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Sembra quasi un paradosso che nel periodo d’oro dell’export agroalimentare (nel 2021 ha sfondato quota 52 miliardi, con una crescita del 9% sul 2020), in una situazione in cui, come ha rilevato nella sua analisi la Coldiretti, non c’è mai stato tanto made in Italy sulle tavole nel mondo, si profili in Italia il rischio di scaffali vuoti.

 Una serie di fattori, dal caro bollette all’exploit dei costi delle materie prime, dalle bizze climatiche alle speculazioni fino allo stop degli autotrasportatori, sta creando uno stato di profondo disagio alle imprese del settore, che potrebbero decidere di ridurre la produzione. Su tutto i venti di guerra.

UNA TEGOLA DOPO L’ALTRA

Tra tagli produttivi e merci bloccate i consumatori potrebbero presto trovare supermercati a secco o comunque con prezzi, se possibile, ancor più insostenibili. È vero che in una situazione in cui si delineano strategie belliche da brivido, con scenari estremi che potrebbero causare gravissime perdite umane, parlare di caro bollette, come ha detto il direttore dell’Istituto affari internazionali, Nathalie Tocci, denota solo i limiti di una politica estera nazionale: ma d’’altro canto non si può dimenticare il Paese reale. Fatto di consumatori che devono fare i conti con i prezzi alle stelle della frutta, della carne, del pane e della pasta e che sono costretti a tirare la cinghia per pagare luce e gas. Mentre non un centesimo in più finisce agli agricoltori, che continuano a incassare pochi spiccioli.

Qualche esempio? Il latte viene pagato agli allevatori 38 centesimi al litro, ma per produrlo ne servono 46 (secondo il ministero delle Politiche agricole), il pomodoro 10 centesimi al chilo (mentre costa di più la bottiglia), 31 per il grano tenero destinato al pane, 43 al chilo per le arance e addirittura 18 per le carote. 

Tutto questo si cala in una fase già profondamente segnata dagli effetti della pandemia che ha messo sul lastrico molti operatori della ristorazione e del turismo con un effetto che, ancora una volta, si è riverberato sull’agricoltura.

Alla base, comunque, c’è sempre la famigerata bolletta energetica che sta inceppando il sistema produttivo. Per gli autotrasportatori, per esempio, vale il 30% dei costi: da qui la protesta che è partita da Puglia e Sicilia e sta coinvolgendo tutto il Sud. Ed è già emergenza. La Coldiretti ha lanciato l’allarme su decine di migliaia di euro di prodotti che rischiano di andare in fumo. Limoni, arance e ortaggi di Sicilia e Puglia, già confezionati e pronti a rifornire i mercati europei, sono al palo.  E se non si trova subito una soluzione i prodotti marciranno.

D’altra parte in Italia il trasporto delle merci viaggia per l’85% su gomma e dunque senza alternative non resta che mandare al macero l’ortofrutta. Ancora una calamità per il Sud, in particolare per la Sicilia già duramente colpita dal maltempo che ha distrutto nella piana di Catania molti agrumeti.

TRASPORTI E MALAVITA

A soffrire sono infatti i prodotti freschi già penalizzati dal gap logistico con trasporti onerosi che rendono molto meno competitiva l’offerta italiana rispetto alle analoghe produzioni di competitor come la Spagna. Il costo medio chilometrico per il trasporto pesante delle merci era, prima dell’impennata dei costi, di 1,12 euro al chilometro, più alto di quello praticato in Spagna, Francia e Germania e doppio rispetto ai Paesi dell’Est (fonte: Centro Studi Divulga). E una bolletta logistica valuatata 13 miliardi. Arance, clementine, uva, vanto della Dieta mediterranea, con pomodori e ortaggi rischiano di pagare un conto salato.

Una situazione di profondo rosso per le aziende agricole che finiscono stritolate anche dalla malavita. La frutta è sottopagata e gli agricoltori non riescono neppure a coprire i costi, ma alla vendita i prezzi sono elevati, più che triplicati dal campo alla tavola. A beneficiarne è la criminalità organizzata che si appropria di business che arrancano, ma che diventano oro nelle mani delle cosche.

L’ultima operazione delle Forze dell’ordine di qualche giorno fa ha scoperto infiltrazioni della malavita nel settore della commercializzazione dell’ortofrutta in Sicilia e Calabria. Secondo l’Osservatorio Agromafie di Coldiretti il giro d’affari criminale ha raggiunto 24,5 miliardi. Quando il sistema è nell’incertezza economica, secondo un copione consolidato, ad arricchirsi sono false imprese senza scrupoli. E l’agroalimentare, che con oltre 570 miliardi è il primo settore italiano, fa sempre più gola.

 Intanto il futuro si profila ad alto rischio. Per gli approvvigionamenti di gas, nonostante le rassicurazioni della Russia, ma anche per gli acquisti di grano   e non solo (l’Italia attualmente importa il 64% del grano tenero per il pane e il 44% di quello duro per la pasta, oltre al 16% del latte e al 49% della carne) tenendo conto che l’Ucraina e in parte anche la Russia sono fornitori di materie prime alimentari. Mentre la Cina continua ad accaparrarsi prodotti strategici (anche frumento e mais) destabilizzando ancor di più i mercati.

LE CONTRAFFAZIONI

Per quanto riguarda la Russia l’embargo deciso nel 2014 da Putin, a seguito delle sanzioni Ue, che ha colpito formaggi, carni, salumi, frutta e verdura, è costato all’Italia oltre 1,5 miliardi. E al danno diretto per le mancate esportazioni si aggiunge – ha denunciato Coldiretti – la beffa della diffusione di falsi. Nei supermercati russi infatti si possono acquistare mozzarelle contrassegnate dal marchio “Casa Italia”, ma anche insalate “Buona Italia”, così come eccellenze taroccate si trovano nei ristoranti. Nonostante tutto, però, l’export continua a tirare e nel 2021 ha segnato un aumento del 14% al traino di pasta, vino e spumante non colpiti dall’embargo.

L’AGROENERGIA

Questo dunque il quadro tra volatilità dei mercati e venti di guerra. Ma può essere anche il momento giusto per una virata. Si può, per esempio, partire dall’agroenergia per un alleggerimento della bolletta. Il governo sta mettendo a punto i primi tasselli.  Entro fine marzo sarà pronto il bando per accedere a 1,5 miliardi di finanziamenti per gli investimenti nei pannelli fotovoltaici da installare sui tetti delle stalle e dei fabbricati rurali.

Secondo le stime di Coldiretti potrebbe essere interessato più di un migliaio di edifici. La superficie complessiva prevista è di 4,3 milioni di mq per 0,43 GW e senza consumare terreno fertile. E va nella direzione di un potenziamento delle fonti energetiche pulite anche la conferma degli incentivi per piccoli impianti di biogas fino a 300Kw contenuta nel Milleproroghe. Il complesso delle misure dirette e indirette per l’agroalimentare inserite dal Pnrr potrà cambiare la direzione di marcia, soprattutto al Sud.


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