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La sala del consiglio dei ministri

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Mentre perfino i greci si sono affrettati a consegnare il loro Recovery Plan, la situazione politica italiana assomiglia a quella dei ciclisti della Sei giorni di Milano i cui corridori passavano la metà del tempo in surplace, poi chi scattava prima vinceva. Il gioco politico di oggi non lo conduce nessuno. Né Renzi, che ne ha l’ambizione, né il Pd che vorrebbe ma non ha ancora deciso in quale direzione andare, né ciò che resta dei Cinque Stelle dilaniati al loro interno come non mai. E sapete perché l’Italia arranca in questo snervante surplace? Perché lo spirito nuovo europeo spinge a considerare alla pari i cittadini rumeni e portoghesi con quelli tedeschi nei vaccini ma lo spirito vecchio italiano invece continua a considerare lesa maestà dello scettro abusivo lombardo-veneto e emiliano-romagnolo il solo pensare di considerare i cittadini calabresi, campani, pugliesi alla pari nella distribuzione della spesa pubblica sociale e infrastrutturale. Questa è la verifica politica che nessuno vuole fare

Abbiamo avuto due coalizioni inattese. Può arrivare anche la terza coalizione inattesa. Se si innesca una crisi di governo, si inventano soluzioni. Si sa come si parte e non si sa dove si finisce.

Ci si può spingere fino al governo di unità nazionale. Salvo incidente che nessuno può escludere, tuttavia, i partiti dell’attuale coalizione di governo resteranno insieme. Perché nessuno di loro vuole nemmeno rischiare di andare a votare e non capisce bene che cosa gli accadrà anche senza voto. Ciò che non sfugge, però, quasi più a nessuno è che il Paese non può tollerare la situazione di impasse.

Né avanti né indietro, questo posizionamento non si addice ai nostri giorni. Si può galleggiare ma sempre per meno tempo perché nei prossimi sette otto mesi l’Italia decide che sarà di se stessa nel prossimo ventennio dopo quello della decadenza diseguale o della crescita degli zero virgola nel quale è ancora immersa.

Mentre perfino i greci si sono affrettati a definire e consegnare il loro Recovery Plan con tanto di opere e di cronoprogrammi, nel pieno della pandemia globale e del nuovo ’29 mondiale, la situazione politica italiana assomiglia a quella dei ciclisti della Sei giorni di Milano di molto tempo fa dove i corridori passavano la metà del tempo in surplace, poi chi scattava prima vinceva. Il gioco politico di oggi non lo conduce nessuno. Né Renzi che ne ha l’ambizione, né il Pd che vorrebbe ma non ha ancora deciso in quale direzione andare, né ciò che resta dei Cinque Stelle che sono dilaniati al loro interno come non mai.

Un Paese non può rimanere a lungo in surplace. Perché ne paga un prezzo elevatissimo. Gli spread sono tutti compressi dai maxi acquisti della Banca Centrale europea, ma gli iberici emettono titoli decennali a tasso zero e si collocano a metà strada tra noi e i francesi.

Non vogliamo spaventare nessuno, ma la differenza di cinquanta centesimi, in termini relativi, è una differenza molto rilevante. Al netto della grande liquidità che avvolge tutto e soccorre tutti, la reputazione sui mercati dell’Italia è quella di un Paese sull’orlo del precipizio. Non può cadere oggi nel burrone, perché la tengono su, ma sta lì immobile sull’orlo del precipizio. Questa è la realtà.

La Cina gioca in economia la carta della dittatura senza che nessuno abbia nulla da ridire e è già ripartita alla grande. L’America fa i conti con un’emergenza sanitaria terribile ma ha voglia di riprendere a correre, di fatto non si è mai fermata e Biden segnerà almeno un cambiamento nel rapporto con gli europei. L’Europa ha compiuto la scelta storica di fare debito europeo comune e ha segnato con i vaccini un grande successo. Perché arriveranno in tutti i 28 Paesi acquistati dalla Commissione e divisi in proporzione alla popolazione.

Ha trattato con i produttori per conto e in nome di tutti i 28 Paesi: ne voglio tot centinaia di milioni, voglio che siano lavorati tutti insieme, immaginate se ognuno fosse andato a trattare per conto proprio, con la voglia di ognuno di accaparrarsi la quota maggiore prima degli altri. Invece lo stesso giorno tutti i Paesi europei riceveranno i vaccini e, in proporzione alla popolazione, i cittadini rumeni e portoghesi saranno messi alla pari di quelli tedeschi.

Sapete perché l’Italia arranca in uno snervante surplace e è il fanalino di coda in Europa? Perché lo spirito nuovo europeo spinge a considerare alla pari i cittadini rumeni e portoghesi con quelli tedeschi – diciamo che è sulla buona strada anche se non è ancora proprio così – ma lo spirito vecchio italiano invece continua a considerare lesa maestà dello scettro abusivo lombardo-veneto e emiliano-romagnolo il solo pensare di considerare i cittadini calabresi, campani, pugliesi alla pari di quelli emiliano-romagnoli e lombardo-veneti nella distribuzione della spesa pubblica sociale e infrastrutturale in proporzione alla popolazione.

Vorremmo che si parlasse di questo non di altro nei giorni in cui un Paese sommerso di debiti, ma non serio, continua a regalare monopattini invece di sbloccare gli investimenti di contesto ambientale e industriale delle due “nazioni” chiamate Italia. Le due facce della medaglia della ventennale crisi italiana sono, da un lato, il macigno della giustizia e della burocrazia e, dall’altro, il Sud abolito o tagliato a seconda dei casi, sempre svuotato del valore più grande che è il capitale per fare crescere l’educazione, la sua scuola e la sua formazione. Abbiamo assistito alla più clamorosa distruzione di valori dove si confondono il successo con il furto, l’impegno con l’interesse, l’emulazione dei migliori con l’invidia sociale. Queste sono le ragioni profonde della crisi competitiva e di produttività del Paese.

Le marionette della politica italiana – i Capi nazionali e i Capetti delle Regioni – la smettano di litigare su seggiole e poltrone e, soprattutto, la finiscano di giocare sempre tutto in termini di comunicazione. Se si continua così si può guadagnare tempo, ma finisce male. Perché l’ombrello monetario protegge dagli acquazzoni ma se non si espugna il triangolo delle Bermude italiano – Mezzogiorno di fuoco, giustizia, burocrazia – il sommovimento sociale che si prepara farà saltare tutto per aria perché può determinare una serie di effetti a catena.

Questa, non altre, è la verifica politica che il governo Conte deve superare nei pochi giorni di questo scorcio di fine anno – si è già perso troppo tempo – in termini di riforme esecutive e di capacità di spesa. Tutto il resto sono chiacchiere nauseabonde che possono portare il nostro Paese in una terra incognita dove esplodono debiti e crisi sociale, ma di questo parliamo domani.


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