5 minuti per la lettura
Dazi: sospetti su Trump, sotto accusa dopo il vertiginoso dietrofront sulle tariffe reciproche. I Dem chiedono un’indagine, ma il tycoon alza la posta: +145% alla Cina. E Wall Street sprofonda
Insider trading. Questa è la seria accusa che la spericolata condotta commerciale mantenuta dal presidente americano Donald Trump negli ultimi giorni ha sollevato. Con questo termine si intende quella serie di operazioni finanziarie (come la vendita di titoli azionari) compiute sulla base di informazioni riservate riguardanti le compagnie in questione, capaci così di garantire all’accusato un vantaggio improprio rispetto agli altri investitori.
Il reato in questione risulta aggravato poi se attuato da qualcuno appartenente non al settore degli operatori finanziari ma a un’istituzione di garanzia (come il governo o le agenzie di controllo), che sfruttando la propria posizione può accedere ai dati riservati delle compagnie e agire di conseguenza. Ma chiunque abbia visto il popolare polpettone natalizio “Una poltrona per due” sa di cosa si sta parlando, perché l’insider trading è esattamente quello che i ricchi fratelli Mortimer compiono alla fine del film sottraendo le previsioni sui raccolti degli agrumi poco prima delle vendite dei titoli del settore dei succhi d’arancia.
«Queste costanti giravolte politiche offrono pericolose opportunità di insider trading. Chi nell’amministrazione era a conoscenza dell’ultimo dietrofront sui dazi di Trump prima del tempo? Qualcuno ha comprato o venduto titoli e realizzato profitti a spese del pubblico? Sto scrivendo alla Casa Bianca, il pubblico ha diritto di sapere» ha inquisito il senatore democratico della California Adam Schiff, vecchia bête noire di Trump da quando da deputato fu uno degli accusatori del suo primo impeachment.
«E’ un grande momento per comprare!» aveva twittato sul suo social Truth mercoledì scorso. Quattro ore più tardi lo scioccante annuncio di una moratoria (pur parziale e temporanea) sui dazi faceva schizzare in rialzo le borse, nella speranza che la mossa inauguri l’agognato dietrofront dalla campagna protezionista globale scatenata dal tycoon. Proprio quel tweet oggi è diventato un’arma nelle mani dell’opposizione: «Uno scandalo d’insider trading sta venendo fuori … Il tweet di Trump delle 9:30 rende chiaro che desiderasse che la sua gente facesse soldi grazie a informazioni private di cui solo lui era a conoscenza» ha twittato il senatore democratico Chris Murphy. Anche il volto più noto della corrente di sinistra del Partito Democratico, la deputata newyorchese Alexandria Ocasio-Cortez, si è unito al coro dei critici, promettendo di ripresentare la sua vecchia proposta di legge per vietare l’insider trading tra i membri del Congresso.
La questione dell’accesso alle informazioni finanziarie riservate da parte dei politici americani e di loro sodali privati è infatti un problema annoso, che si salda col tema dell’elevata ricchezza dei parlamentari statunitensi. Nel 2020, più della metà dei membri del Congresso erano milionari, tra cui due terzi dei membri del Senato, al punto che soltanto tra il 2 e il 5% dei membri del Congresso proviene dalle classi meno abbienti, che pure costituiscono due terzi della popolazione americana. Questa discrepanza ha dato origine naturalmente a sentimenti di rivalsa di stampo populista (il Congresso ha stabilmente uno dei tassi di gradimento più bassi tra le istituzioni americane, che nel febbraio scorso si attestava su uno striminzito 29%), in particolare contribuendo alla percezione comune che molti deputati e senatori siano diventati milionari solo dopo essere stati eletti.
Qua entra in gioco i diffusi sospetti di insider trading e di lobbismo scorretto: in un Paese dove entrambi i fenomeni sono scarsamente regolamentati la finanza statunitense è stata spesso tacciata di avere un’influenza corruttiva sulla sfera politica di Washington, al punto da diventare un cavallo di battaglia proprio del movimento populista guidato da Trump. Gli attacchi a Nancy Pelosi, ex Speaker della Camera e peso massimo del Partito Democratico i cui familiari hanno guadagnato negli anni fortune considerevoli grazie a investimenti molto azzeccati, sono stati per esempio un refrain storico della retorica trumpista degli ultimi otto anni. Idem per le accuse al suo sfidante nel 2024, il presidente Joe Biden, che secondo i suoi detrattori repubblicani avrebbe sfruttato la sua posizione per arricchire la propria famiglia, in primo luogo il figlio Hunter.
Oggi invece le cose sembrano essersi ribaltate ed è il tycoon stesso a finire al centro delle accuse. Resta comunque improbabile che il tycoon possa subire qualche conseguenza. Il sistema statunitense semplicemente assiste a qualcosa di mai sperimentato prima e che, nel vortice dell’accentramento di potere trumpista, stenta a contrastare. Mai prima d’ora l’America si era ritrovata con un presidente che gioca in borsa, influenzandone apertamente l’andamento con mosse politiche radicali capaci di massimizzarne le speculazioni. Ma del resto mai si era ritrovata sotto la guida di un ex golpista a cui nel 2024 la Corte Suprema ha riconosciuto la completa immunità penale e civile per le sue azioni compiute in veste di presidente. Per Trump, autore del fallito colpo di Stato del 6 gennaio 2021, sopravvissuto a due impeachment e altrettanti tentativi di omicidio, le critiche alla sua condotta finanziaria poco etica fanno poco o nulla.
A fermarlo, forse, ci penserà la realtà: ieri le borse americane hanno di nuovo chiuso in pesante rosso, dissipando la breve euforia seguita dall’annuncio della moratoria parziale sui dazi di mercoledì. Troppa l’incertezza di un presidente ormai considerato imprevedibile dai suoi stessi collaboratori. Oltre alle ombre di conflitto d’interessi e al carattere evidentemente dilettantesco dei leader americani, i mercati statunitensi sembrano soffrire anche il prosieguo della guerra commerciale con la Cina. Le nuove tariffe al 145% promettono infatti una nuova burrasca economica, capace di bloccare il motore della globalizzazione. Amazon, tra le molte, ne ha già preso atto, annunciando la cancellazione di quegli ordini imponenti che fino ad ora avevano permesso ai consumatori occidentali di ricevere qualunque manufatto a casa propria a costo modico. Simbolo di una crisi sistemica che i mercati non posso fare a meno di leggere, agendo di conseguenza, almeno fino alla propria scorribanda presidenziale.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA