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Vittorio Colao

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Pandemia e guerra hanno combattuto e vinto per conto del Sud la battaglia della nuova globalizzazione fatta di nuove rotte di approvvigionamenti e di filiere di produzioni sicure. Oggi è cambiato il mondo. La sfida da vincere è quella di un hub imprenditoriale, energetico, con in testa le rinnovabili, agro-alimentare e, allo stesso tempo, porta unica di accesso del Mediterraneo per l’Europa. Con il primato dell’industria del mare e dei grandi flussi turistici, dei nuovi corridoi energetici, degli investimenti infrastrutturali e delle nuove catene di filiere produttive regionali di livello europeo. Tutto, però, passa per un cambiamento di testa e di macchina esecutiva che non ha precedenti e, cosa ancora più importante, non consente scuse e ritardi di sorta. Questa è la sveglia che da Sorrento deve suonare per tutti. Pubblico e privati.

Vogliamo lodare un ministro che appare poco, ma fa molto. Si chiama Vittorio Colao. È il ministro dell’innovazione e della transizione digitale. Ha già “speso” più di un miliardo (1,290) per la digitalizzazione della pubblica amministrazione di questo Paese di cui almeno il 40% è andato al Mezzogiorno. Lo ha fatto ribaltando verticalmente la logica. Non ha detto mandatemi i progetti, partecipate ai bandi, fate la gara. Ha detto: questi sono i 4/5 progetti pronti per fare la digitalizzazione. Come dire: io vi ho fatto la libreria, ho messo tutto sulla piattaforma, e tu scuola, Asl, Comune ti prendi il “libro” che ti interessa e se hai ancora qualche problema prenditi l’esperto che ti è segnalato sulla stessa piattaforma e lui ti aiuta a tradurre il libro che hai comprato in un servizio digitale al cittadino (bollette e parcheggi pagati on line) o nella capacità di archiviare tutti i tuoi dati on line su una piattaforma sicura.

Lo facciamo nel giorno che a Sorrento, su iniziativa cocciuta della ministra per il Sud e della coesione territoriale Mara Carfagna, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e con l’intervento di Mario Draghi, che più di ogni altro premier impersonifica per le scelte compiute la coerenza meridionalista degasperiana dagli anni del dopoguerra a oggi, si percepisce una centralità del Mezzogiorno come ultima grande occasione per se stesso e per la messa in sicurezza dell’Europa e dell’Italia con la presenza fisica di mezzo governo, imprenditori, investitori globali, uomini delle istituzioni finanziarie e politiche del Mediterraneo.

C’è una opportunità che non potrebbe mai più capitare all’Italia. La storia con la pandemia prima, che mette in crisi la globalizzazione del “vado a investire ovunque purché costi meno”, e la guerra di Putin all’Ucraina nel cuore dell’Europa e l’affrancamento conseguente nel medio termine dalla dipendenza energetica russa, spostano all’indietro le lancette della storia e combattono per un Mezzogiorno d’Italia come hub strategico per gas, fonti rinnovabili e, in genere, materie prime non dell’Italia ma dell’intera Europa. Questo è il punto strategico.

Ricordo come se fosse ora la faccia di Claudio Descalzi, ancora oggi capo dell’Eni, quando mi raccontava come con intelligenza e abilità tecnica si fosse operato per fare del gasdotto del Sud l’hub energetico dell’intera Europa e come tutto fosse stato bloccato da un’alleanza francotedesca che metteva le sanzioni a Putin ma faceva affari con lo stesso impresentabile Putin costruendo due gasdotti del Nord Europa e tagliando sempre fuori l’Italia. Perché lo sanno anche i bambini che sono le nazioni, non le società petrolifere, a decidere quali major debbano entrare e quali no nella nuova compagine.

Oggi è cambiato il mondo. Siamo all’ultimo treno per Yuma del Mezzogiorno d’Italia, lo abbiamo detto e lo ripetiamo, come hub imprenditoriale, energetico, con in testa le rinnovabili, agro-alimentare, delle nuove filiere produttive regionali e, allo stesso tempo, porta unica di accesso del Mediterraneo per l’Europa.

Pandemia e guerra hanno combattuto e vinto per conto del Mezzogiorno la battaglia della nuova globalizzazione fatta di nuove rotte di approvvigionamenti e di filiere di produzioni sicure. Che cosa aspettano gli imprenditori del Sud a investire loro stessi sul loro Sud?

A fare rete con la più grande flotta dell’industria del mare a livello mondiale, che è la loro, a moltiplicare il numero dei loro alberghi e a pretendere la rigenerazione delle loro città e dei loro lungomari, a scommettere sui flussi mondiali del turismo? A fare delle università del Mezzogiorno che hanno già primati mondiali, perfino nell’intelligenza artificiale, ignorati soprattutto in casa, la rete delle competenze per le università dell’area del Mediterraneo diventata peraltro strategica nella nuova grande Europa in divenire. Sono le battaglie che questo giornale combatte da tre anni e non può non plaudire, per questo, alla coerenza meridionalista del governo Draghi e alla scelta di un impegno politico pubblico che si deve tradurre in cose che avvengono. Proprio come quelle che sono avvenute grazie a Colao.

Abbiamo dato una rapida scorsa al libro bianco di Ambrosetti che verrà presentato oggi a Sorrento e non ci sembra che si possa dire che ci sia nulla di nuovo, a partire dai sei ambiti tematici individuati e i due cantieri trasversali indicati, ma ne riconosciamo il merito di un’esposizione ordinata e di varie indicazioni di dettaglio che possono aiutare se non altro a contestualizzare e a misurare la strada da percorrere che riguarda il pubblico quanto, e ancora di più, il privato. Perché come questo giornale sostiene in assoluta solitudine da tre anni se non scatta questo meccanismo culturale e di organizzazione tutto è destinato a fallire.

Riproduciamo di seguito il passaggio, a nostro avviso, di inquadramento del libro bianco “(…) L’Advisory Board dell’iniziativa ha identificato otto ambiti tematici chiave per la valorizzazione del ruolo del Sud Italia nel Mediterraneo. Si tratta, in particolare, di sei cantieri verticali dedicati ad ambiti specifici della competitività del Sud Italia, cui si aggiungono due cantieri trasversali fondamentali per il successo della visione e delle proposte contenute nel Libro Bianco. Le analisi effettuate in ciascuno dei sei ambiti tematici vogliono fornire la base per l’elaborazione di proposte operative, volte ad attribuire un ruolo di leadership al Sud Italia nello sviluppo dell’intera area mediterranea e a vantaggio di tutta l’Europa. I sei ambiti tematici verticali includono: 1) il ruolo centrale dell’Economia del Mare per la competitività, attrattività e crescita del Sud Italia e del Mediterraneo; 2) i nuovi corridoi energetici e la sfida della green transition come cardini del Mediterraneo del futuro; 3) gli investimenti infrastrutturali e il nuovo modello di valutazione per dispiegarne gli effetti positivi; 4) lo sviluppo del settore turistico a beneficio dei territori, per un Sud più attrattivo nel Mediterraneo; 5) le specializzazioni produttive nelle nuove catene globali del valore alla luce delle dinamiche di reshoring e nearshoring e della politica industriale e di sicurezza alimentare dell’UE; 6) il Sud Italia come centro di competenze per le Università dell’area del Mediterraneo. I due cantieri trasversali vogliono offrire spunti concreti e operativi ai decisori che saranno chiamati a realizzare la visione e le proposte del Libro Bianco, a tutti i livelli, ponendosi come obiettivo la promozione dell’immagine del Sud Italia, contrastando i luoghi comuni ad esso spesso associati e definendo solidi modelli di governance che siano in grado di favorire il rilancio dell’area in chiave internazionale. Questi includono: la comunicazione della nuova visione e del nuovo ruolo per il Sud Italia; la definizione della governance necessaria per realizzare la nuova visione e massimizzarne i benefici.”

Abbiamo voluto riprodurre questo lungo passaggio perché fosse chiaro che, scrivendolo ogni giorno da tempo, ne condividiamo gli ambiti e l’ordine strategico anche se riteniamo che la capacità di attrazione degli enormi capitali in uscita dai Paesi emergenti e in cerca di una destinazione sicura affiancata dal risveglio dell’impresa privata nazionale riunita, Sud e Nord, e da un quadro europeo di filiere produttive regionali coordinate e integrate tra di loro risulterà decisiva. Per questo, anche per rispetto alla lungimiranza meridionalista di Mattarella di lungo corso e alle indubbie capacità di visione e di collocazione operativa dei temi strategici riconosciute a Draghi nel mondo, la macchina esecutiva centrale e territoriale italiane questa volta non può fallire. In questi casi la forza della politica si esprime e vince quando le cose sue le fa e le altre, ancora più importanti, le fa fare come fu, in ambiti geopolitici totalmente differenti da quelli di oggi, con la prima cassa delle grandi opere negli anni del prestito Marshall voluta da De Gasperi e Menichella, e con la nazionalizzazione elettrica degli anni Sessata voluta da Moro e Fanfani con il dichiarato scopo di dare a chi stava indietro ciò che da solo non avrebbe avuto. Oggi la sfida da vincere di leader tecnologico e imprenditoriale del Mediterraneo, del primato dell’industria del mare e dei grandi flussi turistici, dei nuovi corridoi energetici, degli investimenti infrastrutturali e delle nuove catene di filiere produttive con le loro leadership passa per un cambiamento di testa e di macchina esecutiva che non ha precedenti e, cosa ancora più importante, non consente scuse e ritardi di sorta. Questa è la sveglia che da Sorrento deve suonare per tutti.


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