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Papa Francesco

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All’Angelus di domenica, papa Francesco ha pronunciato finalmente la parola-tabù. Ancora nessun riferimento diretto a Putin, ma almeno ha parlato espressamente di «invasione» dell’Ucraina.

Ci ha messo trentun giorni per arrivarci, per superare remore personali e cautele diplomatiche. E ora che l’ha fatto, ora che in qualche modo ha riconosciuto che si è trattato di una palese violazione del diritto internazionale, e dei diritti di uno Stato sovrano, c’è il rischio però che il Papa si sia precluso le possibilità che aveva di compiere una qualche opera di mediazione.

L’UCRAINA E LE INIZIATIVE DISCUTIBILI DEL PAPA

Bergoglio, già di suo, odia la guerra. Ha cominciato a odiarla, come lui stesso ha detto, attraverso i racconti del nonno che aveva combattuto sul Piave. Poi, c’è da tener conto che è un gesuita, portato al pragmatismo, al compromesso, ad «armonizzare – sono parole sue – i conflitti».

È un latinoamericano, anzi, un argentino, che da sempre ha avuto una certa “antipatia” nei confronti degli Stati Uniti. Non solo, ma da Papa venuto dalle “periferie”, dal sud del mondo, ha fatto sì che la diplomazia vaticana instaurasse rapporti più distesi con la Cina e la stessa Russia, ritenendola una preziosa alleata nella difesa delle minoranze cristiane in Medio Oriente e in Siria.

E, come se non bastassero già tutti questi motivi, s’è aggiunta la particolarità di una crisi, quella ucraina, che ha sicuramente un “soggetto” con tanto di nome e cognome che l’ha scatenata, ma ha anche all’origine tante responsabilità, tante occasioni mancate di risolverla, da parte dello stesso Occidente.

Così, spinto forse da consiglieri troppo imbevuti di ideologia e meno attrezzati ecclesialmente, papa Francesco aveva preso una serie di iniziative quanto meno discutibili. La visita all’ambasciata russa, prima ancora di esprimere solidarietà al popolo ucraino con le telefonate – soltanto il giorno dopo – all’arcivescovo greco-cattolico di Kiev, Shevchuk, e al presidente Zelensky.

Quindi, all’Angelus del 27 febbraio, quell’accenno incredibilmente breve a quanto era successo, limitandosi a denunciare la «logica diabolica delle armi».

NUOVI TONI DEL PAPA SULL”INVASIONE” DELL’UCRAINA

E, appunto da lì, è cominciato un cammino lastricato di difficoltà. Il Papa, sotto il peso di non poche critiche, ha cambiato toni e parole: «violenta aggressione», «massacro insensato», «sacrilegio».

Sentendosi nuovamente con Zelensky, è arrivato a dire di «capire» (capire, non accettare) che gli ucraini dovessero difendersi, difendere la loro patria. Salvo poi uscir fuori di nuovo con il suo odio per la guerra, definendo «pazzi» quegli Stati (l’America, ma anche l’Europa, anche l’Italia) che avevano aumentato del due per cento le spese militari, per aiutare gli ucraini.

Ma, a far crollare il già così debole disegno bergogliano, è stato l’intervento del patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, la sua giustificazione della guerra non soltanto sul piano geopolitico ma addirittura su quello metafisico: e cioè, la guerra come una lotta di chi sta «dalla parte della verità di Dio» contro quanti vogliono instaurare un nuovo ordine mondiale fondato sul consumismo, sulle false libertà, sui falsi valori, e perfino sulle parate del Gay pride.

LA SPONDA CROLLATA

Quando nel 2003 si stava profilando la guerra del Golfo, Giovanni Paolo II aveva fatto di tutto per fermarla. Poi, una domenica, si era affacciato alla finestra per l’Angelus, aveva messo da parte il testo che era stato preparato dalla Segreteria di Stato, e aveva portato la sua esperienza personale, di uno che aveva conosciuto la tragedia di un conflitto. E aveva esclamato: «Mai più la guerra! Mai più la guerra!».

Era la sepoltura definitiva di qualsiasi ulteriore tentativo di dare una qualche legittimità alla cosiddetta “guerra giusta”. E se non era riuscito a fermare la guerra in Iraq, papa Wojtyla aveva comunque salvato l’umanità da uno scontro, ancora peggiore, tra civiltà.

Ma adesso, con un Kirill che ha dato all’invasione dell’Ucraina proprio il senso di una guerra in difesa di valori, e dunque venuta a mancare la principale “sponda” ortodossa, come farà papa Francesco ad avere ancora una autorevolezza e uno spazio di manovra per far terminare quanto prima questa «inutile strage»?


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