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Vincenzo De Luca

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L’autonomia differenziata divide l’Italia e De Luca guida la rivolta. Spintoni e tafferugli con le forze di polizia davanti a Palazzo Chigi dove i sindaci sono andati in corteo dopo la manifestazione in piazza Santi Apostoli


È finita con i sindaci del Sud che avanzavano su via del Corso e un cordone di poliziotti pronti a fronteggiarli a Palazzo Chigi. I primi mostravano con orgoglio la fascia tricolore, i secondi la mano sul manganello. Semmai ve ne fosse bisogno, la dimostrazione plastica di come si può spaccare un Paese.
È successo ieri mattina al termine della manifestazione che si era svolta fino ad allora senza incidenti in Piazza Santi Apostoli. Una protesta capeggiata da Vincenzo De Luca con l’adesione dell’Anci, Cgil e Uil.
Per tutta risposta la premier Meloni, da Gioia Tauro, ha invitato De Luca «ad andare a lavorare anziché manifestare». E il governatore, da una poltroncina del Transatlantico, ha replicato con un insulto (rubato da un fuori onda di La7) dandole della “str…”. Parole pesanti come pietre quelle pronunciate dal presidente della Regione Campania. Prima del botta e risposta, non c’era stato nulla che facesse presagire questo finale: l’accenno di carica, sindaci travolti e spintoni.

«VIRTÙ AL NORD, MISERABILI AL SUD: BASTA RACCONTI INFAMI»

Spacca-Italia, insomma, di nome e di fatto. In una città che poche ore prima era stata attraversata dai trattori ma con un’accoglienza molto diversa da parte delle Forze dell’ordine.
De Luca ha dato voce – meglio sarebbe dire: urlato – alla collera di un Mezzogiorno che si sente tradito. «Siamo qui per bloccare il racconto infame in base al quale al Nord c’è la virtù e al Sud ci sono i miserabili e i cialtroni – la sua arringa – Questa storia deve finire, noi siamo qui a difesa della dignità del Sud e dobbiamo fare un’operazione di verità, spiegare come al Sud oggi arrivino meno risorse: il 25% in meno di spesa sanitaria, meno posti letto, meno medici». E ancora: «Serve la lotta sociale, c’è stato un periodo nel quale se non prendevi una tessera di partito non lavoravi».
Lasciate a casa le bandiere per dare alla manifestazione un tono bipartisan. Con le solite divisioni: la Cisl Campania che ha preferito non aderire, in polemica con De Luca. Il quale, dopo la manifestazione è andato in corteo sotto i Palazzi della politica. De Luca ha invitato i suoi alla mobilitazione chiedendo lo sblocco dei Fondi per la coesione. Poi tutti i sindaci avevano chiesto di essere ricevuti dal ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto: richiesta respinta. Da qui i tafferugli. Angelo Bonelli e Francesco Borrelli, deputati di Avs hanno annunciato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Piantedosi, per chiarire l’accaduto.
«Non consentiremo che l’Italia vada in pezzi sotto la spinta populista di alcuni partiti che, in evidenti difficoltà elettorali, soffiano irresponsabilmente sul fuoco di un separatismo tout court» ha dichiarato Tommaso Pellegrino, capogruppo di Italia Viva nel Consiglio regionale campano.
«Le richieste di autonomia differenziata – ha continuato Pellegrino – sono ingiuste, dimenticano il contributo fondamentale del Meridione alla crescita economica del Paese».
Il primo cittadino partenopeo, Gaetano Manfredi, ha inviato una delegazione. Idem per il governatore pugliese, Michele Emiliano. Assente il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che evidentemente non si è sentito parte in causa per questioni geografiche. Ma che pure da questa legge che premia le regioni più ricche e ignora la Capitale riceve un altro schiaffo.
«Molte infrastrutture nazionali, fondamentali per lo sviluppo industriale del Nord, sono state realizzate grazie ai sacrifici e al contributo economico del Mezzogiorno – ha detto ancora l’esponente del partito di Matteo Renzi – È troppo comodo chiedere la separazione dopo aver depredato il Mezzogiorno di risorse economiche e umane».

I SINDACI MANIFESTANO CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, DAL CENTRODESTRA GLI ATTACCHI A DE LUCA

Mentre a Roma si svolgeva la manifestazione dei sindaci il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto (Forza Italia) incontrava la premier Giorgia Meloni per firmare un patto a Gioia Tauro con i sindaci calabresi sui Fondi di sviluppo.
«Siamo una regione che ha più risorse che problemi, che non si limita a rivendicare e non vuole dare alibi per non fare niente alla ‘ndrangheta che fa schifo. In quanto all’autonomia differenziata, non ho pregiudizi a condizione che i calabresi abbiano gli stessi diritti civili e sociali del resto d’Italia».
Critiche aspre a Vincenzo De Luca per gli insulti alla Meloni sono arrivati dal centrodestra. Per il senatore Antonio Iannone (FdI), il presidente della Campania «deve essere interdetto dalle istituzioni per indegnità, questa modalità da cafone permanente non è tollerabile, la Schlein prenda le distanze e con lei anche i sindaci e l’Anci che hanno fatto da fiancheggiatori».
Il rischio è trasformare “lo sceriffo” in un capopopolo, lasciare a lui l’esclusiva della protesta contro lo Spacca-Italia. È un fatto, però, che i fatti di ieri e le manifestazioni dei giorni scorsi sono per Giorgia Meloni e il suo partito, profondamente radicato nel Sud, un campanello d’allarme.
Finora le ripercussioni non ci sono state. La legge era al di là da venire e la maggior parte dei cittadini italiani non sa che cos’è l’autonomia differenziata. Un termine ostico che richiede un lento lavoro di assimilazione prima che se ne comprenda in pieno la reale portata.
È questa la principale difficoltà di chi contrasta un disegno di legge in salsa leghista destinato ad allargare la forbice delle disuguaglianze se concederà alle Regioni che ne faranno richiesta la possibilità di gestire in proprio determinate funzioni che ora sono di competenza statale.

SPECCHIETTI PER ALLODOLE

Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, leghista della prima ora, ha mischiato le carte per portare a casa una legge che – come più volte abbiamo scritto su questo giornale – è ormai anacronistica. Un groviglio di tecnocrazia parlamentare per trasformarla in una bandiera elettorale. Poco meno di un espediente per trattenere sui territori delle regioni più ricche il maggior gettito dei tributi e poter gestire a livello regionale materie come l’istruzione che comportano implicazioni non solamente economiche.
La concessione dell’autonomia è legata alla definizione dei Lep, uno specchietto per le allodole, visto che il provvedimento prevede l’invarianza di bilancio e che garantire i livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio avrebbe un costo insostenibile per le casse dello Stato.
Intanto, però, il ddl va avanti: è stato approvato in Senato e incardinato la settimana scorsa in Commissione Affari costituzionali alla Camera. Chi ha interesse a spaccare il Paese?


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