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Il presidente della Cina Xi Jinping e quello russo Vladimir Putin

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LA POSIZIONE della Cina nel conflitto fra la Russia e l’Ucraina si fa sempre più ambigua. E’ evidente che “l’amicizia senza limiti” fra Pechino e Mosca – più esattamente fra Putin e Xi Jinping – ha invece precisi limiti. Essi consistono negli interessi nazionali cinesi. La loro differenza si accresce con la durata della guerra, con la dimostrazione dell’unità e della determinazione degli USA e dei loro alleati nel sostenere l’Ucraina e dell’incapacità russa di conseguire la vittoria.

Formalmente, la Cina ha sostenuto la Russia, pur astenendosi dal condannarla alle Nazioni Unite, ma ripetendo il suo sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità di Kiev (per inciso, non ha riconosciuto l’annessione della Crimea alla Russia). Ha, comunque, sostenuto che la responsabilità del conflitto ricada sugli USA e sulla NATO e che l’Occidente non abbia tenuto conto delle legittime preoccupazioni di Mosca per la sua sicurezza. Ha sostenuto anche che l’iniziativa russa è nel “solco della storia”, nel senso che si tratta di una reazione alle provocazioni di uno Occidente in declino, ma super-armato, che cerca di mantenere la sua egemonia, in un nuovo ordine mondiale multipolare, se con “sino-centrico”. In questo suo progetto (molto simile alla “Trappola di Tucidide”, teorizzata da Graham T. Allison), la Russia trova il sostegno di oltre la metà della popolazione mondiale, che non vede l’ora di abolire le ultime vestigia dell’imperialismo e del colonialismo occidentali. Passando dalle parole ai fatti, la politica cinese è molto più sfumata. Molte delle principali banche cinesi hanno sospeso gli investimenti in Russia, per il timore di essere colpite dalle sanzioni “secondarie”, che gli USA hanno già minacciato, in caso di interferenze sul regime sanzionatorio deciso verso la Russia.

La Cina ha ritirato dalla Russia la DJI Tech. Ltd., la principale costruttrice di drones del mondo. La Sinopec e la CNOOC hanno concluso con società USA contratti per l’acquisto di vari milioni di ton di LNG. Sono diminuite le violazioni della Zona d’Identificazione Aerea di Taiwan. Nelle riviste militari cinesi viene sottolineato come i combattimenti in Ucraina abbiano dimostrato che, nell’attuale fase di sviluppo della tecnologia militare, la difesa abbia una superiorità strutturale sull’attacco. In pratica, sostengono che se un’occupazione di Taiwan – trasformata in fortezza, secondo la logica della “strategia del riccio”, adottata dall’isola – era già difficile precedentemente, ora lo è divenuta ancor più, con l’afflusso dei nuovi armamenti americani, che tanta efficacia hanno dimostrato in Ucraina. La debolezza dimostrata da Mosca, modifica la valutazione dei rapporti di forza fra la Cina e l’Occidente.

La Cina ha preso atto che, malgrado il suo declino, gli USA e i loro alleati sono ancora troppo forti per poter essere sconfitti. La politica aggressiva, che potrebbe portare a uno scontro armato, deve essere attenuata a favore di una più conciliante. Essa potrebbe indurre Pechino a svolgere un ruolo più attivo nella composizione del conflitto in Ucraina, pur nella consapevolezza che il suo prolungamento consente a Pechino di approfittare della crisi di Mosca, da un lato, acquisendo a prezzo di fallimento gioielli industriali e risorse naturali russe e, dall’altro, tenendo gli USA impegnati al di fuori del teatro operativo dell’Indo-Pacifico, centrale nella competizione sino-americana.

Pechino guarda con preoccupazione il rafforzamento dei legami degli USA con i loro alleati europei e asiatici, il rafforzamento del QUAD (malgrado i legami dell’India con la Russia per l’Ucraina), l’AUKUS e la nuova iniziativa-quadro americana per l’Indo-Pacifico (IPEF – Indo-Pacific Economic Framework), che riprende molti progetti del TPP, abbandonato dagli USA durante l’Amministrazione Trump. La telefonata di Macron a Xi Jinping ha riguardato sia il coinvolgimento cinese nel tentativo di far cessare il conflitto in Ucraina, sia l’esportazione delle riserve di cereali ucraine, per attenuare lo spettro della fame, che potrebbe destabilizzare il terzo mondo, anche perché, senza esportazioni, il nuovo raccolto ucraino non troverebbe i silos per essere conservato. Per questo secondo punto è quasi sicuro che Pechino effettui pressioni, che Mosca non potrà rifiutare. Per la pace in Ucraina, le cose sono molto più complesse.

Nelle attuali condizioni, non ritengo possibile alcun accordo di pace. Al massimo, si potrà puntare su una tregua delle operazioni, con qualche forma di garanzia internazionale. Sarà un “boccone amaro” per Putin. Nell’aggressione ha posto in gioco il prestigio delle forze armate russe, fattore indispensabile per ogni progetto di restaurazione della grandezza di Mosca. Anche una semplice tregua umanitaria equivarrebbe a una sconfitta. Sarà difficile anche che Kiev la possa accettare, qualora non sia sottoposta a forti pressioni USA. Quelle europee contano poco. Gli aiuti militari americani sono quantitativamente e qualitativamente molto superiori a quelli europei. Soltanto qualche improvvisato stratega nostrano può pensare che il non trasferimento di armi pesanti all’Ucraina possa facilitare la pace. Nell’attuale guerra di posizione, solo esse hanno importanza. Quelle leggere potrebbero essere tranquillamente sostituite da “gianduiotti”. Almeno, risparmierebbero al nostro Paese il sarcasmo generale. In ogni modo, indispensabile per una tregua è un accordo fra russi e ucraini. I primi vanno sottoposti a pressioni cinesi. I secondi a quelle americane.

A parer mio non è un caso che contemporaneamente alla telefonata di Macron a Xi Jinping, il Segretario alla Difesa USA, Austin, abbia contattato il Ministro della Difesa russo, Šojgu, utilizzando verosimilmente la Deconflicting Line, che collega i capi militari delle due superpotenze per cercare di evitare lo scoppio, per errore, di una guerra nucleare. E’ stato indubbiamente un successo per il presidente Draghi, latore a Washington della richiesta europea di un dialogo diretto fra gli USA e la Russia per l’Ucraina. Può darsi che qualcosa si stia sbloccando. Si sbloccherà, a parer mio, solo se la nuova offensiva russa nel Donbass, condotta con i rinforzi racimolati in tutta la Russia, sarà respinta dagli ucraini. 


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