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Macerie in Ucraina

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I carri armati russi in Ucraina e le manie espansive militari di Putin in Europa cumulati ai conflitti mediorientali e all’avanzata russo-cinese in Africa, cambiano gli scenari interni dei singoli Paesi e, nel caso dell’Italia, eliminano lo spazio per la politica delle maschere dove ognuno recita una parte fissa da contrapporre a un’altra. Non si può continuare con Pulcinella che fa sempre Pulcinella o Arlecchino che fa sempre Arlecchino. Vanno bene entrambi per il Carnevale delle maschere di Viareggio, non per il governo della terza economia europea che è passata da fanalino di coda a locomotiva dell’Europa. Il Paese non ha bisogno di persone che ripetono liturgie, ma di leader politici che affrontano i problemi cambiando o integrando le loro valutazioni per contribuire a decidere e a fare

C’E’ UNA coltre di nebbia che impedisce di cogliere che la storia dei nostri giorni scandita da un conflitto mondiale a pezzi tra Sud autocratici sempre più diffusi e un Nord democratico sempre più piccolo impone la fine dell’età del radicalismo. Abbiamo più di una difficoltà a renderci conto che i carri armati russi in Ucraina con il loro carico di morti e, soprattutto, le evidenti manie espansive militari di Putin in Europa cumulati ai conflitti mediorientali e all’avanzata del duo russo-cinese in Africa che ne vuole fare il più grande dei loro dominii di un nuovo impero autocratico, cambiano tutti gli scenari interni dei singoli Paesi e, nel caso dell’Italia, eliminano ogni spazio residuo per il gioco nazionale della politica delle maschere.

C’è un’esigenza assoluta per l’Italia in modo speciale, ma in genere per tutte le grandi democrazie del mondo, di tornare a una politica fatta di dialogo tra persone in carne ossa con un cervello in testa. Persone che non hanno più il problema di recitare una parte fissa da contrapporre a un’altra parte fissa, ma piuttosto di operare perché entrambe le parti trovino insieme la soluzione al problema che hanno davanti. Perché non si può continuare a fare politica in Italia, come in Francia e in Germania, con il rallentamento globale in atto e l’incertezza sul futuro derivante da un contesto geopolitico turbolento al punto da non potere escludere il rischio capitale di una grande guerra europea, come se nulla fosse, come se non stesse accadendo niente fuori di casa nostra.

Non si può continuare a fare politica in Italia con Pulcinella che fa sempre Pulcinella. Perché Pulcinella sarà sempre Pulcinella come Arlecchino sarà sempre Arlecchino. Vanno bene entrambi per il Carnevale delle maschere di Viareggio, ma non per il governo della Repubblica di uno dei tre Paesi Fondatori dell’Europa e per la guida della terza economia europea che negli ultimi quattro anni è passata da fanalino di coda a locomotiva dell’Europa.

Il Paese non ha bisogno di persone di prima fila, o seconda, terza e quarta fila, che ripetono vecchie liturgie, giorno dopo giorno incuranti di tutto, ma di leader politici di spessore che affrontano i problemi e che siano, quindi, disponibili anche a cambiare o integrare le loro valutazioni contribuendo in modo costruttivo a decidere e a fare.


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