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Il premier Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz

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La particolarissima situazione di ieri e di oggi di Draghi che lo hanno visto e lo vedono sempre lavorare sul palcoscenico della ribalta europea, ne fanno il vero architetto politico  della Nuova Europa. L’Italia ha l’occasione storica di potere svolgere il ruolo di chi offre un certo servizio senza che gli altri temano che il servitore diventi padrone. Questo tema cruciale non è capito nel nostro Paese perché abbiamo una classe politica che capisce bene, al massimo, la sua regione se non proprio il suo paesello. Speriamo che la politica dei partiti capisca una volta per tutte che il successo del governo di unità nazionale guidato da Draghi è per loro l’unico successo possibile perché coincide con la chance estrema che l’Europa ha concesso a un Paese che esce da venti anni di crescita zero

Il Paese chiede a Draghi di rimanere al suo posto. Il Paese che produce. Gli amministratori in prima linea, la Chiesa, il mondo del lavoro e del volontariato. Le donne e gli uomini del fare, la comunità civile e le nuove leve di questo Paese. Chi ha meno e soffre, ma non si rassegna, l’intelligenza della politica sopravvissuta al vocabolario dominante del qualunquismo mediatico. Le forze più vitali di un Mezzogiorno che vogliono vincere la battaglia europea della leadership mediterranea.

Tutta questa Italia bellissima non vuole perdere il timoniere della barca che è riuscito a fare crescere l’economia di quasi il 10% in un anno e mezzo nel pieno di una tempesta globale dove i due cigni neri della pandemia e della guerra di Putin in Ucraina hanno messo alle corde le economie più forti del mondo. Questa banale constatazione fa sentire istintivamente tutti più tranquilli se non si cambia il comandante della nave. Siamo contenti che il sentiment diffuso del Paese a cui questo giornale si è appellato dal giorno delle dimissioni di Draghi stia prepotentemente emergendo.

Speriamo che la politica dei partiti capisca una volta per tutte che il successo del governo di unità nazionale guidato da Draghi è per loro l’unico successo possibile perché coincide con la chance estrema che l’Europa ha concesso a un Paese che esce da venti anni di crescita zero. Queste sono le basi su cui si può ricostituire la fiducia perduta e su cui si può sviluppare un esercizio di responsabilità collettiva che moltiplichi in casa il patrimonio di credibilità e di fiducia riconquistato in Europa grazie alla leadership internazionale di Draghi. Questo è il punto che molti, troppi, sottovalutano.

Perché è inutile girarci intorno. La foto che rimarrà nella storia è quella di Draghi, Macron e Scholz in treno diretti a Kiev per dimostrare plasticamente che l’Europa ha scelto Zelensky e che nulla dopo l’invasione di Putin in Ucraina potrà tornare come prima. Quella foto racconta come meglio non si potrebbe che Draghi è stato il primo capo di un Paese europeo a schierarsi senza se e senza ma con Zelensky perché è stato il primo a capire che cosa era in gioco: il cambiamento del mondo. Gli altri pensavano alla solita guerricciola di confine perché volevano interpretarla così. Perché per loro Putin voleva prendersi un pezzetto di territorio e di certo non stava lì con l’idea di sconvolgere a suo favore l’equilibrio mondiale.

Quella foto di Draghi, Macron e Scholz dentro il treno per Kiev è l’immagine di un’Europa non più solo franco-tedesca e dove addirittura, anche rispetto a De Gasperi, non c’è solo il terzo fondatore che è italiano, ma c’è una cosa completamente nuova che può andare oltre l’Europa confederale che ai tempi di De Gasperi era già un sogno.

Il problema di oggi è creare l’Unione europea e il vantaggio unico di Draghi è di essere un leader riconosciuto della Nuova Europa perché ha salvato l’euro, ma anche di non essere a capo di un Paese considerato ancora debole. Per cui gli altri, tutti gli altri Paesi, quando lo ascoltano non si sentono vassalli come accade con Francia e Germania, non si sentono schiavizzati.

Per tutte queste ragioni Draghi può incarnare davvero un unicum in cui si lavora tutti per la Nuova Europa in quanto non è credibile che l’Italia diventi il centro, per così dire, del nuovo impero. La particolarissima situazione di ieri e di oggi di Draghi che lo hanno visto e lo vedono sempre lavorare sul palcoscenico della ribalta europea, ne fanno il vero architetto politico della Nuova Europa. La forza di De Gasperi era quella di essere a capo di un Paese sconfitto ma non del tutto perché nell’ultima fase si era riscattato con la resistenza a differenza della Germania che si era tenuta Hitler fino all’ultimo. La Francia era vittoriosa e, da allora, non ha mai abbandonato la sua posizione di preminenza nel Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Oggi Draghi è di nuovo in questa posizione di mezzo perché non guida un’economia che può egemonizzare un’area vastissima come è la Mitteleuropa dopo la riunificazione con la Romania e gli altri Paesi dell’Est e con le industrie tedesche che hanno colonizzato gli ex satelliti sovietici. L’Italia, da questo punto di vista, ha l’occasione storica di potere svolgere il ruolo di chi offre un certo servizio senza che gli altri temano che il servitore diventi padrone. Questo tema cruciale non è capito in Italia perché abbiamo una classe politica che capisce bene, al massimo, la sua regione se non proprio il suo paesello.

Abbiamo una classe politica senza visione internazionale ed è questo il motivo per cui Letta, che ha visto il mondo, sta un po’ più in alto degli altri e Forza Italia che in politica estera con Berlusconi ha pesato riesce a cogliere le ragioni storiche del momento. Anche da questo punto di vista la prosecuzione dell’esperienza del governo Draghi è di certo un’occasione irripetibile per i partiti che fanno più fatica a uscire dal circolo vizioso della demagogia. Non ci resta che sperare che ciò avvenga.


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