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Sergio Mattarella a Palermo

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ROMA – «Il silenzio assordante dopo l’inaudito boato rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provò il Paese di fronte a quell’agguato senza precedenti, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Del tutto al contrario di quanto avevano immaginato gli autori del vile attentato, allo smarrimento iniziale seguì l’immediata reazione delle Istituzioni democratiche».

Con queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Palermo, ha aperto il suo intervento in occasione delle commemorazioni per i 30 anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e gli agenti della scorta.

«Il dolore e lo sgomento di quei giorni divennero la drammatica occasione per reagire al violento attacco sferrato dalla mafia; a quella ferocia la nostra democrazia si oppose con la forza degli strumenti dello Stato di diritto – ha aggiunto il capo dello Stato -. Altrettanto significativa fu la risposta della società civile, che rifiutò di subire quella umiliazione e incoraggiò il lavoro degli investigatori contribuendo alla stagione del rinnovamento».

«Nel 1992 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vennero colpiti perchè, con professionalità e determinazione, avevano inferto colpi durissimi alla mafia, con prospettive di ulteriori seguiti di grande efficacia, attraverso una rigorosa strategia investigativa capace di portarne allo scoperto l’organizzazione – ha sottolineato Mattarella -. La mafia li temeva per questo: perchè capaci di dimostrare che non era imbattibile e che lo Stato era in grado di sconfiggerla attraverso la forza del diritto. Onorare oggi la memoria di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino vuol dire rinnovare quell’impegno, riproponendone il coraggio e la determinazione. L’impegno contro la criminalità non consente pause nè distrazioni».

«Falcone era un grande magistrato e un uomo con un forte senso delle istituzioni. Non ebbe mai la tentazione di distinguere le due identità perchè aveva ben chiaro che la funzione del magistrato rappresenta una delle maggiori espressioni della nostra democrazia e, in qualunque ruolo, ha sempre inteso contribuire, con competenza e serietà, all’affermazione dello Stato di diritto – ha proseguito il presidente -. La portata della sua eredità è resa evidente anche dalle modalità della celebrazione di oggi, attraverso la quale viene rinnovato l’impegno contro la mafia».

«Insieme a Paolo Borsellino avviarono un metodo nuovo d’indagine, fondato sulla condivisione delle informazioni, sul lavoro di gruppo, sulla specializzazione dei ruoli; questo consentì di raggiungere risultati giudiziari inediti, ancorati ad attività istruttorie che poggiavano su una piena solidità probatoria – ha detto ancora Mattarella -. Le visioni d’avanguardia, lucidamente “profetiche”, di Falcone non furono sempre comprese; anzi in taluni casi vennero osteggiate anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle. Anche l’ordinamento giudiziario è stato modificato per attribuire un maggior rilievo alle obiettive qualità professionali del magistrato rispetto al criterio della mera anzianità, non idoneo a rispondere alle esigenze dell’Ordine giudiziario. Le esperienze innovative di quegli anni si sono tradotte, all’indomani dei drammatici attentati, in leggi che hanno fatto assumere alla lotta contro la mafia un livello di incisività ed efficacia mai raggiunto fino ad allora».


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