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Mario Draghi e Patrizio Bianchi

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Nello stesso giorno in cui il ministro della Istruzione, Patrizio Bianchi, annuncia il più grande intervento civile e educativo della storia repubblicana a favore del Mezzogiorno, l’annuale rapporto della Svimez torna a dire che cresceremo meno del Nord perché abbiamo salari più bassi e meno imprese che esportano. La solita rigorosissima analisi che serve a ribadire quello che si sta facendo di tutto per superare. Svegliamoci, per piacere! Basta lamentazioni e organizziamoci. Si deve percepire che il Sud è pronto a moltiplicare l’enorme capitale pubblico in arrivo con la mobilitazione della sua intelligenza e la chiamata a raccolta dei talenti e dei capitali privati. Ci stanno dando la benzina per fare andare la macchina, ma noi dobbiamo dimostrare che la macchina c’è, che sta già correndo, non dire che al traguardo arriveremo sempre secondi

Svegliamoci. Sì, svegliamoci. Il ministro della bassa ferrarese che guida l’istruzione, Patrizio Bianchi, annuncia il più grande intervento civile e educativo della storia repubblicana a favore del Mezzogiorno e, smentendo tutte le Cassandre riunite che sono i meridionalisti della cattedra, comunica che i bandi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza danno alla popolazione meridionale il 57,68% dell’intero ammontare per le mense scolastiche, il 55,29% per gli asili nido, il 54,29% per le palestre.

Solo per gli asili nido in valore assoluto sono più di due miliardi. Sì, avete capito bene. Due miliardi. Un lavoro straordinario fatto in tandem con la ministra per il Mezzogiorno, Mara Carfagna, mettendo a disposizione dei territori meridionali tutte le competenze tecniche disponibili a livello centrale.

Lo stesso giorno l’annuale rapporto della Svimez torna a dire che cresceremo meno del Nord perché abbiamo salari più bassi e meno imprese che esportano. La solita rigorosissima analisi che serve a ribadire quello che tutti sappiamo e che si va superando. Che si sta facendo di tutto per superare.

È un po’ come dire a un povero: lo sai che sei povero, forse non te ne eri accorto, io ti elenco tutti i numeri della tua povertà. E lui replica: ma questo lo so certo, grazie per il dettaglio. E poi ti chiede: ma mi sai dire, scusa, come si fa a non esserlo più anche con qualche dettaglio in meno? Perdonatemi, ma se non siamo in grado di rispondere a questo interrogativo allora siamo tutti interlocutori inutili.

Il messaggio della Svimez in effetti è rivolto al Nord che fa finta di non accorgersi della situazione, ma alla fine è inevitabilmente rivolto al povero del Sud e lo aiuta involontariamente a restare povero. Perché il ricco per dare qualcosa vuole il conforto che il suo aiuto serva a qualcosa. Vuole rendersi conto che il Sud si accorge di quello che sta accadendo: che quei soldi per gli asili nido, le scuole e così via, arrivano perché il ministro della bassa ferrarese ha capito che bisogna fare dal centro e ha fatto. Vuole rendersi conto che ora il Sud è pronto a moltiplicare l’enorme capitale pubblico in arrivo con la mobilitazione della sua intelligenza e la chiamata a raccolta dei talenti e dei capitali privati interni e esterni. Permetteteci, ma ci viene proprio da dire: basta previsioni negative autoavveranti! Basta profezie autodistruttive!

Abbiamo documentato in assoluta solitudine la vergognosa abolizione dei diritti di cittadinanza nella scuola come nella sanità e nei trasporti di venti milioni di cittadini, ma i meridionalisti della cattedra facevano i distinguo.

Ora che il problema è a tutti noto e che si mobilitano oltre 200 miliardi a vario titolo di risorse europee e nazionali pubbliche per fare spesa produttiva e sociale nel Mezzogiorno e che si fanno i primi passi anche nel riequilibro della spesa sociale corrente, sappiamo solo dire che il divario non si potrà invertire perché abbiamo, come è vero, un numero maggiore di poveri e un numero minore di imprese esportatrici. No, perdonatemi, questo è masochismo.

Ma vogliamo cominciare a dirlo sì o no che se arriva il treno veloce e la banda larga ultra veloce lo sviluppo turistico dobbiamo farlo noi? Che abbiamo la testa e la capacità organizzativa per farlo? Che siamo già pronti? Vogliamo dirlo o no che se facciamo gli asili nido le nostre donne di talento avranno nelle nostre università di avanguardia e nelle imprese giovanili innovative il luogo dove esprimere al meglio il loro talento? Che muoiono dalla voglia di farlo? Vogliamo annunciare, non dire, che stiamo facendo rete tra le università meridionali dei primati della intelligenza artificiale e della ricerca scientifica della Calabria come di Napoli e di Salerno con le imprese di qualità (ci sono, esistono!) e con le amministrazioni pubbliche che a loro volta sono pronte a rigenerarsi?

Che abbiamo già messo all’opera i nostri Politecnici, a partire da Bari, che non stanno più indietro degli altri, non che chiediamo al governo di coinvolgerli? Troveremo mai l’orgoglio di dire che abbiamo le energie necessarie per garantire quell’apporto di capitale privato che unito al maxi sforzo pubblico consente di cambiare finalmente le cose? Troveremo mai la forza di dirlo e di farlo? Se continua a passare l’immagine che il Sud è un territorio dove si possono investire centinaia di miliardi tra Piano nazionale di ripresa e di resilienza, bilancio pubblico e fondi europei varii e non succede mai niente, perché rimaniamo sempre indietro, allora è evidente che tutti penseranno che i soldi spesi nel Sud sono buttati in beneficienza. No, qui, non ci siamo proprio.

Il Mezzogiorno oggi è nelle condizioni di dimostrare che c’è un progetto per cui non ci sarà più bisogno di beneficienza, ma anzi che c’è un progetto in grado di produrre un surplus che faccia crescere l’intero Paese, che sarà il vero valore aggiunto della crescita italiana e del nuovo miracolo economico. Come fu esattamente nel primo che è quello del Dopoguerra in cui un sacco di aree del Paese che erano aree arretrate diventarono aree di avanguardia e dove lo sviluppo della grande manifattura nella siderurgia come nella chimica e nella filiera variegata della tecnologia avveniva armonicamente al Nord come al Sud. Avveniva insieme.

Svegliamoci, per piacere! Basta lamentazioni! Cambiamo registro, cambiamo modulo mentale e operativo. A quel punto, vedrete che queste risorse umane e queste intelligenze industriali che già il Mezzogiorno forma sceglieranno di investire loro stesse sul Mezzogiorno. Che molte altre intelligenze del mondo come oggi già avviene per tante università meridionali, e che nessuno dice, sceglieranno di fare ricerca e industria nei territori della nuova Italia della crescita. Vorranno tutti lavorare dove ci sono i surplus e bisogna fare in modo che questi surplus attirino altri surplus e tutti insieme poi vorranno stare e investire qui. Non un giorno, ma una vita.

Questa è la nuova trincea dello sviluppo della nuova Italia che ambisce con i suoi porti meridionali a gestire i traffici commerciali del mediterraneo e che avrà finalmente più imprese di qualità esportatrici e una popolazione che sta meglio e consuma di più. Ci stanno dando la benzina per fare andare la macchina, ma noi dobbiamo dire che la macchina c’è, non che al traguardo arriveremo sempre secondi o che resteremo comunque indietro. Dobbiamo dimostrare che la benzina non finisce nel serbatoio della macchina di un deserto, ma di una macchina che esiste, che può correre, che sta già correndo. Dobbiamo solo dire la verità e trasferire con i fatti fiducia contagiosa. Svegliamoci!


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