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Il ministro Giorgetti

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La manovra contenuta nella Nadef sarà tra i 20 e i 25 miliardi, deficit al 5,3% confermato il taglio del cuneo, gli aiuti alle famiglie e il rinnovo dei contratti pubblici

Nella Nadef una manovrina fra i 20 e i 25 miliardi, con più deficit per finanziare il taglio del cuneo fiscale, il rinnovo dei contratti pubblici, le misure per le famiglie e il primo modulo della riforma fiscale. Ieri, il governo, ha approvato la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, in pratica la cornice macroeconomica della prossima Legge di Bilancio. Il rallentamento del ciclo economico ha costretto il governo a rivedere al ribasso le stime di crescita del Pil, che quest’anno si fermerà allo 0,8% (rispetto alla stima iniziale dell’1%) per poi crescere nel 2024 dell’1,2%, tre decimali in meno rispetto al numero messo nero su bianco in aprile. Poi la crescita sarà, rispettivamente, dell’1,4% e dell’1% nel 2025 e nel 2026.

Ma le cifre da cerchiare in rosso sono quelle del deficit: quest’anno, per effetto del superbonus (per lo 0,9%), schizzerà dal 4,5 al 5,3%. La NaDef indica un deficit tendenziale a legislazione vigente del 5,2 per cento nel 2023, del 3,6 per cento nel 2024, del 3,4 nel 2025 e del 3,1% nel 2026. Nello scenario programmatico il deficit è del 5,3% nel 2023 e del 4,3 nel 2024, in confronto alle previsioni del Def. Riguardo alle proiezioni per il 2025 e il 2026 il documento prevede rispettivamente il 3,6% per cento e il 2,9 per cento.

LA NADEF, IL DEFICIT E IL DEBITO PUBBLICO

Il problema resta quello del debito pubblico, soprattutto alla luce della stretta sui tassi della Bce e dall’aumento dei rendimenti dei Btp. Il rapporto debito/pil è previsto ridursi dal 141,7 del 2022 al 139,6% nel 2026, con una tappa intermedia al 140,1 nel 2024. Tutto a causa del conto del superbonus, che sarà pagato in 4 rate di 20 miliardi fino al 2027. “Il quadro di finanza pubblico si ispira a principi di serietà e si inserisce nel quadro della trattativa con il patto di stabilità”, spiega Giorgetti. È vero che non si rispetta il 3%, ma “ora non si possono fare politiche pro-cicliche”.

Vedremo se sarà sufficiente ad accontentare le richieste che arriveranno da Bruxelles. Infatti, quest’anno, il cammino della manovra si incrocia con la riforma del patto di stabilità. Nuove risorse potrebbero arrivare dallo scorporo dal calcolo del deficit degli investimenti per il digital, la transizione ecologica e la spesa militare. Ma c’è anche da fare i conti con l’aumento dello spread che ormai sfiora i 200 punti base.

«Il Governo ha scelto un’impostazione di bilancio seria e di buon senso’, scrive sui social la premier, Giorgia Meloni – Basta con gli sprechi del passato. Tutte le risorse disponibili saranno destinate ai redditi più bassi, a tagliare le tasse, e sostenere le famiglie”. La linea di una manovra light, di oltre 10 miliardi inferiore a quella dell’anno precedente, è stata decisa considerando ”la complessa situazione economica internazionale, l’impatto della politica monetaria restrittiva con l’aumento dei tassi d’interesse (che sottrae risorse dell’ordine di 14-15 miliardi agli interventi attivi a favore dell’economia e delle famiglie), le conseguenze della guerra in Ucraina».

IL RINNOVO DEL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE

Nella prossima manovra, il capitolo praticamente intoccabile è quello della proroga del taglio del cuneo fiscale anche per il 2024. Un’operazione che vale, da sola, circa 10 miliardi di euro e che dovrebbe portare almeno 100 euro in media nelle buste paga dei lavoratori dipendenti fino a 35mila euro di reddito lordo annuo.

Sicuramente ci sarà poi l’intervento sull’accorpamento delle aliquote fiscali. Se passasse l’idea di accorpare le prime due aliquote portando quella minima fino alla soglia dei 28mila euro, servirebbero circa 4-5 miliardi di euro all’anno. Soldi che il governo deve raccogliere con interventi strutturali e non una tantum come, ad esempio, la tassa sugli extra-profitti delle banche. Per questo si sta studiando un taglio “orizzontale” agli attuali “sconti fiscali”, una marea di oltre 360 voci che portano via al bilancio pubblico, ogni anno, circa 160 miliardi di euro. Dal 2024 gli sconti potrebbero scattare solo a partire da una soglia di reddito. Il resto è tutto da individuare.

SALVINI IN CERCA DI UN MILIARDO DI EURO PER FAR PARTIRE IL PONTE

Salvini insiste sui nuovi fondi per il Ponte sullo Stretto. Ma la maggioranza non è per niente compatta. Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha fatto chiaramente capire che le priorità sono altre: salari e pensioni. “Adesso – ha sottolineato – lavoriamo per ridurre il cuneo fiscale, per cercare di detassare tredicesime, premi di produzione e straordinarie, e penso a medici e infermieri perché dobbiamo tagliare le liste d’attesa. Guardiamo anche ai pensionati. Ci siederemo attorno al tavolo e troveremo le soluzioni migliori per fare tutto ciò che serve con grande serietà, credibilità e senso di responsabilità”, ha assicurato. Mentre anche il capogruppo di Fdi, Tommaso Foti, dubita che possa esserci uno stanziamento già nel 2024. Sulla stessa linea anche il numero uno di “Noi Moderati”, Maurizio Lupi.

L’obiettivo di Salvini è di trovare almeno un miliardo di euro per far partire i lavori. Complessivamente l’opera prevede un investimento di 12 miliardi di euro. Intanto, l’amministratore delegato di Webuild Pietro Salini, ha confermato i tempi dell’opera.

«Come da piano entro il 30 settembre siamo pronti a consegnare alla società Stretto di Messina la documentazione integrativa di aggiornamento del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto. È un ulteriore passo avanti verso la realizzazione del Progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Ci auguriamo che l’adempimento di tutti gli step permetta di avviare le attività prima dell’estate 2024».


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