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Siamo locomotiva perché è l’Italia tutta a crescere con il record di occupazione a tempo indeterminato e femminile al Sud. Dal 2015 al 2023 le esportazioni italiane corrono il doppio di quelle francesi e tedesche e la Campania chiude il 2023 con uno sbalorditivo +28,9% passando da 12,3 miliardi nel 2019 a 22,2 sopra regioni di vocazione manifatturiera come Friuli Venezia Giulia e Marche. Napoli è prima per crescita di vendite all’estero. Molto bene Molise, Calabria, Abruzzo e Basilicata. Tutto il Sud fa +16,8% contro il + 2,7% del Nord Ovest. Ogni giorno cade un pezzo del muro roccioso dell’irrealtà di casa nostra, ma per fortuna gli investitori globali hanno già capito tutto

Sosteniamo in assoluta solitudine mediatica, con un solo grande compagno di viaggio che si chiama Marco Fortis, un dato che dovrebbe essere l’orgoglio del Paese, ma che ostinatamente tutti non vogliono vedere. Non c’è giorno che non arrivi una conferma, ma il muro roccioso dell’irrealtà che cementifica la peggiore qualità autoreferenziale europea del dibattito della pubblica opinione italiana abbatte sistematicamente ogni briciolo di verità storica. Siamo il Paese europeo con l’economia che è cresciuta più di tutte (+4,2%) dai livelli pre-Covid a oggi con una Germania ferma al +0,1%, la Francia al +1,8%, Regno Unito +1% e la Spagna che sta ora recuperando bene ma resta ancora sotto di un punto rispetto a noi.

Il risultato diventa addirittura straordinario se lo misuriamo in termini di Pil pro capite, utilizzando i dati Eurostat su prodotto interno lordo e popolazione, che Marco Fortis ha presentato alla Leopolda a Firenze Signa e fanno parte del patrimonio acquisito di analisi e di indicazioni controcorrente di questo giornale. Dai livelli pre-pandemici del 2019 a fine 2023 il Pil pro capite italiano è cresciuto del 4,9% mentre lo stesso Pil per abitante francese si ferma al +0,1% esattamente come quello spagnolo, di fatto sono stabili, e addirittura retrocede di un punto percentuale secco quello tedesco. Questa è la realtà, il resto sono chiacchiere.

Come è indiscutibilmente vero che siamo solo in Italia ai livelli record di occupazione a tempo indeterminato da quando si fanno le rilevazioni statistiche, che solo nel 2023 si è ridotto di ben 17 punti il tasso di diseguaglianza e di quasi un punto e mezzo quello che misura il rischio povertà. C’è un Paese che dal 2015 ha fatto innovazione, nessuno lo dice, utilizzando la leva degli incentivi 4.0 e che nelle stagioni dei governi Draghi e Meloni continua a capitalizzare in termini di fiducia interna e di credito internazionale questo assoluto cambio di passo della sua economia che nessuno vuole riconoscere.

In realtà questo cambio di passo strutturale esiste e ci permette di preservare in un contesto geopolitico, segnato da guerre ormai globali intrecciate tra di loro nei quadranti europeo e del Medio Oriente, un avanzo con l’estero di posizione finanziaria netta, che vuol dire credito internazionale, pari al 5% del Pil. A vantare una posizione finanziaria netta positiva in misura molto più marcata c’è solo la Germania, mentre la Spagna (disavanzo pari al 90% del Pil) e la Francia (disavanzo pari al 20% del Pil) con le loro performance negative danno il segno del valore strategico della nostra situazione.

Scusate se negli ultimi tempi sono costretto a fare queste lunghe premesse di contesto, ma il muro omertoso di silenzio eretto intorno a queste informazioni oggettive incidendo sulla fiducia interna e provando a togliere futuro ai nostri giovani, mi costringe a farlo perché aiuta a cogliere quello che proprio nessuno vuole sentire e rappresenta di sicuro il dato più rilevante della storia economica del Paese degli ultimi venti anni. Stiamo facendo questi risultati da locomotiva europea paradossalmente proprio grazie a uno scenario geopolitico complicato che rimette in discussione i tradizionali assetti legati ai rapporti Est-Ovest e rilancia il nostro Mezzogiorno per ragioni geografiche di collocazione sul Mediterraneo, dinamismo vitale delle sue imprese e opportunità storiche che hanno cambiato la globalizzazione e fatto di questo pezzo di terra il potenziale Eldorado degli investimenti globali.

Siamo diventati la locomotiva d’Europa perché è l’intera Italia finalmente a crescere come dimostra in modo indiscutibile che dopo decenni di segno opposto il record degli incrementi della occupazione a lungo termine, il 52% del totale, riguarda il Sud e anche la nuova occupazione femminile cresce sempre al Sud a un ritmo doppio di quella del Nord. Tutto ciò ovviamente è potuto avvenire perché le imprese private meridionali erano già diventate più competitive prima del Covid, avevano sfruttato la riforma italiana degli incentivi fiscali 4.0 investendo in robotizzazione dei processi produttivi e in nuovi prodotti, e sono state oggettivamente tra le imprese più dinamiche a sfruttare i nuovi mercati del nuovo mondo determinato dalla rottura della catena globale della logistica e della vecchia globalizzazione.

Avevano aumentato la loro produttività prima, hanno continuato a farlo dopo, e continuano a farlo ora. Questa è la sacrosanta verità se è vero, come è vero, che dal 2015 fino al 2023 le esportazioni italiane sono cresciute il doppio della Germania e della Francia superando i seicento miliardi a fine 2023 con i 480 di partenza del 2019. E, soprattutto, che la vera novità di questi ultimi anni, quelli che hanno scandito la maggiore velocità italiana nell’uscita dal Covid, è rappresentata dal fatto che mentre la Lombardia ha sofferto la crisi strutturale tedesca, la crescita più elevata è stata messa a segno dalla Campania che chiude il 2023 con uno sbalorditivo +28,9% passando dai 12,3 miliardi di esportazioni del 2019 ai 22,2 miliardi di oggi che consentono di superare regioni di storica vocazione manifatturiera come il Friuli Venezia Giulia e le Marche.

La città che ha sostenuto di più la crescita delle vendite all’estero dell’Italia nel 2023 è Napoli, non Milano. Questo dice l’Istat. Attenzione, però, a fare molto bene sono anche Molise (+21,1%), Calabria (+20,9%), Abruzzo (+13,6%), e Basilicata (+5,5%). Sicilia e Sardegna, le due isole, fanno storia a sé e hanno crolli di poco sopra o sotto il 20% perché riflettono la crisi della raffinazione e, in genere, dei prodotti energetici determinata dalla guerra mondiale delle materie prime. Per capire bene di che cosa stiamo realmente parlando, basta il dato complessivo delle variazioni tendenziali gennaio dicembre 2023 su gennaio dicembre del 2022 delle esportazioni italiane reso noto ieri dalla stessa fonte più volte citata. Viene fuori una classifica che fa in pezzi i tanti stereotipi italiani e mette tutti con i piedi sulla terra della nuova realtà economica italiana. Questa classifica ci dice che il Sud cresce nell’export del 16,8%, il Nord Ovest del 2,7%, mentre Nord Est e Centro calano rispettivamente dell’1 e del 3,4%. Così è se vi pare direbbe Pirandello, che, come vi ho già detto altre volte, significa che così è anche se non vi pare.


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