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Giorgia Meloni pochi minuti prima dell'inizio della conferenza stampa

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GIORGIA Meloni nella conferenza stampa di ieri ha dimostrato che l’indisposizione ha determinato problemi (fortunatamente superati) al padiglione auricolare ma non agli attributi dell’uomo dell’anno: ormai la premier ha acquisito un suo stile che parte dall’abbigliamento, come se volesse caratterizzarsi anche per ciò che abitualmente indossa, come abbiamo visto fare dalle donne che hanno sfondato il tetto di cristallo: si pensi alle giacchette di vari colori che indossava Angela Merkel più o meno della stessa foggia degli abiti di Ursula von der Leyen.

Meloni da premier con accesso ai palazzi del potere in ogni angolo del mondo sembra interessata ad esibire sia nel maquillage che nelle vesti una caratura di femminilità molto più marcata di quella solita nei lunghi anni dell’opposizione. Vien fatto di pensare che queste sue performance siano come sfida alle accuse di patriarcato che la induce a non temere di mostrarsi in pubblico con l’abbigliamento della festa di una donna della porta accanto, mentre la sua principale rivale non esita a vestirsi come un uomo finendo per riconoscere una sorta di primato per i pantaloni. Chi ha seguito fin dall’inizio la conferenza stampa ha avuto l’impressione di aver sbagliato canale e di essere approdato nella sede del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il cui presidente Carlo Bartoli non la smetteva più di blaterare contro la cosiddetta legge bavaglio leggendo un discorsetto che sembrava dettato da Marco Travaglio.

Nella sua breve introduzione la premier Giorgia – dopo essersi esibita in un ragionamento un po’ equivoco sull’intelligenza artificiale – ha risposto per le rime alla sceneggiata dell’Aventino per iniziativa dei vertici della Federazione nazionale della stampa, ricordando alcune questioni semplici come l’uovo di Colombo. L’emendamento contestato (di cui Giorgia ha difeso le buone ragioni) è stato offerto alla maggioranza su di un piatto d’argento da un deputato illuminato dell’opposizione, quell’Enrico Costa che è scattato in piedi come una furia, in Aula, per opporsi alla richiesta di convocare Matteo Salvini per rispondere del reato di ‘’concorso diretto in fidanzamento inopportuno’’.

Purtroppo questa risposta puntuale della premier non è servita a scoraggiare altri giornalisti di premettere alla loro domanda la giaculatoria della solidarietà con la Fnsi impegnata, a loro dire, a difendere la libertà della cronaca giudiziaria nell’interesse dei cittadini a godere dello sputtanamento dei potenti (anche se ex, come Verdini). Meloni ha avuto modo di argomentare con sobrietà ed efficacia il caso di quel magistrato della Corte dei Conti Marcello Degni che ha postato delle affermazioni inaccettabili, per il suo ruolo, contro il governo arrivando a criticare le opposizioni di non aver portato avanti un’azione di filibustering tale da rendere necessario il ricorso all’esercizio provvisorio. La premier Meloni ha fatto notare che in questi ultimi giorni la pistolina di un pistolone era stata l’oggetto del desiderio di tutti i talk show, mentre nessuno si era preso la briga di commentare le esternazioni rese pubbliche (e confermate) da un magistrato in servizio che aveva invitato esplicitamente (in generale lo fanno ma lo negano ) di usare il potere giudiziario per fare lotta politica a questo governo. Ma anche sulla vicenda di Emanuele Pozzolo, la premier è stata pronta a prendere la palla e a gettarla in tribuna.

Maggiori sono state le difficoltà con cui Meloni è stata in grado di rispondere alle obiezioni più serie che le sono state rivolte, sia pure con poca convinzione da alcuni giornalisti. In particolare ci riferiamo all’argomentare arzigogolato con cui la premier ha difeso il voto della Camera contro la ratifica del Mes. Dopo aver denunciato una trama degna di una spy story con Giuseppe Conte protagonista (la famosa firma ‘’notte tempo’’ su cui si pronuncerà un Giurì d’onore), alla fine Giorgia è ricorsa alla pratica del marchese del Grillo: ‘’io so’ io e gli europei non sono un c…o!’’ rivendicando il diritto di un grande Paese di fare come gli pare, senza dare spiegazioni né pagare dazio.

Vogliamo dire che è un buon segno se la premier non ha ancora imparato a mentire bene? Elly Schlein ha imparato subito prendendo lezioni da Maurizio Landini. Per onestà non si può negare che Meloni ieri se la sia cavata benino (anche per l’umiltà di chiedere licenza per andare in bagno). Rimane ancora e si nota il complesso dell’underground. Giorgia sente attorno a sé un ambiente ostile, ma per il ruolo che svolge non può mandare tutti a quel Paese. Quando lo fa – e sbotta – le tolgono dei punti dalla patente. La premier Meloni ha soggezione di quel ‘’politicamente corretto’’ che non l’accetta e la guarda dall’alto in basso. Per questo motivo si presenta agli appuntamenti preparata come se in precedenza si fosse riunita con Fazzolari e Mantovano per sottoporsi a un fuoco di fila di domande di prova del cimento a cui doveva sottoporsi qualche ora dopo. Alla fine, per la modestia dei suoi interlocutori (una giornalista le ha persino domandato quale sarà la manovra dei 2025), Giorgia è risultata in una condizione di superallenamento.

A me la premier ricorda talvolta Calogero Sedara, quel personaggio de ‘’Il’Gattopardo’’ che rappresentava il vero potere politico ed economico, ma insisteva per farsi accettare, pur di malavoglia e con la puzza sotto il naso, nella società dei nobili ormai avviata al declino.


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