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Sergio Mattarella

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Non possiamo scegliere tra i morti di salute e i morti di economia. Questa è la priorità vera, perché altrimenti rischiamo di cumulare i primi con i secondi o i secondi con i primi. Una prospettiva tanto terribile quanto realistica che determina il crollo sociale di un Paese. Perché mezza società è depressa/arrabbiata in quanto ha visto morire i familiari o gli amici senza un saluto e l’altra metà è addirittura furibonda perché ha perso il lavoro, perché si scopre povera, perché non ha più i soldi per campare. Viviamo in una società interconnessa. Si parte dal lavoro autonomo e si arriva a toccare tutti in un circuito contagioso di ansie e di paure.

In questo quadro generale logorato Conte è tenuto in piedi dalla miopia di Salvini e della Meloni che impedisce una crisi pilotata come fu con il passaggio da Berlusconi a Monti. Così come in Parlamento le fibrillazioni interne dei grillini e gli acuti esterni di Di Battista contribuiscono a non ritrovare uno spirito di unità nazionale che la situazione assolutamente richiede. Nel “triangolo delle Bermude” Salvini-Meloni-CinqueStelle a più voci, si consuma penosamente il sogno italiano di un Paese maturo alla prova del suo nuovo ’29. Per cui si assiste allo spettacolo dei giocatori istituzionali che non rispettano le regole primi fra tutti i Capi delle Regioni, si inceppa la macchina del governo e si avverte il rumore sordo di una opposizione fuori dalla storia. Se il sistema è in uno Stato confusionale, come abbiamo scritto ieri, l’arbitro che è il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è costretto ogni due minuti a spingere le persone a stare alle regole. Con le differenze caratteriali insuperabili è costretto a fare Napolitano.

Viceversa bisogna uscire in fretta dagli egoismi miopi e bisogna trovare il federatore perché uno Stato federale senza federatore non esiste. Se poi si tratta come è in Italia di un federalismo della irresponsabilità, addirittura inventato perché a differenza della Germania non nasce da storie di sistemi precedenti, le cose si complicano. Se si tratta, per capirci, di un federalismo viziato dove non esiste il “tasso e spendo” ma “io Regione spendo e tu Stato paghi”, allora tutto è ancora più difficile. In questa assenza di federatore il sistema si sforza di produrre almeno un supplente del federatore che non può che essere il Presidente della Repubblica. Che in teoria dovrebbe essere espressione della unione delle forze del Parlamento ma non sempre è così perché le forze del Parlamento non fanno sintesi e oscurano senza nemmeno saperlo questa supplenza.

Per fortuna grazie al prestigio personale di Mattarella, esattamente come fu con Pertini e Ciampi e in una prima fase con Napolitano, scatta il miracolo che le persone guardano a lui con fiducia per la statura dell’uomo, per i suoi comportamenti e perché a lui non rimproverano interessi personali. Di fronte alla supplenza del Presidente i Capetti delle Regioni capiscano che il doppio gioco non è più possibile e che gli italiani vengono prima dei loro giochetti. Di fronte alla supplenza del Presidente i Capi delle opposizioni sovraniste si rendano conto che nessun futuro politico è possibile sulle macerie del Paese. Per tutte queste ragioni, siano gli italiani a dare a Mattarella quel surplus di poteri che le regole di un sistema istituzionale indebolito dal federalismo all’italiana e dallo scadimento della politica parlamentare non gli riconoscono. Finita questa supplenza e superata l’emergenza, si liberi il Paese dal federalismo della irresponsabilità. Che è il freno a mano tirato sulla crescita dell’economia italiana e l’acceleratore nascosto delle diseguaglianze.


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