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Quando i governatori delle banche centrali di tutto il mondo si riuniscono per il simposio annuale ospitato dalla Federal Reserve a Jackson Hole nel Wyoming poche cose restano come sono. L’inflazione e gli aumenti salariali sono a livelli problematici, mentre gli indicatori economici segnalano un grave rallentamento dell’economia globale.

Mentre i banchieri centrali possono godersi la vista delle cime innevate delle Montagne Rocciose e discutere di politica monetaria ed economia, ci sono nubi scure per coloro che sperano che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell (che parlerà oggi, alle 16 italiane) lasci il revolver nella fondina. Agli occhi della Fed, la situazione richiede un’azione risoluta sotto forma di aumento dei tassi di interesse. I mercati hanno già anticipato un atteggiamento aggressivo della Fed, con il rendimento del titolo del Tesoro a dieci anni tornato sopra il 3%, dopo essere sceso fino al 2,5% all’inizio di agosto. Conseguentemente, si è rafforzato il dollaro, tornato sopra la parità con l’euro (che ora vale 0,9994 dollari) e ai massimi degli ultimi due decenni. 

GLI ELEMENTI DI BASE DELLA SITUAZIONE ECONOMICA

Il mercato del lavoro post-pandemia non mai stato così forte. L’inflazione sia “headline”, sia “core” potrebbe aver raggiunto il picco, ma il Pil è in calo. Gli indicatori macro si muovono in direzioni diametralmente opposte e questo è un problema per le decisioni che la Fed prenderà al meeting del 20 e 21 settembre per quanto riguarda l’entità del rialzo dei tassi.

I dati di ieri confermano questo scenario di incertezza. Negli Stati Uniti, il numero dei lavoratori che per la prima volta hanno richiesto i sussidi di disoccupazione, nella settimana terminata il 20 agosto, è diminuito di 2.000 unità a 243.000, secondo quanto riportato dal dipartimento del Lavoro: le attese erano per un dato a 255.000. Il dato della settimana precedente è stato rivisto da 250.000 a 245.000. Nel pieno della pandemia, gli Stati Uniti avevano registrato un massimo di 6,9 milioni di nuove richieste settimanali.

IL PRODOTTO INTERNO LORDO

Il prodotto interno lordo si è ridotto a un tasso annualizzato dello 0,6% nello scorso trimestre, ha detto il Dipartimento del Commercio nella seconda stima del Pil pubblicata ieri. Si tratta di una revisione al rialzo rispetto al calo dello 0,9% stimato in precedenza. Nel primo trimestre l’economia si era contratta a un tasso dell’1,6%. Sebbene i due cali trimestrali del Pil soddisfino la definizione standard di recessione tecnica, dati più ampi dell’attività economica suggeriscono un lento ritmo di espansione piuttosto che una recessione.

Infine, le spese dei consumatori, che rappresentano il 69% dell’economia statunitense, sono aumentate dell’1,5%, dopo il +1% in prima lettura. Il dato Pce sull’inflazione è rimasto stabile al 7,1% rispetto alla prima lettura, così come il dato “core” al 4,4%.

La conclusione è quindi chiara. L’inflazione è troppo alta e, a meno che il mercato del lavoro non si raffreddi in modo significativo, continuerà a deviare dall’obiettivo. È quindi improbabile che Jerome Powell e la Federal Reserve accolgano con favore il recente allentamento delle condizioni finanziarie. E in termini di politica monetaria, c’è solo una cosa da fare: un ulteriore inasprimento. Ciò suggerisce che assisteremo a una combinazione di indebolimento del mercato azionario, allargamento degli spread creditizi, rafforzamento del dollaro e aumento dei tassi di interesse.
Anche l’Europa si trova a un bivio, con la crescita che rallenta vistosamente e l’inflazione che cresce specialmente nel Regno Unito, dove ha già raggiunto il 10%. Dunque, le Banche centrali saranno obbligate ad agire in modo piuttosto aggressivo. 

PANETTA E LE NECESSARIE CAUTELE NELLA POLITICA MONETARIA

Fabio Panetta, membro del Board della Bce, intervenendo al congresso annuale della European Economic Association all’Università Bocconi di Milano ha sostenuto che Francoforte userà cautela nel determinare i prossimi passi di politica monetaria anche alla luce dei crescenti rischi di recessione. “Le probabilità di una recessione stanno aumentando come conseguenza della pandemia, degli shock economici e della guerra tra Ucraina e Russia. Ogni aggiustamento della politica monetaria deve essere strettamente legato ai dati, all’andamento dell’economia e prendere pianamente in considerazione le condizioni economiche dell’area euro” dice Panetta. Secondo il quale “i tassi di mercato in questo momento, se si tiene in considerazione l’inflazione, non sono lontani dai loro livelli di neutralità”.

Intanto, i verbali dell’ultima riunione di luglio, diffusi ieri, non mostrano nulla di nuovo rispetto a quanto si aspettano gli investitori: per combattere un’inflazione da record, la Bce aumenterà i tassi d’interesse anche nei prossimi incontri allontanandosi sempre di più dall’epoca dei tassi negativi. Il rialzo dei tassi di 50 punti base è stato “un primo passo più ampio” nel percorso di normalizzazione del tasso di policy rispetto a quanto segnalato nella riunione precedente, con la banca che ha applicato “i principi dichiarati di dipendenza dai dati” per dare un “chiaro segnale” della determinazione ad agire contro l’inflazione.

L’aver anticipato l’uscita dai tassi di interesse negativi, consente al Consiglio direttivo di effettuare “una transizione verso un approccio riunione per riunione alle decisioni sui tassi di interesse”. Board che ritiene “appropriato” un’ulteriore normalizzazione dei tassi nelle prossime riunioni, e andrà avanti con l’approccio data driven.


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