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Giovanni Brusca, alla sua destra una foto di Falcone e Borsellino

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L’Italia e la patria dell’ipocrisia e delle eccellenze. Le eccellenze servono a coprire la qualità medio pessima dei servizi, come la sanità, per esempio. L’ipocrisia copre, come un’enorme mutanda ottocentesca, piena di bottoni, nastri e carrucole, la pessima coscienza di una buon parte del Paese che viene accuratamente mantenuta con apposite campagne piagnone e inginocchiate.

Il caso Brusca (LEGGI) e esemplare. Brusca è quel serial killer che tutti conosciamo, il boia che ha strangolato un bambino per poi di scioglierlo nell’acido, ma è anche uno che ha permesso di sviluppare le inchieste antimafia.

Tecnicamente parlando è un traditore a pagamento. Nel linguaggio della mala, un infame. Giuridicamente parlando è un collaboratore di giustizia. In America si chiamano testimoni sotto protezione. Se tu sei un delinquente occasionale, o giusto per una volta, puoi chiedere di entrare nell’apposito programma in cui tu offrirai informazioni verificabili in cambio di sconti di pena.

PRATICA ABBIETTA, VISCIDA E NON MISURABILE

Non esiste in giurisprudenza una cosa così abbietta, viscida e non misurabile con alcuno strumento come il pentimento. Si deve dire invece che Brusca è un pentito. Brusca non è pentito di nulla, mentre l’altro e primo grande pentito della mafia fu Tommaso Buscetta.

Io ho in casa rilegate le copie fotostatiche che mi regalò Falcone contenenti tutti i verbali autografi scritti a mano da Giovanni Falcone mentre interrogava Tommaso Buscetta. A tu per tu. Nessun cancelliere, perché Falcone non voleva terze persone. Tu parli, io ti sconto. Tu menti, io ti aumento la pena. Quando Buscetta tentò di incastrare Andreotti mentre vuotava il sacco con Falcone, questi se ne accorse e lo denuncio.

Tutta la storia della guerra tra lo Stato e gli assassini delle Brigate Rosse è una storia di collaboratori di giustizia, immediatamente definiti pentiti, che semplicemente avevano capito di aver perso la loro sporca guerra e preferivano passare dalla parte dello Stato denunciando i compagni delle loro campagne omicide.

Quei brigatisti non avevano alcun onore perché i loro delitti erano delle esecuzioni eseguite alla schiena di uomini inermi, assassinati per l’abito che rivestivano: carabiniere, giornalista, giudice, poliziotto, sindacalista, politico, ed erano omicidi vili e abbietti. Non erano meno abbietti di quelli della mafia che agisce per il denaro e per il potere.

IL VERO SCANDALO

Il vero scandalo dell’affare Brusca è che noi tuttora non sappiamo perché e chi esattamente ha ucciso Falcone. E anche Borsellino. La mafia non assegna gli Oscar alla carriera. Di conseguenza Falcone e Borsellino non sono stati assassinati per odio, perché la mafia non tratta l’odio come una merce, ma soltanto l’omicidio come un’estrema necessità e le maniere con cui uccide costituiscono messaggio. Un pesce in bocca, i genitali in bocca del cadavere indicano tradimento alla famiglia o tradimento sessuale.

Far saltare in aria con un’operazione da commando militare il giudice Falcone significherà ben qualcosa. Ma non hanno detto esattamente che cosa, e se lo chiedeva proprio Brusca durante il processo quando disse a un giornalista al microfono: «Ma vi pare a voi, dottore, che un uomo ignorante come me può mettere insieme un macchinario come quello con cui hanno ucciso il giudice Falcone, dandomi a me soltanto un pulsante da spingere?».

LA FUNZIONE DEL PENTIMENTO

Tutti ricordiamo il pentimento di Patrizio Peci delle Brigate Rosse e di suo fratello. La prima operazione di successo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che sconvolse la struttura e criminale della banda armata. Il fratello di Peci fu fucilato dai Brigatisti Rossi e l’esecuzione fu filmata (non esistevano i cellulari) e diffusa per video. È il destino di molti pentiti. Tutti i parenti del pentito Buscetta fecero una brutta fine. Chi si pente lo sa e fa una scelta.

Resiste la tentazione di parlare dei pentiti come se la giustizia fosse una questione cattolica e come se i rapporti personali tra l’uomo e il suo Dio, almeno tra l’uomo e la sua coscienza, fossero un affare giuridico. Non lo è. Il pentitismo serve unicamente a svolgere indagini: è un mercato in cui si scambiano informazioni controllabili e verificate con anni di galera.

Lì comincia e lì finisce il pentimento. Tutto il resto e solamente teatro e propaganda e lo vediamo ogni volta che viene rimandata in onda quella scena da tragedia greca della vedova Schifani che recita il pezzo di «pentitevi, pentitevi – inginocchiatevi, inginocchiatevi» che lei stessa rese meno autentico con le sue parole più tardi.

LA MANIPOLAZIONE CHE CI CONDANNA

L’Italia è un Paese inferiore agli altri civili Paesi europei perché pratica questo voodoo delle coscienze, questa manipolazione che finge la bontà, che simula quanto di più abbietto possa esserci: il mercimonio di coscienze imbalsamate esposte sulle prime pagine. Forse dovremmo essere noi a vergognarci per il fatto di dare ospitalità a questi spettacoli tribali.

Nei Paesi in cui è stato legalizzato il valore di merce dell’informazione in cambio di sconti, la questione del pentimento come moto della pretesa coscienza morale del criminale che vende informazioni non è considerato parte del valore aggiunto: te la vedrai col tuo Dio, ma non romperci le scatole con i tuoi tormenti di cui non vogliamo sapere nulla. Dicci piuttosto: dove hai detto che hai sepolto quella pistola? Dove sta il cadavere di cui parlavi? Chi sono i testimoni rintracciabili che hai citato? Lì comincia e lì finisce.

Tutto il resto è trucco di scena, manipolazione, cattiva coscienza collettiva e individuale. È così che noi italiani siamo diventati figli di un Dio minore ed è (anche) per questo che tutti ci guardano come pericolosi, infidi, inclini al pianto, al pentimento, alle urla e alle scenate.

Brusca è un manovale della morte come ne abbiamo incontrati milioni nel secolo scorso. È il loro mestiere ed è antico e abominevole quanto l’uomo.

Può anche darsi che talvolta si pentano: in fondo, sono mestieri logoranti. Ma non è nostro compito esaltare la loro messinscena e poi l’indignazione per il fatto che il finto pentito sia tornato libero con tutto il sangue che ha versato. Dovremmo smettere di giocare a questo gioco: è la nostra cattiva coscienza, della quale dovremmo se non pentirci, almeno liberarci.


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