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L'area del porto di Gioia Tauro

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Le grandi opere infrastrutturali servono perché la distanza del Sud dai mercati del Nord è un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni

NON vorrei che si confondesse l’encomiabile lavoro prodotto in questo primo anno di Governo da parte del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto, un lavoro mirato essenzialmente a tentare un ridimensionamento delle risorse perse nel Programma del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020 pari a circa 80 miliardi di euro ed al tentativo, attraverso tutte le risorse provenienti dalla Unione Europea (PNRR, FSC, Repower, TEN – T), di costruire una proposta organica capace di dare certezza alla spesa e, al tempo stesso, evitare perdite certe alla scadenza del 2026; ripeto un lavoro encomiabile ma un lavoro quasi obbligato per un Governo che si è insediato dopo, praticamente, quasi dieci anni di completa stasi programmatica e realizzativa soprattutto nel Sud. Quindi solo un atto apprezzabile ma dovuto.

Non vorrei che si confondesse come atto di attenzione al Sud l’avvio delle procedure approvative, l’avvio delle gare e, in alcuni casi, le aperture dei cantieri per grandi opere come il tratto ferroviario ad alta velocità Battipaglia-Romagnano, un lotto della Strada Statale 106 Jonica in Calabria, un tratto ferroviario ad alta velocità Palermo-Catania, un tratto ferroviario ad alta velocità Catania-Messina, l’autostrada Ragusa-Catania, alcuni lotti della super strada Palermo-Agrigento-Caltanissetta. Ripeto non sono nuovi atti, non sono nuove scelte o nuovi interventi infrastrutturali ma trattasi di opere decise ed approvate grazie alla Legge Obiettivo del 2001 (cioè da oltre venti anni) e, all’epoca, anche supportate da apposite risorse.

Non vorrei che si confondessero i tentativi di rilancio di alcune realtà portuali come Cagliari, Augusta e Taranto, un rilancio mirato a rendere impianti di transhipment ambiti altamente congeniali a tale funzione, perché un simile tentativo era stato portato avanti, sempre agli inizi degli anni ‘2000, con le Intese Generali Quadro tra Stato e Regioni; strumenti previsti dal Decreto Legislativo 190/2002, iniziative che erano rimaste ferme agli inizi del 2015.

Non vorrei che la legge con cui si riattiva la realizzazione del Ponte sullo Stretto – a proposito di grandi opere – venisse interpretata come nuovo intervento per il Sud; intanto una simile scelta riguarda una precisa esigenza del Paese e della Unione Europea, ma il merito del Ministro Salvini e dell’attuale Governo e del Parlamento è stato quello di riprendere la volontà strategica della realizzazione del Ponte lì dove era stata bloccata nel 2011 e cercare contestualmente tutte le condizioni (finanziarie e procedurali) capaci di riaccendere l’intero processo, l’intero impianto progettuale definito nei minimi particolari sin dal 2010.

Non vorrei che si confondessero le iniziative di avvio dei lavori di ampliamento dell’aeroporto di Salerno come scelte assunte negli ultimi anni o, addirittura nell’ultimo anno, perché il lungo contenzioso con la Società GESAC (Società che gestisce l’aeroporto di Napoli Capodichino) è iniziato sin dal 2006 e quindi la scelta del rilancio dell’impianto aeroportuale risale almeno a quasi 20 anni fa.

Potrei continuare in questa triste elencazione di equivoci finalizzata a ricordare un momento di prolungata disattenzione sulla “emergenza Mezzogiorno”, cioè di una carenza sulla attenzione alle problematiche del Sud e all’assenza di grandi opere infrastrutturali, ma penso che siano abbastanza sufficienti i casi elencati ed invece ritengo utile denunciare ed approfondire alcuni allarmi, alcuni indicatori che praticamente evidenziano la elevata marginalizzazione del nostro Mezzogiorno dai teatri dell’economia vincente. Pochi giorni fa ho ricordato che in fondo le Regioni del Mezzogiorno sono legate da una sommatoria di omogeneità che riporto ancora una volta di seguito: sono tutte otto all’interno dell’Obiettivo Uno della Unione Europea, cioè tutte hanno un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea. Nessuna delle otto Regioni supera la soglia del 5% nella formazione del PIL nazionale. Il PIL pro capite nelle otto Regioni non supera la soglia dei 22 mila euro e addirittura in alcune si attesta su un valore di 17 mila euro; al Centro Nord si parte da una soglia di 26 mila euro per arrivare addirittura a 40 mila euro. I Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) all’interno delle otto Regioni sono indifendibili; per la offerta di servizi socio-assistenziali si passa da 22 euro pro capite in Calabria ai 540 euro nella Provincia di Bolzano. La spesa sociale del Sud è di 58 euro pro capite, mentre la media nazionale è di 124 euro. Il livello di infrastrutturazione del Sud produce un danno annuale nella organizzazione dei processi logistici superiore a 58 miliardi di euro.

Nelle otto Regioni esiste solo un interporto quello di Nola-Marcianise, nel Centro Nord ne esistono sette (interporti veri, vere eccellenze logistiche). Nelle otto Regioni esiste solo un porto transhipment, quello di Gioia Tauro, con una rilevante movimentazione di container. La distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord d’Italia e del centro Europa è un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni.

Questa sommatoria di omogeneità finora però non ha trovato una giusta collocazione sia nel dibattito politico, sia nel processo programmatico del Governo, ritengo quindi che sarebbe opportuno dare vita ad una Conferenza delle Regioni del Mezzogiorno; una Conferenza addirittura lunga ed articolata in un arco temporale di 30 – 40 giorni in cui non solo affrontare e dibattere un possibile atto federativo ma anche un impianto programmatico capace di intervenire, in modo mirato e concreto, su quelle omogeneità negative che bloccano da sempre la crescita e lo sviluppo del Sud. Una occasione in cui prospettare una simile proposta, con la elencazione dei capitoli e delle aree di intervento, penso possa essere proprio il prossimo Festival Euromediterraneo (Feuromed) che si terrà in primavera a Napoli perché il Mezzogiorno ricopre un ruolo strategico nel bacino del Mediterraneo, un ruolo trainante per la economia del Paese e le otto Regioni potrebbero, se unite in tale operazione, diventare il vero catalizzatore di strategie organiche. Ricordo che sei delle otto Regioni nella edizione del Festival Euromediterraneo dello scorso anno sottoscrissero la Carta di Napoli che, nelle sue motivazioni, conteneva proprio la necessità di approfondire quelle criticità e cercare di superarle attraverso un’azione comune.


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