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La sala della Conferenza delle Regioni

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Quello che non può accadere è che le Regioni continuino a chiedere soldi e farne come cassa l’uso che credono, non quello che è stabilito. Come hanno sempre fatto con i soldi della sanità che appena arrivano i trasferimenti li usano per altre cose. Questo è il rischio capitale nel caso del Recovery Plan. Le Regioni vogliono quei soldi sui loro conti ordinari e i Comuni pure. Ma questi soldi vanno tracciati e loro questo non lo vogliono. Facendo finta di non sapere che le erogazioni europee sono legate a progetti ben precisi e alla loro esecuzione

C’è un passaggio stretto sottovalutato da molti dove rischiamo tantissimo per la buona attuazione del Recovery Plan italiano. Riguarda apparentemente le procedure finanziarie che disciplinano l’esecuzione dei progetti, ma ancora prima la bulimia di potere delle Regioni italiane che si pongono come venti staterelli che vogliono decidere tutto loro per sé e per i Comuni dei loro territori e non hanno perso il vizio di chiedere soldi e farne l’uso che credono, non quello che è stabilito.

Vogliono i soldi loro subito e tutti, ma questi soldi vanno tracciati e loro questo non lo vogliono. La Ragioneria generale dello Stato non deve solo rendicontare in Europa sull’uso che di quei soldi è stato fatto, ma poiché sono soldi che anticipano loro a seguito di emissione di titoli e rispondono della cassa hanno il dovere di vigilare che l’impiego di tali risorse sia tracciato in modo da poterne seguire passo passo la corretta tracciabilità.

Quello che non può accadere è che le Regioni come hanno sempre fatto per i soldi della sanità, non tutte ma molte, appena arrivano i trasferimenti li usano per altro. Hanno fatto quasi sempre così: li prendono e li usano per fare altre cose. Questo è il rischio capitale nel caso del Recovery Plan dove le erogazioni europee sono legate a progetti ben precisi e alla loro esecuzione. Le Regioni vogliono quei soldi sui loro conti ordinari e i Comuni pure. Se fai così li utilizzano come cassa e nel caso dei Comuni in dissesto o in predissesto se li prendono per la prima cosa che hanno in scadenza, magari ci pagano gli stipendi dei dipendenti. Queste procedure sono molto delicate. Se le fai troppo complicate si moltiplicano i passaggi e tutto si rallenta, se le fai troppo semplici si perde il tracciamento almeno come flusso di cassa, non come opera legata al Recovery.

C’è una parte significativa del piano italiano del Recovery Plan che sono progetti a bando e devono essere presentati ai ministeri e non si capisce per quale motivo devono passare per le Regioni visto che non sono soldi loro e il piano è nazionale. Prendiamo il programma di edilizia scolastica: non si comprende proprio perché la cassa di questi progetti deve essere gestita dalle Regioni. Sappiamo qual è la scuola e, quando si è fatto il bando e l’appalto è pienamente giustificato, i soldi vanno direttamente agli enti locali territoriali e dici loro “paghi scuola x o fai l’intervento y per l’area metropolitana”.

Semplice, diretto, togliendo alle Regioni “l’onere” di pagare, ma loro no, non ci sentono da questo orecchio. Le Regioni vogliono loro i soldi.

Sapete che cosa vuol dire tutto ciò? Che una volta data alla Regione la cassa questa Regione deve fare la variazione di bilancio per portarla sul suo bilancio e dovrà fare la delibera per l’assegnazione. Se tutto va bene, se ne passano altri sei mesi. Se invece deliberato il programma, opera la Ragioneria, si assegna direttamente e si guadagnano sei mesi, non si perdono.

Gli enti locali potrebbero ordinare il pagamento direttamente al nuovo servizio della Ragioneria generale dello Stato e questa lo fa all’istante saltando uno o due passaggi delle Regioni e la serie di atti amministrativi ineludibili a essi collegati.

Non parliamo poi delle pretese assurde degli statuti speciali che fanno finta di non capire, al limite della provocazione, che in questo caso non si tratta di attuare statuti speciali rispettando i loro abnormi costi ma di gestire soldi europei attuando programmi nazionali. Parliamoci chiaro. Se non si mettono questi paletti le Regioni Sicilia e Campania, alla vigilia della sessione di bilancio, con questi soldi anticipati a debito dal bilancio pubblico nazionale, ci coprono i loro buchi e come Paese non solo non facciamo gli investimenti ma mettiamo le basi del default. Fermiamoli, per piacere. Anche perché il vizietto riguarda pure altre Regioni e nessuna di esse rinuncia mai a fare i suoi giochetti.

Dobbiamo viceversa fare più o meno ciò che si vuole fare con il decreto ambiente per i contratti di programma 2020/21 e 2022/26 delle Ferrovie dello Stato. Ci sono una serie di passaggi a legislazione vigente incompatibili con la partenza a stretto giro dei lavori della alta velocità Salerno-Reggio Calabria, il raccordo per Taranto e il proseguimento della Roma-Bari dentro una rete di alta velocità vera. Per farvi un’idea il solo Parlamento non ci mette meno di un anno per dare il suo parere a tale tipo di lavori. Se si vuole cambiare questo Paese e cogliere l’ultima opportunità che ci è concessa per restare nel novero delle economie industrializzate e fare non a parole la Nuova Ricostruzione, dobbiamo cambiare totalmente rotta.

Non possiamo andare avanti con il Parlamento che non ha i tempi della democrazia ma quelli del default sudamericano e con le Regioni Sicilia e Campania che dicono “dateci i soldi e ci pensiamo noi”. Perché non faranno mai niente e questa che abbiamo davanti è una scommessa vera. O si cambia completamente registro e si può sperare di farcela oppure rimaniamo al “faccio tutto io, ci penso io” e poi siamo fermi e al Parlamento che dice “voglio vedere bene, capire tutto, ridiscutere tutto” e allora passa un altro anno in chiacchiere. A quel punto, si possono tutti andare a buttare al fiume perché l’Europa non ci aspetta e i soldi che tutti vogliono e tutti declamano non si vedono proprio.


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