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La Commissione europea

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La terza rata anche per ragioni politiche all’Italia sarà erogata. Guai, però, a congelare il processo riformatore strutturale avviato. Il problema dell’inflazione non c’entra niente con le rendite dei tassisti e dei balneari o con i rinvii su concorrenza, servizi pubblici locali e semplificazioni del codice degli appalti. Il rumore che si sta facendo sulla spesa effettiva non nasconde la decisione politica non assunta sulle riforme, anzi la esalta. Irrita i componenti della task force europea. Perché ti rispondono: tutto vero, aggiustatevi che noi siamo pronti a aiutarvi, però ricordatevi che l’implementazione delle riforme strutturali non va fermata. La logica con cui si muovono è quella di risultato più che di approvazione formale per cui volontà manifeste di proseguire sul cammino intrapreso aiuterebbero molto di più che continuare a sollevare problemi che non sono oggi in agenda e che sono peraltro comuni a tutti i Paesi europei. Perché la guerra di invasione della Russia in Ucraina è diventata la guerra mondiale delle materie prime e i rincari valgono per i bandi di gara di tutti i Paesi

Chiunque dei ministri del governo Meloni chiede l’aggiornamento dei prezzi per i bandi di gara del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) dice una cosa talmente ovvia che contribuisce solo al rumore tutto italiano con il quale si stanno mettendo a rischio i fondi europei. Chi continua a parlare di ritardi nell’apertura dei cantieri che nessuno dei funzionari europei si sogna di chiedere perché sa che ha i poteri per esigerlo solo dall’anno prossimo, persegue con sistematica irresponsabilità il sabotaggio della crescita italiana mettendo a rischio i dieci punti di Pil legati all’utilizzo dei fondi europei del Piano nazionale di ripresa e di resilienza. Chi continua a ripetere che si è in ritardo su tutto e che le scadenze non potranno essere rispettate sta rompendo il giocattolo senza neppure accorgersene.

A meno che, questo è il dubbio che cresce di ora in ora nelle strutture tecniche e di governo della Commissione europea, si stia facendo tutto ciò come arma di distrazione di massa per non rispondere a quello che invece gli uomini dell’Europa chiedono non per qualche loro paturnia ma perché è scritto nero su bianco nel contratto che il governo della Repubblica italiana ha liberamente sottoscritto. Il problema della Commissione europea oggi non è la spesa pagata in conto capitale che, dopo decenni di zero spaccato, il Governo Draghi lascia con 5,5 miliardi nel 2021 e 11,5 a settembre sui 15 del 2022 programmati anticipatamente da loro stessi, non dal cronoprogramma europeo che parte con il 2023 (40 miliardi) essenzialmente per accelerare gli appalti in essere.

Il problema della Commissione europea è capire perché si è arenata del tutto la legge della concorrenza che gli stessi azionisti dell’esecutivo Draghi anche oggi al governo avevano già rallentato. Il problema della Commissione europea di oggi sono le esitazioni sulle semplificazioni legate al Codice degli appalti. Il problema della Commissione di oggi è la riforma dei servizi pubblici locali dove si continuano ad approvare tavoli di confronto invece di decidere in Consiglio dei ministri e in Parlamento. Il problema della Commissione di oggi è che la mappatura delle concessioni non è stata fatta e che il decreto sui balneari più che fermo è addirittura sparito dal dibattito.

C’è un tema nei criteri di analisi della Commissione che viene prima di tutti questi singoli dossier – semplicemente inquietante quello specifico dei ritardi delle Regioni Campania e Sicilia nel capitolo idrico  – ed è questo fastidiosissimo frasario molto problematico, ormai non più riservato in conciliaboli partitocratici, di uomini dell’esecutivo Meloni su un tema molto serio che riguarda la governance della spesa pubblica in conto capitale e della apertura effettiva dei cantieri.

Agli uomini dell’Europa questo frasario è così insistito da spingerli a interpretarlo come uno strumento che prova a cambiare il terreno di confronto.

Questo ai loro occhi è davvero irritante perché la logica con cui si muovono è quella di risultato più che di approvazione formale per cui impegni pubblici e volontà manifeste di proseguire sul cammino intrapreso del processo riformatore compiuto concordato, aiuterebbero molto di più che continuare a sollevare problemi che non sono oggi in agenda e che sono peraltro comuni a tutti i Paesi europei. Perché la guerra di invasione della Russia in Ucraina è diventata la guerra mondiale delle materie prime e i rincari valgono per i bandi di gara di tutti i Paesi.

Sul tavolo ci sono due capitoli distinti. Il primo riguarda riforme e procedure ed è quello sotto esame ai fini del via libera alla terza rata di aiuti. Il secondo riguarda le previsioni di completamento del 2026 per le opere programmate e siamo noi stessi a denunciarlo come problema sulla base degli stress test che abbiamo autonomamente posto in essere e usando una speciale lente di ingrandimento che proietta sugli anni a venire le “radiografie” della banca dati (Regis) della Ragioneria generale dello Stato che resoconta sull’operato dei singoli soggetti attuatori per questi due anni che sono in prevalenza Ministeri e Comuni.

Ieri abbiamo titolato FERMATEVI perché a furia di gridare al lupo al lupo in Europa si finisce sbranati. Oggi vogliamo dire con chiarezza che la task force europea è composta da persone tutte collaborative che hanno con i ministri Fitto e Tajani consuetudine di rapporti e, in alcuni casi, addirittura anni di lavoro insieme. La terza rata anche per ragioni politiche all’Italia sarà erogata. Per favore, però, non fermiamo il processo riformatore strutturale avviato. Il problema dell’inflazione non c’entra niente con le rendite dei tassisti e dei balneari.  Il rumore che si sta facendo non nasconde la decisione politica non assunta, anzi la esalta. Il bla bla bla sulla spesa, che esige scelte di centralizzazione e di poteri sostitutivi veri accelerando sul solco tracciato da Draghi, con i componenti della task force europea non attacca. Perché ti rispondono: tutto vero, aggiustatevi come meglio potete che noi siamo pronti anche a aiutarvi, però ricordatevi che l’implementazione delle riforme strutturali non va fermata. Che superare questa sfida diventa essenziale.

Giorgetti e Fitto non si nascondono i problemi ma dichiarano la loro convinzione di centrare gli obiettivi di fine anno, sanno che non possono mancarli. Il campo da gioco essenziale è quello delle riforme che comprende anche la governance degli investimenti. Questo processo riformatore compiuto è la leva essenziale per evitare che si passi dalla breve contrazione alla lunga recessione.  Non fermiamo il treno delle riforme e smettiamola di nasconderci dietro l’alibi dell’inflazione.


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