalista Selvaggia Lucarelli, ha dato il via alla caccia per motivi ben diversi e con un diverso animo: fare informazione e, in una certa qual misura, denunciare i comportamenti irresponsabilmente superficiali di alcuni VIP che, volenti o nolenti, sono ormai personaggi in grado di orientare la condotta delle masse e devono quindi cercare di dare il buon esempio. Ma anche qui, per quanto le intenzioni siano sicuramente delle migliori, la diretta conseguenza è che, da un lato, la Lucarelli sta facendo da parafulmine a tutta una serie di personaggi che, smascherati, hanno deciso di coprirla d’indecenti insulti, dall’altro molti altri prendono invece spunto da queste “inchieste” per giustificare il loro innato odio sociale, trovando nuovi capri espiatori per la propria frustrazione.

Così la Sardegna, da invidiata meta turistica, diventa una sorta di refugium peccatorum da evitare come l’isola di San Lazzaro durante la peste e i sardi sono costretti a pagarne le congruenze. Altrettanto i giovani, da risorsa del Paese, diventano tutti debosciati fannulloni che non sono in grado di rispettare la pur minima indicazione in merito al distanziamento e i “vacanzieri” tramutano in viziati irresponsabili. La conseguenza però più grave è che si sta pian piano arrivando a considerare l’esser positivi al virus come una colpa delle più turpi. Non dimentichiamoci che il Covid non si contrae solo facendo baldoria senza le dovute accortezze ma anche, banalmente, facendo la fila alla posta. Una malattia che ha flagellato il nostro Paese non può e non deve diventare uno stigma sociale di ultima generazione: è una gravissima forzatura, figlia di un pericolosissimo ragionamento che aveva portato, nel tempo, a ghettizzare gli omosessuali per l’AIDS e gli immigrati per la tubercolosi. Di questo, certamente, non hanno colpa coloro che, come Selvaggia Lucarelli, si stanno mettendo al servizio della comunità, mostrando le conseguenze degli atteggiamenti superficiali di alcuni ma l’informazione, in mano all’utente medio (i famosi “webeti” di Mentana), diviene giustizialismo e le tastiere tramutano in moderni forconi. Insomma, la lettera scarlatta è dietro l’angolo.

Tenere una condotta responsabile è nostro preciso dovere in questo momento ma non dimentichiamoci di quando, tutti insieme, scrivevamo sulle lenzuola #andràtuttobene; non dimentichiamoci di quando, nel sorriso di un dirimpettaio, trovavamo il calore di cui necessitavamo durante la quarantena; non dimentichiamoci di chi ha contratto il virus per il sol fatto di andare a lavoro e non ce l’ha fatta. Ammalarsi non deve diventare una colpa da scontare. Neppure se ci si è ammalati perché si è stati troppo superficiali.

Bisogna invece imparare dagli errori commessi da altri e comprendere, ancor di più, quanto sia importante assumere le dovute precauzioni per preservare la nostra salute e quella dei nostri cari. Poi, a punire gli atteggiamenti contrari all’interesse della collettività, ci penseranno le autorità. Insomma: non dimentichiamoci, più di ogni altra cosa, di essere umani.

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