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Il ministro Brunetta con il presidente del Consiglio Mario Draghi

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A tutti i signori, dalla magistratura contabile all’accademia fino ai partiti e alla pubblica amministrazione centrale e regionale, che continuano a muoversi con le stesse logiche di prima, vogliamo fare presente che il governo di unità nazionale guidato da Draghi è lo spartiacque tra la salvezza possibile del Paese cambiando regole e comportamenti o la sua non più arginabile dissoluzione. Perché Draghi è la carta estrema e agli occhi del mondo se non ci riesce lui sarà chiaro a tutti che l’Italia è insalvabile

C’E’ qualcosa di profondamente malato in questo Paese se per proseguire la ricerca e i test sul vaccino italiano Reithera gli uomini dello Spallanzani – che sono tra i migliori scienziati italiani – devono chiedere aiuto all’ambasciatore messicano. Se si potrà fare lì, in Messico,  quella terza fase di sperimentazione che in Italia non si può fare perché un giudice della Corte dei Conti ha bloccato i finanziamenti all’azienda italiana, bisogna almeno interrogarsi su come tutto ciò sia possibile.

Delle due l’una: o è tutto un pasticcio allora il tema è materia dei giudici penali o è una cosa seria e allora qualcuno deve fare in modo che le risorse necessarie arrivino a destinazione. Perché si tratta di finanziare il vaccino italiano, non quello messicano. Se il gioco delle parti arriva in questo Paese al punto che Pd e Cinque Stelle attaccano il ministro Brunetta per un concorso Sud nella pubblica amministrazione il cui bando di gara è stato fatto proprio dal governo giallorosso e dall’allora ministro del Mezzogiorno Provenzano, vuol dire che siamo mentalmente fermi a il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel momento del trapasso del regime borbonico alla transizione unitaria del Regno d’Italia.  

Abbiamo solo l’imbarazzo della scelta per indicare chi è il principe di Salina perché nella versione odierna il protagonista del Gattopardo ha molti sosia e sono tutti impegnati a spendere le loro energie affinché tutto cambi perché nulla cambi.

Parliamoci chiaro: si fa un concorso pubblico perché si vogliono assumere figure professionali esperte che oggi mancano, ma chi ha voluto quel tipo di concorso allora pretende oggi che si assumano giovani e disoccupati a prescindere dai curriculum richiesti. Nessuno che si chieda: ma se devo assumere persone qualificate che ovviamente hanno un altro lavoro, perché offro loro un contratto a termine? Se deve essere una figura esperta in quel lavoro, questa è la domanda, come fa a esserlo uno studente molto bravo appena uscito dalle aule universitarie? No, la colpa è ovviamente di Brunetta che ha fatto le cose perbene e ha chiesto che si verificassero i requisiti e si ammettessero all’esame quelli che quei requisiti li avevano, erano così pochi che si è dovuto di nuovo abbassare l’asticella e si è comunque telematizzato quasi tutto e si è riusciti a portare a casa metà dei nuovi assunti finalmente con le carte in regola.

Ma ci voleva così tanto a capire che se si devono prendere esperti tecnici, ingegneri e così via, non si può offrire loro paga bassa e contratto a termine? Misteri italiani. Purtroppo, potremmo continuare. Il meridionalismo della cattedra non perde giorno che Dio manda in terra per impartire lezioni sul dolce recriminare davanti al più colossale piano di investimenti pubblici nel Mezzogiorno mai concepito dal Dopoguerra a oggi e recluta  ovviamente nuovi adepti quotidiani. Tutti insieme sparano allegramente a pallettoni contro i nostri giovani e il loro futuro perché recriminano sul nulla invece di organizzarsi meglio per fare le cose. Perché a questi signori non interessa fare le cose e sfruttare l’enorme opportunità offerta ma preservare il dibattito bizantino che fabbrica polemiche e allontana la soluzione dei problemi.  

A tutti  i signori, dalla magistratura contabile all’accademia fino ai partiti e alla pubblica amministrazione centrale e regionale, che continuano a muoversi con le stesse logiche di prima, vogliamo fare presente che il governo di unità nazionale guidato da Draghi è lo spartiacque tra la salvezza possibile del Paese cambiando regole e comportamenti o la sua non più arginabile dissoluzione. Perché Draghi è la carta estrema e agli occhi del mondo se non ci riesce lui sarà chiaro a tutti che l’Italia è insalvabile. A Draghi, invece, va detto senza mezzi termini che nell’accademia, nei retrobottega dei partiti e negli scantinati di authority e magistrature amministrative e inquirenti debordanti, si annidano le insidie peggiori sulla strada del cambiamento del Paese. Sono queste le pietre che si infilano negli ingranaggi della macchina pubblica degli investimenti e bloccano tutto. A volte sono addirittura sassolini ma bastano a farti rotolare. Possono fare molto male pietre e sassolini.

Occupiamocene subito con la stessa mano ferma usata nella campagna di vaccinazione e per il rispetto del cronoprogramma delle riforme o sarà troppo tardi. Non consideriamoli, per carità, questioni minori.


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