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Una nave della flotta russa nel Mar Nero

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ANCORA Sebastopoli, come ai tempi della Guerra di Crimea. Stavolta non ci sono bordate né assedi ma attacchi mirati, condotti con tecnologie moderne. E quelle ucraine colpiscono nel segno, sollevando una colonna di fumo dalla base russa sul Mar Nero, quartier generale della flotta della Federazione russa. Lo strike avrebbe centrato un edificio del comando, mentre una fonte ufficiale citata da Interfax ha parlato dell’abbattimento del mezzo, precipitato su un tetto dopo essere stato colpito dalla contraerea.

Tuttavia, un filmato dell’emittente ucraina Suspilne ha effettivamente mostrato i postumi dell’attacco via drone, con tanto di fumo nero sull’orizzonte. Non è chiaro quali armi siano state usate, né l’esito reale dell’attacco. Fatto sta che, alla luce del sole, le forze armate ucraine mettono a segno probabilmente il più importante segnale di reazione agli invasori, sganciando l’offensiva nel territorio occupato dai filorussi e centro nevralgico del nuovo conflitto. Come detto pochi giorni fa dal presidente ucraino, Volodymyr Zelenksy, la guerra finirà davvero quando la Crimea sarà di nuovo ucraina. E proprio la penisola sul Mar Nero, porto chiave e terreno strategico, sarebbe stata al centro di ulteriori raid nelle scorse ore. I media russi hanno infatti riferito di attacchi via drone nella parte occidentale, sventati dai sistemi di difesa aerea nei cieli sopra Sebastopoli,Yevpatoriya e Zazoerne. Tanto per ribadire come il bandolo della matassa orbiti attorno al territorio conteso, ucraino ma annesso alla Russia già nel 2014. E un nuovo monito su una guerra che, di giorno in giorno, accresce la sua drammaticità, nei bilanci sul campo e nel quadro delle questioni di interesse internazionale.

La base della Flotta russa è da sempre un punto chiave, almeno quanto lo è diventato la centrale nucleare di Zaporizhzhia, ancora in attesa delle verifiche dei tecnici dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica. E, nondimeno, crocevia di uno scambio di accuse reciproco che, nelle ultime ore, ha visto Mosca attribuire alle forze ucraine l’uso di agenti chimici contro le truppe russe nella regione. Il Ministero della Difesa ha parlato di segni di «forte avvelenamento» riscontrati in alcuni soldati e attribuiti a «tossina del botulino di tipo B». Il Ministero ha informato di star preparando un dossier con i risultati dei test, con l’obiettivo di dimostrare il presunto utilizzo di agenti chimici da parte di Kiev al termine della missione nella regione di Zaporizhzhia. Tensioni che sgonfiano i segnali di apertura che, nei giorni scorsi, sembravano aver reso nuovamente possibili gli approcci negoziali.

Non ultimo quello di Vladimir Putin che, nella sua telefonata con Macron, aveva avallato la missione Aiea a Zaporizhzhia nei termini concordati fra Zelensky e Guterres durante il trilaterale di Leopoli. Tensioni che non lasciano indifferenti gli attori internazionali, Italia compresa. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio al Meeting di Rimini condanna quella che ha definito «una guerra scellerata, provocata dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina». Un’invasione che «continua a generare, scuote l’intera umanità nei suoi valori fondativi e l’Europa nella sua stessa identità».

Del resto, «la passione per l’uomo ha come presupposto la pace, come orizzonte la convivenza democratica, l’equità sociale, il rispetto di ogni persona nella sua libertà, nei suoi diritti, nelle sue diversità». Concetti che non possono essere perseguiti con l’uso delle armi.


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