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Prende corpo un terzo polo assistenzialista che rischia di scassare il sistema. Questi cosiddetti voti di bandiera sul reddito di cittadinanza offrono la scusa giusta a tutti quelli che non vogliono dare alcunché al Mezzogiorno in termini dovuti di sviluppo. Il rischio politico anti-europeista che pesa sui mercati a nostro sfavore e la bandiera elettorale della autonomia differenziata porterebbero a liquidare in un lampo il Pnrr del Sud. L’alternativa è la volontà di essere protagonisti di una rinascita già in atto che vede il Mezzogiorno italiano come capitale globale della logistica energetica, dell’industria del mare e dei traffici commerciali. La comunità meridionale è oggi chiamata alla prova del fuoco del capitale umano e l’esercizio del diritto di voto fa parte di questo esame collettivo. Ora, non domani, va colta la opportunità di uscire dagli schemi clientelari di sempre per dare un voto che scommetta sul futuro di tutti e non sul privilegio di qualcuno o sull’elemosina a molti. Votate e scegliete chi vi convince di più, ma sapendo di dovere scegliere al bivio della storia chi vi può guidare sulla strada dello sviluppo che va nella direzione opposta di quella dell’assistenzialismo.

Sta prendendo corpo un terzo polo assistenzialista che rischia di scassare il sistema perché propone qualcosa che non si può fare e, quindi, toglie invece di dare risorse ai veri poveri. Soprattutto offre la scusa a tutti quelli che non vogliono dare alcunché al Mezzogiorno in termini dovuti di sviluppo per sostenere con maggiore forza le loro posizioni avverse. Questi cosiddetti voti di bandiera sul reddito di cittadinanza non sarebbero abbastanza da impedire la vittoria del centrodestra, ma risulterebbero poi congelati nell’esercizio della loro opposizione. Almeno, sia chiaro, stando alle ultime proiezioni di voto prima che la bottega pubblica dei sondaggi venisse giustamente chiusa e avendo ben presente che il voto è l’esercizio di un diritto individuale sacro e che gli umori elettorali possono cambiare anche di molto fino all’ultimo istante.

Questi voti “assistenzialisti” potranno riallinearsi dopo con il Pd ma solo se si inchinerà ai loro piedi come è già avvenuto nella scorsa legislatura proprio con il reddito di cittadinanza e la riduzione dei parlamentari che equivale a riavviarsi su un percorso suicida. Percorso peraltro, questa volta, del tutto impraticabile almeno dal lato degli scostamenti di bilancio. I rendimenti decennali del Btp sono già oggi oltre il 4% senza un caso Italia sui mercati, ma sono pronti a schizzare alle stelle se agli onerosi rialzi dei tassi della Bce si dovesse aggiungere anche la sola percezione di un nuovo rischio politico italiano anti-europeista.

Nella giornata di oggi ci sono state le prime avvisaglie proprio come accadde con il Conte 1 giallo verde e sono un pessimo segnale. Tutto questo oggi avviene in un contesto macroeconomico ulteriormente deteriorato dalla tassa di Putin sul gas e dall’assenza di un eurobond bellico sostitutivo di quello pandemico. Preannuncia, insomma, una stagione globale recessiva o pre-recessiva con il mostro inflazione da abbattere. Come il Pd scese allora accordandosi in quella ibrida alleanza, ridiscenderebbe di nuovo. Perché finirebbero tutti insieme, è già avvenuto, a dare la percezione del centrodestra come nuovo estremo argine all’assistenzialismo che non ci possiamo permettere.

Il Pd rimarrebbe vittima di se stesso e si troverebbe dentro fino al collo nell’alternativa del diavolo perché non potrebbe neppure più appoggiare la destra avendola dipinta come il male assoluto. Non può andare con il centrodestra e non può andare con i grillini, ma così è fuori dalla partita prima che cominci sempre che non riesca a fare emergere con nettezza coerenze meridionaliste e europeiste convincenti. Molto difficile, non impossibile.

L’unica vera incognita è che cosa farà il nuovo centro di Calenda e Renzi che offre una proposta di nuova classe dirigente all’altezza della sfida. Anche questo, però, dipenderà molto dalla quantità di consensi che riuscirà a strappare. In tale contesto generale il Mezzogiorno tutto può fare meno che dare la scusa per mettersi di traverso ai “partiti nordisti” che sono trasversali nei due schieramenti esprimendo un voto di massa assistenzialista. Perché i “partiti nordisti” sono per radicamento storico da sempre presenti nel centrodestra e ben rappresentati nel fronte avverso dalla cosiddetta “sinistra padronale”, prevalentemente tosco-emiliana.

Guardate che questa tenaglia di interessi è quella che può soffocare lo sviluppo del Mezzogiorno. I soldi europei del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) non sono più così tanti perché l’inflazione li ha ridotti. Sarà un gioco da ragazzi fare ritornare di moda la solita, odiosa cantilena: “Perché dobbiamo investire nel Sud che sappiamo che sono soldi buttati? Tanto più se questo Sud vuole solo assistenzialismo e vota per chi gli garantisce ciò che non può garantire”.

Sul reddito di cittadinanza dobbiamo essere chiari fino al millesimo: noi non saremo mai contro perché chi ha bisogno deve essere sostenuto, questo avviene in tutte le democrazie che si rispettino, ma se la povertà coniugata con il lavoro nero diventa “una professione” della comunità e un’arma elettorale della politica allora siamo davanti al pericolo massimo. Il reddito di cittadinanza va sostenuto nei termini in cui sostiene coloro che non sono in grado di avere più un reddito, ma deve invece essere finalizzato a uscire con dignità da questa condizione accedendo al mercato del lavoro per tutti quelli per cui è possibile. La cosa fondamentale è che non si può proseguire su questa strada senza regolamentare seriamente il mercato del lavoro: bisogna dichiarare guerra al lavoro nero e a quello sottopagato.

Anche qui siamo davanti ai due punti più neri del circuito perverso assistenziale-criminale che condanna ingiustamente il Mezzogiorno al declino. L’alternativa a tutto ciò sono la volontà e la consapevolezza di essere protagonisti di una rinascita già in atto che vede il Sud come capitale europea della logistica energetica e come capitale mondiale dell’industria del mare e dei traffici commerciali globali. La comunità del Mezzogiorno è oggi chiamata alla prova del fuoco e l’esercizio del diritto di voto fa parte di questo esame collettivo. Perché la comunità meridionale deve capire che gli investimenti pubblici europei e nazionali assegnati al Sud nel capitale umano, dagli asili nido all’università fino alla ricerca, e quelli altrettanto strategici nella sanità come nell’edilizia scolastica come nelle grandi reti materiali e immateriali, sono la base di un Progetto Paese che non è più il progetto cosiddetto Sud. Perché lo fa finalmente uscire dalla logica perversa dell’assistenzialismo e pone, quindi, finalmente le condizioni per imboccare la strada dello sviluppo competitivo fatto di capitali privati interni ed esteri.

Bisogna cercare nel voto di scegliere chi meglio rappresenta l’ambizione di questo progetto e valutarne l’affidabilità in termini di coerenza e di capacità ideative e realizzative. Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia intende fare di questo proposito uno spartiacque culturale, prima ancora che politico. Siamo davanti a un bivio. La società meridionale, la sua borghesia produttiva, i suoi ceti universitari e professionali, soprattutto il talento giovanile diffuso così vilipeso e sfruttato a fini propagandistici, tutti insieme hanno ora, non domani, la incredibile opportunità di uscire dagli schemi clientelari e assistenziali di sempre per dare un voto che scommetta sul futuro di tutti e non sul privilegio di qualcuno o sull’elemosina a molti. Il dibattito della pubblica opinione televisivo e, in genere, informativo che accompagna questa tornata elettorale ci preoccupa molto. Soprattutto perché oscura, sul Mezzogiorno, un ragionamento pacato sui temi decisivi del suo futuro senza pregiudizi nei confronti di alcuni.

Votate e scegliete chi vi convince di più, ma sapendo di dovere scegliere al bivio della storia chi vi può guidare sulla strada dello sviluppo che va nella direzione opposta di quella dell’assistenzialismo.


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