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Napoli, panorama

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È ora di cominciare a fare le cose sul territorio affiancando lo Stato che fa il suo con le ferrovie, i porti, la logistica, la banda larga ultra veloce e così via. Questa la vera sfida capitale per gli amministratori locali, la classe politica, imprenditoriale, accademica, culturale, il tessuto civile e il capitale giovanile del Mezzogiorno. Non sta scritto da nessuna parte che il Sud debba presentarsi in gara con progetti di riqualificazione urbana, di asili nido e così via meno competitivi di quelli del Nord. Bisogna recuperare l’orgoglio Sud per dimostrare sul campo che esistono nelle regioni meridionali amministratori comunali capaci di mettersi in gioco

Sono stato ad Avella piena di storia, al confine tra Napoli e Avellino, per presentare “Attacco all’Europa” di Filippo Spiezia, un magistrato che tiene alto il nome dell’Italia in Europa, che ha scritto un libro che dovrebbe essere letto in tutte le scuole italiane.

Per capire qual è la partita globale della criminalità organizzata e dove rischia di più l’economia. Per capire meglio i fatti nostri e i fatti del mondo: perché uscire dai miopi sovranismi e costruire la nuova Europa significa occuparsi del futuro dei nostri giovani e della vita dei nostri territori, non di qualcosa di distante da noi.

Questo testo prezioso andrebbe letto al Nord per aprire gli occhi su ciò che sta accadendo intorno a loro e al Sud per guardare con occhi meno rassegnati e impietosi ciò che succede sotto i loro occhi e appare ineluttabile quando non lo è.

La sorpresa più rilevante per me è venuta, però, dall’intervento di Domenico Biancardi, sindaco di Avella – anfiteatro, giardini del Palazzo Baronale e un museo immersivo archeologico che uniscono al meglio storia e modernità – e presidente della Provincia di Avellino. Mi ha colpito Biancardi perché non ha avuto nessuna difficoltà a ricordare un mio intervento di qualche settimana fa in un convegno a Avellino dove strapazzavo, alla sua presenza, le autorità politiche locali perché mi sembravano tutte fuori dalla realtà. 

Erano tutte impegnate a chiedere i soldi del Recovery Plan a una Regione Campania che non ha oggi titolo per dire la sua sui progetti dei Comuni e che ha dato pessima prova nell’utilizzo di fondi comunitari che aveva titolo per gestire e spendere negli anni passati. Erano tutte impegnate a chiedere soldi e invocare vassallaggi su piani di interventi già selezionati, chiusi e spediti a Bruxelles, quindi sul nulla, invece di impegnarsi a fare buoni progetti e a organizzarsi chiamando a raccolta i migliori perché quei progetti vincano i bandi di gara di imminente apertura su asili nido e qualificazione urbanistica dei territori.

Posso dire francamente che il sindaco Biancardi mi ha colpito favorevolmente perché ha detto con apprezzabile sincerità che quella strigliata aveva fatto bene. Ha detto: ci siamo guardati in faccia tra sindaci e amministratori e ci siamo resi conto che non possiamo pensare di infilare tutte le strade da rifare che non riusciamo a finanziare da sempre in un Progetto Italia che chiede a noi di fare altro. Mi è piaciuto ancora di più quando ha detto: che non sta scritto da nessuna parte che il Sud debba presentarsi in gara con progetti di riqualificazione urbana, di asili nido e così via meno competitivi di quelli del Nord. Parole sante di quell’Orgoglio Sud che vorremmo riconquistasse le piazze e i cuori della comunità meridionale in una stagione di intervento pubblico finanziato dall’Europa che recupera, dopo decenni, la priorità del Mezzogiorno.

Avendo il governo Draghi scelto e fatto approvare dall’Europa un piano che vuole riunire le due Italie nelle infrastrutture immateriali e materiali mobilitando capitali a livello centrale e affidandoli in mani sicure come non accadeva dal decennio d’oro del Mezzogiorno nella stagione del miracolo economico italiano del Dopoguerra.

Bisogna recuperare l’Orgoglio Sud per dimostrare sul campo che esistono nelle regioni meridionali amministratori comunali capaci di mettersi in gioco, sommersi come sono dall’offerta di consulenti di qualità che chiedono solo di potere curare buoni progetti di edilizia sociale, scolastica e di riqualificare facciate, opere e piazze piene di storia e di bellezza.

L’Europa ha giustamente vincolato l’erogazione dei fondi alla realizzazione di quelle riforme di sistema – in primis pubblica amministrazione, nuova governance per gli investimenti pubblici, giustizia – che sono la prima, assoluta e inderogabile delle azioni meridionaliste perché solo uno Stato che si libera dalle idrovore clientelari che sono le Regioni del Mezzogiorno può garantire l’impegno assunto di dare al Mezzogiorno la sua alta velocità ferroviaria, la grande logistica, la rete ultraveloce e tutto ciò che serve per restituire all’Italia intera il suo hub sul Mediterraneo e che uno Stato ingiustamente avaro e un regionalismo dissipatore delle briciole hanno fino a oggi negato alle comunità meridionali.

Ci sono oltre 200 miliardi sul tavolo e ci tocca di assistere alle litanie recriminatorie di capipopolo in cerca di voti per guadagnarsi uno stipendio della politica o di uomini dell’Accademia che sono vittime delle loro frustrazioni che non spendono una parola una sulla evidentissima malattia del Mezzogiorno nella capacità di spendere e bene le risorse pubbliche vere o presunte che siano. Oggi è il momento del fare, dell’organizzazione e della buona progettazione. Questa è la sfida capitale che hanno davanti a sé gli amministratori locali, la classe politica, imprenditoriale, accademica, culturale, il tessuto civile e il capitale giovanile del Mezzogiorno. Questa sfida si chiama Orgoglio Sud e ad Avella per me si è accesa una speranza.

Orgoglio Sud di fare bene e meglio degli altri quello che si sa fare se lo si vuole, se si decide di rivolgersi alle professionalità giuste che esistono e si offrono ovunque. Orgoglio Sud di smetterla di chiedere ciò che è già stato dato come mai in passato e di sottrarsi ai giochi retorici delle percentuali avendo la possibilità concreta, tra esecuzione delle riforme e buoni progetti, di potere contare su una dote che può arrivare e superare la quota del 60% dell’intero Piano italiano e che, soprattutto, è una dote di qualità assoluta.  Orgoglio Sud di cominciare a fare le cose sul territorio affiancando lo Stato che fa il suo con le ferrovie, i porti, la logistica, la banda larga ultra veloce e così via. Orgoglio Sud di credere in se stessi e di dimostrare prima a se stessi e poi agli altri di non sapere solo chiedere soldi ma di sapere fare buoni asili nido, buone scuole, rifare le facciate dei centri storici e mettere in sicurezza ambientale i propri territori, fare rivivere i borghi, il verde e la storia delle proprie terre.

Orgoglio Sud di fare insieme tutte queste cose mentre l’accademia meridionalista risarcitoria e i nuovi capipopolo della politica continuano a strepitare per potersi prendere poi la soddisfazione di chiuderli tutti in uno sgabuzzino e impedire loro di vedere quello che l’Orgoglio Sud ritrovato è stato capace di realizzare mentre loro ciarlavano. Anche perché se pure potessero vedere questi signori direbbero di non avere visto e inciterebbero a continuare a chiedere soldi e a fare i calcoli della vergogna che sono incompatibili con le ragioni del fare e del riscatto. Orgoglio Sud, finalmente.


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