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Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti

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L’OBIETTIVO di Giorgetti è ora quello di chiedere fiducia, rassicurare i mercati e, per farlo, non esita neanche a far balenare l’ipotesi di una revisione dei saldi di bilancio. Nel frattempo, è riuscito a convincere anche Palazzo Chigi a adottare la linea del rigore sui conti pubblici, con una manovra sempre più light, più vicina ai 20 che ai 25 miliardi previsti in un primo momento. Il tempo, del resto, stringe. A novembre sono attese inoltre le valutazioni sui conti pubblici da parte delle principali agenzie di rating. E, subito dopo il varo della manovra, previsto per il 16 novembre, e del Documento programmatico di bilancio, da spedire a Bruxelles per le valutazioni della Commissione, partirà il rush finale per la riforma del Patto di Stabilità.

A Marrakesh, dove è arrivato per il vertice del Fondo Monetario Internazionale, Giorgetti ha portato i numeri dell’Italia, difendendo la fiducia e la necessità di ricorrere all’extra-deficit nel 2024 per confermare il taglio del cuneo fiscale e per le misure a sostegno della famiglia e della natalità. Da via Venti Settembre lasciano filtrare anche uno spiraglio sul fronte della sanità. Si rafforza, infatti, l’ipotesi di uno stanziamento per il capitolo della salute tra i 3 ed i 3,5 miliardi di euro, una cifra molto vicina alla richiesta di 4 miliardi avanzata dal responsabile del dicastero. Secondo le stesse fonti, non è corretto attribuire alla Nadef la certificazione di un taglio di 2 miliardi rispetto al settore della sanità, dal momento che la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza si riferisce a calcoli tendenziali a legislazione vigente.

Su questi temi, oltre che sulla missione 6 sanità del Pnrr, si apprende inoltre, il ministro della Salute Orazio Schillaci sarà ascoltato alla decima Commissione Affari sociali e sanità del Senato, presieduta dal senatore Francesco Zaffini, martedì 17 ottobre.

Prende forma, intanto, il Decreto legge fiscale collegato alla manovra, nel quale potrebbe trovare spazio l’abolizione dell’acconto di novembre e la rateizzazione da gennaio a giugno 2024 per oltre 3 milioni di attività economiche. Un progetto di legge fortemente voluto dalla Lega, e in particolare, la presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Alberto Gusmeroli, che potrebbe riguardare circa 3 milioni di attività economiche. “Tantissime Pmi, artigiani, commercianti, liberi professionisti – commenta il deputato della Lega – non dovranno fare più prestiti per pagare il maxi acconto fiscale di novembre o non dovranno subire sanzioni per mancati o ritardati pagamenti. Sarebbe la prima volta in 50 anni che per alcuni milioni di attività lavorative le imposte si pagherebbero ad anno concluso e non più in anticipo”.

Nel decreto fiscale ci sarà sicuramente anche l’accorpamento delle prime due aliquote dell’Irpef. Un’operazione che costerebbe alle casse dello Stato fra i 5 e i 6 miliardi di euro. Per coprirle si punta ad una sforbiciate a detrazioni fiscali per i redditi alti (oltre i 100mila euro), il concordato preventivo biennale e la cooperative compliance. Confermato anche l’esordio della global minimum tax che entrerebbe in un Decreto Legislativo di attuazione della delega fiscale. La nuova imposta per i gruppi multinazionali di imprese, scatterà dal primo gennaio in attuazione di una direttiva europea, che garantirebbe, a parziale copertura della manovra, un gettito stimato intorno ai 2-3 miliardi.

Insomma, la linea del governo, e di Giorgetti in particolare, resta quella della fiducia e della prudenza. Del resto gli scenari internazionali impongono grande prudenza. Ieri dal vertice dei G7 di Marrakesh si è fatto sentire anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. L’istituto di via Nazionale già nel corso delle audizioni aveva lanciato un allarme sull’alto livello del debito pubblici italiano. Un monito condiviso dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Nel suo ultimo intervento da Governatore alal Development Committee della Banca Mondiale, Visco ha avvertito sui rischi di un rallentamento dell’economia globale, sempre più forti dopo lo scoppio della guerra in Israele. Un rallentamento che porta i problemi maggiori proprio nei paesi più deboli dal punto di vista dello sviluppo. La crescita globale rallenterà notevolmente 2023 e 2024 e i rischi sono chiaramente orientati al ribasso, riflettendo non solo la perdita di slancio in alcuni aree, ma anche la possibilità che shock climatici e tensioni geopolitiche possano innescare ulteriore cibo e aumenti dei prezzi dell’energia.

Nel frattempo, l’inflazione è ancora elevata, anche se in lieve calo. La maggior parte degli emergenti e le economie in via di sviluppo rimangono altamente vulnerabili ai rischi globali. In questo contesto – sottolinea il numero uno di Via Nazionale – risulta fondamentale l’azione del sistema multilaterale e delle istituzioni finanziarie internazionali fornire un sostegno rapido ai più vulnerabili, costruire economie inclusive e resilienti e generare energia crescita sostenibile”.


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