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La speranza di poter arrivare ad un vaccino efficace contro tutte le varianti del virus SarsCoV2 si fa più concreta. L’Istituto superiore di sanità (Iss) ha infatti messo a punto un nuovo prototipo di vaccino basato su una proteina comune a tutte le varianti ed i test preclinici condotti su topi ne hanno evidenziato l’efficacia.

L’auspicio è che questo nuovo studio possa trovare conferme successive anche nei test sull’uomo, rappresentando così una svolta nella lotta alla pandemia.

Infatti, anche se la curva dei contagi conferma il trend di discesa in atto da alcune settimane, la vaccinazione resta un’arma fondamentale per porre un freno definitivo all’epidemia di Covid-19. Ad oggi, ha sottolineato il ministro della Salute Roberto Speranza, “il 91% delle persone sopra i 12 anni si sono vaccinate con la prima dose e ciò ha permesso di non avere pressione incredibile sugli ospedali”.

Tuttavia, anche se i non vaccinati sono solo il 9%, quel 9%, ha avvertito, “produce la maggioranza dei casi negli ospedali e nelle terapie intensive”. Le somministrazioni, sia pure con qualche battuta d’arresto, procedono, ma oltre 5 milioni di italiani non sono vaccinati e questa è indubbiamente una criticità. Il rischio di nuove varianti, inoltre, è un’incognita che preoccupa, insieme al numero consistente di non immunizzati.

Da qui la necessità di mettere a punto vaccini ‘ad ampio raggio’ di efficacia rispetto alle varianti del virus SarsCoV2, ed il nuovo studio dell’Iss rappresenta un primo importante passo in questa direzione. Lo studio si basa su una proteina comune a tutte le varianti, la proteina N, e si evidenzia una protezione duratura anche su cariche virali elevate.

Appena pubblicato sulla rivista Viruses e condotto dai ricercatori del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Iss, lo studio ha dimostrato che questo approccio innovativo genera una risposta immunitaria efficace e duratura in topi infettati con SarsCoV2. La strategia alla base del nuovo potenziale vaccino ha selezionato come bersaglio appunto la proteina N che, al contrario della più nota Spike coinvolta nello sviluppo degli attuali vaccini, non mostra quasi alcuna mutazione tra le varianti di SarsCoV2 finora note. Il metodo con cui è usata in questo studio la proteina N genera inoltre una memoria immunitaria a livello polmonare che potrebbe essere garanzia di effetto protettivo duraturo.

Attualmente, anche le aziende farmaceutiche Pfizer-BioNTech e Moderna hanno annunciato l’avvio dei test clinici specifici contro Omicron per i loro vaccini, che utilizzano la tecnologia a mRna. I risultati di vari studi, rileva infatti l’Agenzia europea dei medicinali Ema, mostrano che l’efficacia dei vaccini contro la malattia sintomatica è inferiore per Omicron rispetto ad altre varianti e tende a diminuire nel tempo.

Tuttavia, questi studi dimostrano anche che la vaccinazione continua a fornire un elevato livello di protezione contro malattie gravi e ospedalizzazioni legate a Omicron. Anche il nuovo vaccino americano Novavax, a base proteica come i vaccini antinfluenzali e che dovrebbe arrivare in Italia dal 24 febbraio, presenta dati limitati rispetto all’efficacia contro Omicron.

Gli studi principali su cui l’Ema si è basata per valutarlo, studi in cui il vaccino mostrava un’efficacia del 90%, sono stati condotti infatti sul ceppo originale di SarsCoV2 e alcune varianti come Alpha e Beta. Insomma, commenta il virologo Fabrizio Pregliasco, “gli attuali vaccini sono solo parzialmente efficaci contro Omicron. Il dato importante è che le mutazioni ad oggi viste sono tutte relative alla proteina Spike del virus SarsCoV2, mentre il nuovo studio Iss dimostra come la proteina N del virus rimanga invariata ed è dunque presumibile che rimanga tale anche in eventuali varianti non ancora scoperte o future”. Ci vorrà ancora del tempo, non essendo iniziati i test sull’uomo, ma, conclude l’esperto, “la speranza è che si apra effettivamente la strada per un vaccino ‘jolly’ efficace contro tutte le varianti”.


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