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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, oggi in Senato

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Poiché siamo convinti che il Paese ha bisogno di un governo che attui il conservatorismo moderno e riteniamo che Giorgia Meloni farà la storia solo se realizzerà questo progetto Paese, segnaliamo che tutte queste bandierine politiche alzate confusamente in cielo  stanno facendo cadere sulla terra il castello della costruzione della grande adesione europea. Perché danno il via libera a un tasso crescente di divergenze su Pos, contanti, catasto, amnistia fiscale, pensioni, Mes, facendo venire meno quella concordanza con l’Europa di cui noi più dell’Europa abbiamo bisogno. Perché ci servono i fondi del Pnrr e dobbiamo collocare oltre 500 miliardi di titoli pubblici. Se violiamo le raccomandazioni specifiche non abbiamo diritto allo scudo anti spread e mettiamo a rischio la dote europea per gli investimenti. Andando peraltro contro il disegno riformatore – concorrenza, servizi pubblici locali, giustizia – su cui si sono impegnati Meloni, Fitto e lo stesso Giorgetti. 

L’IMPIANTO macroeconomico della manovra del governo Meloni ricalca alla perfezione l’impianto dell’ultima manovra draghiana e questo dato di fatto è valso un giudizio complessivo positivo dell’Europa. Anche perché questo impianto vale da solo due terzi del tutto e, quindi, garantisce il tasso di responsabilità necessario per la tenuta della finanza pubblica. Questo è un dato di fatto. Un altro dato di fatto, però, altrettanto chiaro è che tutte le misure di bandiera politica del governo Meloni inserite dentro alla meno peggio violano le raccomandazioni specifiche della Commissione europea e, in assenza di un aggiustamento di rotta, possono produrre nel lungo termine più di un problema serio sulla strada del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e, qualora fosse necessario, nell’accesso allo strumento anti spread (TPI) ideato dalla Banca centrale europea per intervenire se si dovessero creare distorsioni nell’attuazione della politica monetaria con contraccolpi sui nostri titoli di Stato come su quelli di altri Paesi. Trattandosi nel primo caso di un piano che vale oltre 140 miliardi di fondi europei residui e dovendo, nel secondo, collocare sul mercato titoli sovrani per più di 500 miliardi tra quelli in scadenza e quelli di nuove emissioni nette, si impone almeno una pausa di riflessione sull’indirizzo preso in questo ambito ristretto di manovra.

La Commissione europea ha detto con molto tatto e altrettanta chiarezza che sull’innalzamento del tetto al Pos, sulle nuove misure per il contante, sullo stralcio cartelle definito amnistia fiscale, il governo italiano si pone in contrasto con gli obiettivi sottoscritti in sede di approvazione del Pnrr che prevedono l’incentivazione della lotta all’evasione fiscale e dei pagamenti elettronici. Anzi, la Commissione ha fatto anche qualcosa di più: ha ricordato che sulla giungla dell’IVA agevolata non si è ancora intervenuti e che resta in attesa della riforma del catasto perché ci sia maggiore trasparenza e coerenza tra valori reali di mercato e valori catastali dei fabbricati.

Ancora: sempre la Commissione europea ha sottolineato che con quota 103 sulle pensioni e una nuova ondata di prepensionamenti si violano le raccomandazioni che invitano a mettere strutturalmente sotto controllo la spesa previdenziale che è di gran lunga quella che pesa di più sul nostro debito pubblico. È noto che tutti gli osservatori internazionali e nazionali qualificati ritengono questo intervento la clausola inderogabile di salvaguardia del futuro del nostro bilancio pubblico. A tutto questo, sempre nella giornata di ieri, si deve aggiungere con nostra sorpresa che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sostenuto che il meccanismo europeo di stabilità (Mes) va cambiato e che prima della ratifica serve un dibattito in Parlamento. Siamo gli unici in Europa a sostenerlo e siamo anche gli unici a non averlo sottoscritto.

Ovviamente è chiaro a tutti che quei finanziamenti ci servirebbero come il pane per fare tutti gli investimenti nella sanità e, specificamente, nella medicina territoriale che sono diventati urgenti e che non abbiamo i soldi per farli. Allora, poiché siamo fermamente convinti che il Paese ha bisogno di un governo che attui il conservatorismo moderno e riteniamo che Giorgia Meloni farà la storia solo se realizzerà questo progetto Paese, abbiamo il dovere assoluto di chiarire che tutte queste bandierine politiche alzate confusamente in cielo stanno facendo cadere sulla terra il castello della costruzione della grande adesione europea. Perché danno il via libera a un tasso crescente di divergenze su fisco, Mes, pensioni e molto altro facendo venire meno quella concordanza con l’Europa di cui noi più dell’Europa abbiamo bisogno.

Siccome sappiamo che Giorgia Meloni, il ministro Fitto e lo stesso Giorgetti vogliono procedere sulla strada delle liberalizzazioni, che significano concorrenza e servizi pubblici locali, e intendono rispettare la tabella di marcia dei decreti attuativi della giustizia, li invitiamo pubblicamente a mettere sotto controllo tutte queste piccole bandiere politiche che incidono anche poco in termini di finanza pubblica ma incidono in modo pesante sulla nostra credibilità attuale e pongono le basi perché fuori dell’Italia si torni a pensare che la guida del Paese è finita nella mani di un governo della Destra sovranista non liberale e non di quello che vuole e deve assolutamente essere e, cioè, un governo della Destra conservatrice moderna. Sotto il velo dell’approvazione europea della manovra avvenuta ieri, si annidano le insidie di una china pericolosa di criticità che va stroncata sul nascere.

Oggi la premier italiana alzerà la voce in Europa e ne sottolineerà la miopia soprattutto sui temi energetici, avendo ragione in modo sacrosanto, ma questo purtroppo non cambierà la situazione. Perché non domani, ma almeno dopodomani succeda qualcosa di serio che è peraltro assolutamente necessario, bisogna giocare e vincere la partita in Italia sgombrando il tavolo dalle bandierine che non portano voti e fanno male al Paese e bisogna tenere ben salde le alleanze strategiche in Europa che per noi sono obbligate oltre che cruciali. Si può ancora aggiustare tutto, ma bisogna agire subito.

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