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Due velocità? Primo e secondo motore? No, assolutamente. Parliamo di due Stati diversi afflitti da una malattia rara: la miopia acuta. Si ostinano a non chiedere l’aiuto del medico e sono condannati entrambi alla povertà. Il primo nel futuro. Il secondo nel presente. Sono il Nord e il Mezzogiorno dell’Italia, gli unici due territori d’Europa a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2008 collocandosi rispettivamente in termini percentuali a -10,4 e -2,4.

A chi alza il ditino e fa la solita lezioncina che non esiste il Sud ma tanti Sud è meglio che non replicate neppure, ve ne andate e lo lasciate di sasso. Non vale neppure la pena di rispondere. Esiste un problema macroeconomico territoriale che è la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto dei problemi di casa nostra perché assorbe tutto e misura alla perfezione il dato sistemico della crisi italiana. E’ possibile che per trovare il primo Comune del Mezzogiorno nella classifica della qualità della vita del Sole 24 Ore devi arrivare quasi a metà? E’ possibile che ci siano territori, come l’Emilia-Romagna, il Veneto, il Trentino e il Friuli Venezia Giulia, che hanno un numero di dipendenti pubblici pari a Roma senza avere nessuno dei ministeri, delle authority, delle ambasciate e così via della Capitale? E’ possibile che questi territori ricchi (Nord Est) mettano sul conto della collettività nazionale stipendi pubblici pari a 5 persone ogni 100 abitanti contro i 4,5 di media dell’intero Mezzogiorno? Ma non era il Sud l’idrovora della spesa pubblica, quello che faceva assunzioni clientelari a destra e a manca?

Volete qualche numero in assoluto, eccoli qui. Emilia-Romagna: i dipendenti pubblici sono 209.579. Puglia: 169.892. A occhio ballano 40mila stipendi: una enormità anche a tenere conto della differenza di popolazione. La casa del posto fisso è diventata il Nord ed è la cosa più normale possibile se da dieci anni, con il trucco della spesa storica, 60 e passa miliardi di spesa sociale e di infrastrutture di sviluppo vengono indebitamente sottratti ogni anno al Mezzogiorno e indebitamente regalati alle Regioni settentrionali. A furia di fare spesa pubblica allegra al Nord e tagliare tutto al Sud si è diffuso il virus dell’assistenzialismo nei territori ricchi e si sono privati i territori deboli di quel minimo di infrastrutture indispensabili per recuperare produttività e creare occupazione duratura.

La distorsione di risorse pubbliche, unita allo scippo sistemico di gran parte dei fondi di coesione per fare fronte all’austerità o finanziare la cassa integrazione dei lavoratori delle fabbriche delle aree più ricche, ha creato il problema sistemico italiano. Che è il Mezzogiorno ridotto a un reddito pro capite pari alla metà di quello del Nord, per cui non compra più i prodotti dello stesso Nord a sua volta impigrito da questa messe indebita di foraggiamenti pubblici che alimenta la cultura della rendita e sacrifica, sul suo altare, il primato globale di tutte le grandi imprese familiari italiane. Al primo che parla a vanvera di nuova Cassa del Mezzogiorno, senza conoscere fatti e storie, per qualche centinaio di milioni messo sul piatto per evitare un crack da film dell’orrore a Bari e provare a dare un soggetto finanziario pubblico di mercato alle imprese del Sud, sbattetegli in faccia i dati del censimento dell’Istat o, se volete, i rapporti della Corte dei Conti, e così via. Cornuti sì, mazziati no. Se non si hanno la testa e la forza per spezzare il cortocircuito italiano, si abbia almeno la decenza di tacere.


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