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Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea

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STOP alle importazioni di petrolio russo entro sei mesi, dei prodotti raffinati entro l’anno, esclusione immediata di Sberbank dal sistema Swift e di altre due banche russe, e una bielorussa, bando in Europa delle tre principali emittenti russe, estensione della blacklist che comprende anche il patriarca della Chiesa ortodossa Kirill: l’escalation militare del Cremlino in Ucraina impone l’escalation delle sanzioni Ue.

Con il bando all’oro nero di Mosca la Commissione europea mira ad assestare un altro forte colpo all’economia della Russia. La presidente Ursula von der Leyen ha illustrato ieri Parlamento europeo il sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca, che prevede «un completo divieto di importazione di tutto il petrolio russo, sia via mare sia via oleodotto, greggio e raffinato».

L’abbandono delle forniture russe sarà quindi graduale per consentire agli Stati di assicurarsi vie di approvvigionamento alternative. «Massimizziamo la pressione sulla Russia, riducendo allo stesso tempo al minimo i danni collaterali a noi e ai nostri partner in tutto il mondo. Perché per aiutare l’Ucraina, la nostra stessa economia deve rimanere forte», ha affermato von der Leyen illustrando il provvedimento nell’aula di Strasburgo.  «Non darà facile – ha poi riconosciuto considerando la forte dipendenza dall’oro nero russo di alcuni Stati – ma dobbiamo semplicemente farlo».

Intanto la gradualità dell’operazione mira anche a garantire al pacchetto un via libera unanime da parte dei Ventisette. Che però intanto non è ancora arrivato. Ieri la riunione, a Bruxelles, del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso la Ue (Coreper), che doveva discutere il nuovo pacchetto di sanzioni, ha chiesto più tempo per un esame più approfondito, dal momento che il testo è arrivato nelle diverse capitali intorno alla mezzanotte di martedì.  Una nuova riunione, convocata dalla presidenza francese, potrebbe svolgersi oggi, ma appare più probabile che gli ambasciatori tornino a discutere delle sanzioni nel Coreper di venerdì, già stato convocato da tempo.

Se non sembrano esserci grandi riserve sul capitolo finanziario, come sull’estensione della lista delle persone sanzionate, sul blocco del petrolio le resistenze non arrivano solo dall’Ungheria e dalla Slovacchia che pure, secondo la proposta della Commissione, potrebbero contare su una deroga fino al 2023, per via della loro totale dipendenza dalle importazioni russe e della mancanza di un accesso al mare che non consente un rapido switch ad altri fornitori per riempire le petroliere. Una deroga che Budapest ha considerato comunque insufficiente. Il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, ha quinidi annunciato il veto sulla proposta di Bruxelles definendola «inaccettabile». Netta anche la posizione della Slovacchia: l’embargo al petrolio russo «distruggerà la nostra economia europea», ha detto il ministro dell’Energia, Karol Galek, a Politico, sostenendo inoltre che «danneggerà le forniture per la Slovacchia, la Repubblica ceca e anche l’Ucraina».

La Bulgaria ha chiesto una deroga perché, ha spiegato il ministro delle Finanze, Assen Vassilev, pur potendo fare a meno del petrolio russo dal punto di vista tecnologico, l’embargo «aumenterebbe notevolmente il costo dei carburanti nel Paese». La Repubblica Ceca ha dichiarato il suo appoggio ma ha chiesto più tempo, ha spiegato il premier Petr Fiala, «per poter aumentare le capacità dell’oleodotto (alternativo) attraverso il quale ricevere greggio», mentre la Grecia, temendo l’impatto sul suo settore navale, ha criticato il divieto di trasportare il petrolio russo navi battenti bandiera di Stati Ue. Si è detta «preparata», per voce del cancelliere Olaf Scholz, la Germania. «I Paesi dell’Ue che continuano a opposi all’embargo del petrolio russo sono complici dei crimini commessi da Mosca in Ucraina», ha tuonato, via Twitter, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Accogliamo con favore l’embargo del petrolio russo da parte dell’Ue, non siamo felici del rinvio di sei mesi, ma è meglio di niente», ha poi aggiunto il ministro che, intanto, nel corso di un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri,

Luigi Di Maio, ha ringraziato – come racconta lui stesso ancora su Twitter – «la leadership dell’Italia sulle sanzioni» alla Russia, «incluso l’embargo sul petrolio, e le consegne di armi all’Ucraina». «Roma – gli ha infatti assicurato Di Maio – sostiene la proposta della Commissione sul sesto pacchetto di sanzioni senza alcun veto. Abbiamo inoltre la volontà di perseguire tutti i crimini di guerra e il  nostro Paese sta aiutando il popolo ucraino a difendersi dall’invasione russa». Dal canto suo, intanto, il premier Mario Draghi, durante l’incontro con il primo ministro giapponese Fumio Kishidaha a Palazzo Chigi, ha ringraziato il Giappone per «aver accettato con straordinaria prontezza che carichi di gas naturale liquefatto già pre-contrattualizzati con Paesi terzi siano reindirizzati verso l’Europa».

Per il Cremlino la mossa di Bruxelles «è un’arma a doppio taglio» e avrà un costo elevato per i Paesi Ue. Il portavoce del presidente russo Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha affermato che «il costo di queste sanzioni per i cittadini europei aumenterà di giorno in giorno», aggiungendo che il Cremlino sta esaminando «varie opzioni» per rispondere alle nuove misure. Intanto, segnala il Financial Times, alcune raffinerie indipendenti cinesi stanno già acquistando petrolio russo a prezzo ribassato. Pechino starebbe evitando di operare direttamente tramite i suoi “giganti” per evitare reazioni da parte degli Stati Uniti. Altre allo stop al greggio, il sesto pacchetto proposto a Strasburgo dalla presidente von der Leyn contiene un elenco di militari di alto rango e altre persone che hanno commesso crimini di guerra a Bucha e che sono responsabili dell’assedio della città di Mariupol.

«Questo – ha detto von der Leyen – invia un altro segnale importante a tutti gli autori della guerra del Cremlino: sappiamo chi sei e sarai ritenuto responsabile». L’esclusione dal sistema Swift si estende a Sberbank, la più grande banca russa, e ad altre due banche, Russian Agricoltural Bank e Moscow Credit Bank, alle quali si aggiunge anche la bielorussa Belinvest. «Colpiamo le banche chiave dal punto di vista sistemico per il sistema finanziario russo e la capacità di Putin di finanziare la distruzione», ha spiegato la presidente.

La Ue “chiude” poi le onde radio a tre grandi emittenti statali russe che non potranno più diffondere, quindi, i loro contenuti in nessun modo. «Abbiamo identificato questi canali TV come portavoce che amplificano le bugie e la propaganda di Putin in modo aggressivo. Non dovremmo più dare loro un palcoscenico per diffondere queste bugie», è la spiegazione.  Stop ai servizi forniti da contabili, consulenti e spin doctor europei al Cremlino e alla società russe. «Con tutti questi passaggi, stiamo privando l’economia russa della sua capacità di diversificarsi e modernizzarsi. Putin – ha concluso la presidente della Commissione – voleva cancellare l’Ucraina dalla carta geografica: chiaramente non ci riuscirà; al contrario, l’Ucraina si è sollevata unita, ed è invece il suo stesso paese, la Russia, che sta affondando».


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