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Siamo davanti a una doppia crisi del Pd pericolosa. Perché Schlein e Bonaccini scambiano il protagonismo barricadero come l’inizio della rinascita. Invece è la fuga dal loro capitale storico che è il capitale di governo che, a sua volta, determina per la Meloni la perdita di un polo dialettico che ne bilanci l’azione. L’esigenza di sicurezza della stabilità del Paese fa i conti con il pasticcio banche, ma anche con il rischio di un Pd che si ricompatta intorno all’estremismo che fa sempre danni. Alla Meloni conviene favorire la rimonta responsabile di Bonaccini

Continua ad essere pericolosamente sottovalutata la perdita di credibilità che ha avuto per il governo italiano il pasticcio salviniano sulle banche. Si continua a non capire che si è dato ai grandi fondi internazionali e alle agenzie di rating proprio quello che serve per non fidarsi più di noi. Parliamo di pasticcio perché non è in discussione il diritto dovere di porre la questione della maggiore remunerazione dei depositi visti i tassi applicati per farti credito e neppure la legittimità dell’obiettivo di chiedere alle grandi banche di fare uno sforzo straordinario a sostegno di chi ha poco o niente.

No, il punto è che questo governo ha dimostrato al mondo intero di non conoscere il linguaggio fondamentale dei mercati arrivando ad annunciare per bocca del suo vicepremier un provvedimento che avrebbe fatto chiudere una miriade di piccole banche e presentato un conto ai contribuenti italiani inimmaginabile per gli effetti sulla sua quarta banca a controllo pubblico che è Mps. La vera perdita di credibilità è scattata quando il ministro dell’Economia Giorgetti dello stesso governo ha dovuto scrivere che era a rischio la stabilità finanziaria e, per questo, restringeva il perimetro della supertassa sulle banche dal previsto massimo iniziale fino al 25% del patrimonio netto a un tetto massimo pari allo 0,1% dell’attivo lordo.

Ora le Borse brindano perché hanno capito che il prelievo verrà ancora ridotto, ma il precedente di fatto e comunicativo resta pericoloso rispetto a mercati e investitori globali. Per cui la Meloni fa bene a difendere la paternità politica di un intervento che ha una sua logica politica, ma deve liberarlo da ogni forzatura tecnica di stampo populista come non dovrà mai più prestare ascolto a tutte le sirene populiste. Presti viceversa ascolto alla saggezza di Tajani che la ha invitata subito a chiudere questo paparacchio e ha le antenne giuste interne e internazionali. È in gioco su questo punto, considerato in modo allargato, la stabilità finanziaria e politica del Paese. Che è, a sua volta, messa ancora di più a rischio dalla subdola crisi del Pd.

Che riguarda l’estate militante del salario minimo sempre fuori tono e fuori misura di Elly Schlein e il rebus della ricostruzione post alluvione che sta cambiando l’abito mentale e comportamentale di un riformista nato qual è Stefano Bonaccini.

L’esigenza di sicurezza della stabilità del Paese, dunque, non fa più solo i conti con il pasticcio banche da chiudere con pubbliche scuse, che è un colpo di sole di mezza estate del governo, ma anche con una sinistra che spara sul governo a getto continuo con l’anima movimentista e anche con quella riformista che ne ricalca sorprendentemente il metodo sul tema caldo della ricostruzione post alluvione. Siamo davanti a una doppia crisi del Pd doppiamente rischiosa. Perché i protagonisti, Schlein e Bonaccini, sembrano non rendersene conto e scambiano questo protagonismo barricadero come l’inizio della rinascita. Invece è la fuga dal loro capitale storico che è il capitale di governo che, a sua volta, determina per la Meloni la perdita di un polo dialettico che bilancia l’azione di governo assolutamente indispensabile in un momento di grandi difficoltà globali e interne come è quello attuale.

La domanda è come mai Bonaccini fa quello che spara sul governo? È abbastanza sintomatico che stia tagliando lui i ponti di dialogo con il governo un po’ come ha fatto quando decise di candidarsi per la seconda volta alla guida della Regione Emilia-Romagna. Quando si mise gli occhiali a goccia e si fece crescere la barba. Bonaccini sta cambiando di nuovo look per che cosa? Perché si vuole mettere in concorrenza con la Schlein? Perché vuole ricandidarsi al terzo mandato o alle europee? O, forse, ancora di più, perché vuole ricandidarsi a scalare il Pd? Di certo c’è dietro qualcosa perché sul dopo alluvione il governo può anche avere qualche colpa nonostante la scelta eccellente di Figliuolo, ma un attacco così diretto di Bonaccini alla Meloni – dicono troppi sottobanco – rivela la sua preoccupazione di difendere un modello regionale sotto processo.

La Schlein era assessore al clima e non ha fatto niente. Che poteva fare? Girare con l’ombrello o sparare i razzi contro le nuvole? Il problema vero è un problema di gestione del territorio e sono davvero tanti i sindaci arrabbiati perché il territorio è stato lasciato andare sotto l’influsso di un ambientalismo scemo che imponeva di difendere ogni strisciolina di verde e di un’idea di sviluppo da primato che impone di costruire strade e fare di tutto senza porsi il problema della sicurezza. Si scontano la cultura “genericamente ecologica- futurista” della Schlein e gli effetti della responsabilità politica di chi guida una Regione che doveva fare il suo e non lo ha fatto. Ci sono evidentemente anche questo tipo di considerazioni nervose dietro lo sbandamento barricadero di Bonaccini.

Che va ad aggiungersi alla spinta permanente della Schlein a trasformare il Pd nel partito dell’agitazione e della contestazione permanenti fino ad annullarsi e diluirsi dentro il mistero dei grillini che restano alti nei sondaggi. Prima Bonaccini aveva alle spalle il tesoretto della ricostruzione industriale, ora ha invece davanti a sé da sciogliere il rebus delle zone industriali ben organizzate e di una Romagna che sembra emergere come una terra di speculazione turistica un po’ più approssimativa per cui viene sempre prima di portare a casa tutto quello che dobbiamo portare a casa. Oggi per la prima volta si fanno i conti con la ricaduta turistica negativa dell’alluvione in Romagna e si scopre che i contraccolpi rispetto al resto del Paese si avvertono. Anche all’interno del partito ci si rende conto che il modello emiliano di successo del Pd avverte qualche scricchiolio e al posto di tenere la barra ferma anche Bonaccini comincia a agitarsi troppo.

Per quanto vi potrà sembrare paradossale a rischiare di più per questa crisi del Pd è proprio la Meloni. Perché? Perché questo nuovo movimentismo di Bonaccini rischia di ricompattare il Pd intorno all’estremismo che è proprio quello che a lei non conviene. A lei viceversa conviene di favorire la rimonta responsabile di Bonaccini come aveva fatto all’inizio. Perché, altrimenti, tra le strambate di Salvini e Bonaccini regalato alla Schlein, aumentano gli elementi di instabilità del quadro italiano. Proprio quando siamo tornati per la prima volta sotto osservazione internazionale dopo nove mesi dove tutto era andato sorprendentemente bene. Sarebbe davvero un peccato.


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