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POCO olio e a prezzi stellari, con un aumento medio di quasi il 40%, e in queste condizioni i rischi di frodi sono dietro l’angolo. E infatti una operazione condotta nei due mesi di novembre e dicembre dal Comando dei carabinieri per la tutela d’intesa con il ministero della Salute nei giorni scorsi ha stanato violazioni per 189mila euro per situazione di irregolarità in 256 aziende ed esercizi commerciali e il sequestro di 46mila litri di olio. L’operazione dei Nas ha coinvolto Cremona, Parma, Viterbo, Catania, Ragusa e Napoli. E non si ferma perché i controlli su eventuali frodi proseguiranno nel 2024, ha avvertito il ministero della Salute, per l’importanza economica rappresentata dall’olio extravergine di oliva quale eccellenza agroalimentare nazionale.

L’Italia dunque alza gli scudi per proteggere la qualità e la sicurezza delle produzioni nazionali. Secondo l’ultima analisi della Coldiretti, sulla base del rapporto Efsa, cibi e bevande in arrivo dall’estero sono più pericolosi di quelli italiani per i residui di pesticidi. L’86% dei prodotti alimentari che mettono a rischio la salute provengono infatti da paesi stranieri, in particolare extracomunitari. E l’olio di oliva (gli italiani sono tra i primi tre consumatori mondiali con 480 milioni di chili) prodotto simbolo della Dieta Mediterranea, è tra quelli più a rischio frodi. Soprattutto quest’anno con i raccolti tagliati. Il clima impazzito – hanno spiegato Coldiretti e Unaprol (l’associazione dei produttori di olio)- ha messo a dura prova gli uliveti nazionali con la produzione dell’olio extravergine Made in Italy calata a circa 290mila tonnellate, al di sotto della media degli ultimi quattro anni, una penuria aggravata dalla riduzione delle giacenze: da qui il rischio frodi.

A salvare l’oliveto Italia quest’anno è stato solo il Mezzogiorno con un incremento produttivo del 34% a fronte della perdita di un terzo del Centro-Nord. A tirare la volata la Puglia, con +50%, seguita dalla Calabria, altro grande produttore, mentre si sono registrate flessioni nelle altre regioni del Sud. Cali anche in Spagna primo produttore e importante esportatore in Italia e nel resto del mondo. Male pure la Turchia e la Grecia.

“Le quotazioni – ha denunciato il presidente di Unaprol, David Granieri – sono arrivate a livelli record, una situazione mai vista con scarse produzioni, scorte basse e inflazione con il raddoppio dei prezzi per gli olii comunitari”. Nel nostro Paese oggi 3 bottiglie su 4 contengono prodotto straniero come dimostra l’exploit dell’import di circa 2,2 miliardi del 2022 e il balzo del 20% nei primi sei mesi del 2023. Il futuro del settore è affidato al Pnrr che con l’aumento della dotazione, e in particolare dei 2 miliardi per i contratti di filiera, consentirà di rafforzare anche il sistema produttivo olivicolo.

Il piano Coldiretti e Unaprol prevede infatti di avere un milione di nuove piante lungo tutta l’Italia per contenere così la dipendenza dall’estero. “I contratti di filiera con i fondi del Pnrr – ha dichiarato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – sono fondamentali per lo sviluppo di prodotti 100% italiani per dare opportunità di lavoro, sostenendo ambiente e cultura e facendo crescere l’agroalimentare Made in Italy, in un contesto di grande instabilità internazionale. L’olio extravergine d’oliva è una delle componenti fondamentali della Dieta Mediterranea e della cucina italiana candidata a diventare patrimonio dell’Unesco come riconoscimento di un legame fra enogastronomia, storia, società e lavoro che rappresenta ormai un asset determinante per il Paese”.

Il patrimonio da difendere dalle frodi e valorizzare è costituito da 533 varietà di olive coltivate dalle Alpi alla Sicilia per un totale di 250 milioni di piante dalle quali nasce il maggior numero di olio extravergine a denominazione in Europa, con 42 Dop e 7 Igp oltre a decine di produzioni a km zero legate e circa 400mila imprese. Complessivamente il sistema economico vale oltre 3 miliardi. Un’altra carta importante per l’olio extravergine, come per tutte le altre eccellenze nazionali, è la trasparenza. L’etichetta che indica la provenienza della materia prima è fondamentale per assicurarsi che le olive arrivino da paesi dove non vengono utilizzati fitofarmaci vietati in Italia e nell’Unione europea.

Massima sicurezza viene garantita da Dop e Igp. Indicatore determinante poi è il prezzo: in un anno anomalo – ha spiegato il direttore dell’Unaprol, Nicola Di Noia, – con un crollo mondiale che ha portato al raddoppio dei prezzi dell’olio, un extravergine a 4 euro non può che essere un prodotto scadente”. L’operazione dei Nas è dunque un passo importante per sgomberare il campo da irregolarità e frodi. E per spingere sempre di più alla trasparenza. In questa direzione vanno anche i decreti pubblicati a fine anno che, dopo l’autorizzazione dell’Unione europea alla commercializzazione delle farine di insetti, impongono regole rigide non per vietarle, ma per informare correttamente il consumatore di quello che sta acquistando. Da qui dunque l’obbligo di etichetta ben visibile che indichi la tipologia di insetto, la quantità utilizzata, il Paese di origine (tenendo conto che per ora di produzioni nazionali ce ne sono poche e dunque le farine sono realizzate con insetti delle aree, soprattutto asiatiche), ma anche i rischi legati alle reazioni allergiche. Una doverosa tutela della salute del consumatore che è alla base anche della legge che vieta la produzione, la commercializzazione e l’importazione di carne sintetica, nel nome del principio di precauzione. Una questione particolarmente delicata è che è diventata anche un ennesimo tema di scontro politico nel nostro Paese. E per i sostenitori di questi nuovi cibi da laboratorio uno scudo è l’Unione europea. Dove per la verità la prima pronuncia di un’ istituzione comunitaria, e cioè il Parlamento europeo, è stata una bocciatura piena.

Intanto a schierarsi sul fronte italiano è stata la Francia con una proposta di legge “copiata” da quella approvata nel nostro Paese. Mentre come ha annunciato recentemente il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità, Francesco Lollobrigida, anche l’Austria sarebbe disponibile a presentare un documento con Italia e Francia a cui potrebbero accodarsi altri partner. Novità spuntano negli Stati Uniti che hanno investito sulla carne “coltivata” in laboratorio. Due proposte di legge sono state firmate da deputati dell’Arizona, dove c’è una massiccia presenza di allevamenti, ma è comunque un primo segnale di ripensamento. La prima punta a vietare la carne sintetica, la seconda a non usare la denominazione carne per quella prodotta in provetta. Inoltre un attacco a questo nuovo cibo è arrivato dal blasonato Mit Tecnology Review che lo ha inserito tra i peggiori fallimenti scientifici del 2023 con la produzione su larga scala più problematica del previsto.

A stroncare il business anche inchieste giornalistiche del Wall Street Journal, che hanno preso di mira in particolare il pollo “finto” realizzato con cellule di pelle di pollo molto piccole coltivate in provetta. E per portare in tavola un piatto che contiene pochissima carne si deve utilizzare molta manodopera e quantità rilevanti di plastica ed energia. Attualmente i bocconcini di pollo della Upside Food, di cui non si conoscono modalità produttive e costi, vengono serviti in un ristorante stellato di San Francisco a 45 dollari. E non va dimenticato l’allarme sui 53 fattori di rischio lanciato da uno studio di qualche mese fa della Fao e dell’Oms(Organizzazione mondiale della Sanità).


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