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Il ministro dell'Economia Daniele Franco

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Se guardiamo gli investimenti in Italia scopriremo che le analisi e le previsioni fatte da tutti, anche dall’Ocse, mostrano che i volumi di investimenti fissi lordi pubblici e privati sono molto al di sopra del livello del 2019. Il Pil italiano ha avuto nel 2021 una crescita straordinaria, quella acquisita è del 6,3%, ma la perdita da Covid è stata dell’8,9% e per raggiungere i livelli del 2019 dovremo attendere la prima parte del 2022 arrivando peraltro prima di tutti gli altri Paesi europei. È importante che già oggi gli investimenti corrano più di quanto cresca il Pil. Vuol dire che stiamo cambiando per davvero. Chi prova a spezzare questo circolo virtuoso si assume una responsabilità che nessuno potrà mai perdonargli

C’è un dato sottovalutato da tutti che spiega più di ogni altro che cosa sta accadendo in questo Paese. Se guardiamo gli investimenti in Italia scopriremo che le analisi e le previsioni fatte da tutti, anche dall’Ocse, mostrano che i volumi di investimenti fissi lordi pubblici e privati sono molto al di sopra del livello del 2019. Il Prodotto interno lordo (Pil) italiano ha avuto nel 2021 una crescita straordinaria, quella acquisita è del 6,3%, ma la perdita da Covid è stata dell’8,9% e per raggiungere i livelli del 2019 dovremo attendere la prima parte del 2022 arrivando peraltro prima di tutti gli altri Paesi europei.

Il punto significativo, però, della metamorfosi italiana è che gli investimenti pubblici e privati – da sempre soprattutto i primi tallone d’Achille del Paese – sono già sopra il livello del 2019 e stanno aumentando fortemente. C’è un contributo molto incisivo che viene dagli investimenti privati delle costruzioni e della manifattura che l’anno prossimo sono destinati a cumularsi con quelli messi a terra con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza che già sta dando il suo contributo soprattutto con gli acquisti in informatica.

In questo risveglio strutturato dopo un letargo ventennale c’è il passaggio da un tasso di crescita da miracolo economico (6,3% dato acquisito, può crescere ancora per il 2021) a una stagione da miracolo economico come fu quella del Dopoguerra. Ci sono finalmente i presupposti di struttura per una fase nuova. Se abbiamo avuto un giro di quattro aumenti di outlook e uno di rating delle agenzie internazionali sull’Italia è perché gli investitori globali sanno cogliere molto meglio degli osservatori di casa nostra i cambiamenti di struttura. Che sono figli di un riformismo concludente che va dalla giustizia alla pubblica amministrazione, dalla scuola al fisco, e che di fatto sta rimettendo in moto la macchina inceppata degli investimenti pubblici e privati del Paese indirizzata a conseguire il riequilibrio possibile delle due Italie.

Avere un ministro dell’Istruzione della bassa ferrarese, Patrizio Bianchi, che destina oltre il 55% degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) in mense scolastiche, palestre e asili nido (solo qui sono oltre 2 miliardi) tutti nelle regioni meridionali, agli occhi degli investitori globali e dei previsori internazionali macroeconomici significa che l’Italia fa sul serio e non sbaglia neppure la direzione territoriale degli investimenti. Perché, diciamocelo, il Pnrr vincerà o perderà se nei prossimi anni i programmi di sviluppo dei grandi porti del Mezzogiorno diventeranno realtà.

Se gli investimenti sulla banda larga ultra veloce e quelli sui treni veloci e sulla transizione digitale risulteranno effettivi. Se Napoli avrà la sua occasione di rinascita e potrà restituire all’Italia la sua terza capitale. Se il capitale umano del Mezzogiorno universitario, scientifico, produttivo, turistico, artigianale farà finalmente rete e regalerà all’Italia la sua straordinaria dote di talenti e di innovazione.

Si percepisce da fuori un’attenzione diversa rispetto al passato e un metodo nuovo che vuole recuperare una regia centrale ma anche investire sulle risorse umane delle amministrazioni del territorio perché i soggetti attuatori superino la prova del Pnrr e possano anche dopo essere soggetti attivi di sviluppo. Siamo davanti a una maratona che si vince passo dopo passo accelerando giorno dopo giorno e integrando finalmente centro e periferia. Prendendo le decisioni che servono e fornendo le competenze che mancano.

Questa è la tela che il ministro dell’Economia, Daniele Franco, sta tessendo con pazienza e determinazione avendo cura di non tralasciare tutto ciò che si può fare oggi per occuparsi di quello che si dovrà fare domani. Nell’ultimo Consiglio dei ministri si è sbloccato un pacchetto di interventi nelle energie rinnovabili che è fermo da tempo per i veti delle sovrintendenze. Alla fine anche il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ha detto sì. Possono sembrare piccole cose, ma non è così. Sia perché la fiducia contagiosa di cui ha vitale bisogno la Nuova Ricostruzione italiana si nutre di fatti che avvengono, non di annunci. Proprio come fu nella stagione degasperiana del Dopoguerra. Sia perché è importante che già oggi gli investimenti corrano più di quanto cresca il Pil. Vuol dire che stiamo cambiando per davvero. Chi prova a spezzare questo circolo virtuoso si assume una responsabilità che nessuno potrà mai perdonargli.


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