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Non è che il governo vuole nazionalizzare la seconda banca del Paese sbilanciata sull’estero e svuotata in Italia dalla gestione del francese Mustier. Non si fa per questo l’operazione, ma è un fatto che UniCredit darà una quota delle sue azioni allo Stato italiano. Certo la quota sarà il frutto di una trattativa tra una banca molto più grande e una banca meno grande, tra una banca messa molto bene e un’altra banca messa molto meno bene, ma un controvalore per questa banca (Mps) meno grande e messa meno bene controllata dallo Stato attraverso il Tesoro ci sarà sempre e questo controvalore corrisponderà alla quota dello stesso Tesoro nel capitale di UniCredit

Il punto di oggi è spendere e spendere bene. Il governo Draghi sta facendo la sua parte e la farà ancora di più per gli investimenti pubblici ferroviari, stradali, autostradali e tutto quello che riguarda rete digitale ultra-veloce e transizione ecologica.

Il Mezzogiorno deve fare la sua di parte oltre a quella che stanno facendo governo e grandi aziende. Si attrezzino le amministrazioni comunali e se si accorgono di non farcela siano loro a chiedere la centrale di progettazione.

Chiedano alla ministra Carfagna di farsi portatrice di questa istanza, troveranno porte aperte. Perché la volontà è di fare le cose e di farle bene. Il governo Draghi deve invece fare molta attenzione al set di uomini che potrà mettere in campo per la gestione esecutiva delle riforme della pubblica amministrazione, della giustizia civile e penale, e dei progetti di sviluppo perché serve una vera rivoluzione manageriale.

È molto importante il segnale che viene dall’economia che sta andando molto meglio del previsto. L’obiettivo di una crescita annua del 6% è nelle cose, ma si può fare anche di più a patto che come si è aiutato questo risultato dei primi due trimestri con la campagna di vaccinazione si continui a farlo anche nella seconda parte dell’anno. Parliamo di risultati da locomotiva europea e bisogna stare molto attenti che nessuno metta qualche granellino di sabbia in questo ingranaggio e annulli la spinta della fiducia.

Dentro questo meccanismo che appartiene al tema dell’economia c’è il problema di Mps che non c’entra niente con la politica nel suo emergere a monte e ancora meno deve entrarci nelle valutazioni politiche a valle. Ci si occupa del Monte dei Paschi di Siena perché la banca non supera lo stress test BCE nello scenario avverso e ci si preoccupa responsabilmente di dare una casa alla banca più antica di questo Paese in cronica sofferenza.

Siamo davanti a un pre-accordo tra UniCredit e Mps che sancisce l’avvio di un’operazione di mutuo interesse nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. UniCredit può ampliare il suo peso in italia acquisendo un marchio importante, ma ha accettato nella trattativa tre condizioni importanti poste dal governo: vanno tutelati di Mps personale, marchio e città di Siena.

Il punto sfuggito a molti osservatori e alle speculazioni politiche che ne conseguono è che lo Stato alla fine del processo diventerà azionista di UniCredit. Non è che il governo vuole nazionalizzare la seconda banca del Paese sbilanciata sull’estero e svuotata in Italia dalla gestione del francese Mustier.

Non si fa per questo l’operazione, ma è un fatto che UniCredit darà una quota delle sue azioni allo Stato italiano. Certo la quota sarà il frutto di una trattativa tra una banca molto più grande e una banca meno grande, tra una banca messa molto bene e un’altra banca messa molto meno bene, ma un controvalore per questa banca meno grande e messa meno bene controllata dallo Stato attraverso il Tesoro ci sarà sempre e questo controvalore corrisponderà alla quota dello stesso Tesoro nel capitale di UniCredit.

Per quanto possibile siamo davanti a un elemento minimo di stabilizzazione: non è questo l’obiettivo dell’operazione, lo ripetiamo, diciamo che ne è un esito incidentale rilevante che parte dalla constatazione oggettiva che Mps può rimanere da sola esclusivamente se lo Stato ci mette una barca di miliardi e con il debito pubblico che ci ritroviamo sulle spalle è quanto meno rischioso.

Diciamo che siamo davanti a un’operazione di sistema che può consentire a UniCredit di rimpolpare la sua rete italiana, di tirare fuori e valorizzare la quota di sportelli in esubero nel Mezzogiorno, e di dare una casa a Mps che tuteli la città di Siena e il personale della banca all’interno di un’organizzazione internazionale che vive di mercato, non di aumenti di capitale pagati dai contribuenti per coprire di anno in anno le loro perdite.

La politica locale toscana che, esattamente come quella ligure con Carige, ha responsabilità gravissime, abbia almeno la decenza di tacere e di fare lavorare in pace chi sta cercando di riparare ai loro disastri.


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