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Ottimista sul risultato della sfida Pnrr, come sull’incasso a breve della terza rata da 19 miliardi. Ferma sul no al Mes, soprattutto di fronte a una riforma del Patto di Stabilità ancora in fieri. Soddisfatta per il buon andamento dell’economia e anche per l’accordo raggiunto giovedì in extremis dal Consiglio Ue sui migranti, fiduciosa sui risultati della missione a Tunisi, dove domani arriverà insieme alla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, e il leader olandese, Mark Rutte. Fedele all’impegno assunto con l’Ucraina vittima dell’invasione russa. Giorgia Meloni affronta tutte le principali questioni sul tavolo del governo rispondendo alle domande di Bruno Vespa nel “salotto” allestito nel giardino della masseria Li Reni, a Manduria, che ospita l’ormai tradizionale forum organizzato dal giornalista nella sua residenza pugliese. Il tema è “L’Italia che verrà”.

Il lungo colloquio che parte dalla storia di Giulia Tramontano, la giovane donna al settimo mese di gravidanza, uccisa dal compagno: «Ha ucciso due persone», afferma la premier. «E’ una vicenda che mi ha lasciato senza fiato», dice e racconta: «Ho chiamato la madre di Giulia, da madre. Quando accadono queste cose la prima cosa che faccio è sempre pensare alla mamma». Un fenomeno quello dei femminicidi che, al di là dei provvedimenti in campo – esistenti e nuovi – rappresenta soprattutto «una sfida culturale», sottolinea Meloni, che va di pari passo con un lavoro sull’educazione: «Mi piacerebbe portare le vittime che ci sono ancora o i parenti delle vittime che non ci sono più a raccontare la loro vicenda nelle scuole».

PNRR E MES

Sul fronte economico la sfida principale resta l’attuazione del Recovery Plan. «Riusciremo ad avere la terza rata del Pnrr: stiamo facendo un lavoro molto lungo e preciso con la Commissione. Sono stati già verificati gli obiettivi, ora siamo ai target, ma sono assolutamente ottimista». Parallelamente, spiega, il governo sta lavorando con la Commissione europea per la revisione di alcuni obiettivi e l’inserimento del RepowerEu, un «capitolo molto strategico», perché «si occupa di sicurezza energetica» e anche in vista del progetto di trasformare l’Italia «in un hub di approvvigionamento energetico dell’Europa» cui punta il Piano Mattei, sfruttando la sua posizione di porta d’ingresso del Vecchio Continente – «che dalla guerra in Ucraina non può più guardare ad Est» – e punto di arrivo «delle infrastrutture di connessione del Mediterraneo»: «Se tu diventi la porta d’ingresso degli approvvigionamenti energetici dell’Europa, non solo porti innovazione, lavoro, ricchezza, ma anche centralità, strategica e politica», evidenzia la presidente del Consiglio.

Un tema quello energetico che si incrocia con la questione migratoria, entrambi al centro della missione che domani riporterà, per la seconda volta in una settimana, Meloni in Tunisia (mentre la prossima settimana volerà in Sud America, ndr) dove dovrebbe essere in dirittura d’arrivo il primo pacchetto di aiuti anti crisi della Commissione Ue – che mira anche a frenare l’ondata migratoria che investirebbe le coste italiane – e che «è anche propedeutico a favorire l’accordo con il Fmi, cui Meloni chiede «un approccio il più possibile pragmatico e non ideologico», riscontrando comunque «passi avanti».

L’Europa, intanto, chiede al governo di stringere i tempi sulla presentazione della proposta di rimodulazione Piano. E resta in pressing sulla ratifica della riforma del Mes, senza tuttavia scalfire la fermezza della premier che lo considera «uno stigma che ora rischia di tenere bloccare delle risorse in un momento in cui invece stiamo tutti cercando risorse: poi non verrebbe utilizzato da nessuno». Sicuramente non dall’Italia, ribadisce, finché sarà a Palazzo Chigi. Per Meloni, poi, «non ha molto senso ratificare la riforma se non sai cosa prevede il nuovo Patto di stabilità e crescita». Sulla proposta presentata dalla Commissione ha già le idee chiare: «Non mi convince».

LA CRESCITA ITALIANA

A un’Europa che l’Eurostat vede in recessione, intanto l’Italia può mostrare i risultati della sua economia, con il Pil «che cresce oltre la media europea». «Il governo deve dare i suoi segnali, l’economia risponde e lo sta facendo, ma non è un fuoco di paglia. L’Italia ha appena raggiunto il record storico di numero di occupati e di contratti stabili e tutto è trainato dall’occupazione femminile». Meloni riconosce che «c’è un problema di salari» e ribadisce che «l’obiettivo è rendere il taglio del cuneo strutturale» ma, avverte, «dipende dalle entrate dello Stato, che dipendono dalla crescita».

LE RIFORME COSTITUZIONALI

Si resta nel campo dell’economia anche parlando della riforma costituzionale: «E’ la più grande riforma economica che si può fare per questa nazione», sostiene Meloni, perché «se i governi durano un anno e mezzo non si fanno investimenti strategici». Sono due gli obiettivi che considera «irrinunciabili: «chi governa lo decidono gli italiani», perché «i governi non si fanno nel palazzo», quindi ci deve essere, sostiene, «l’elezione diretta» del premier. Quanto al modello di riforma, «siamo la patria del diritto. Non dobbiamo copiarne uno dall’estero, possiamo trovarne uno nostro». Alle opposizioni chiede «responsabilità», perché, dice, «è una sfida di modernizzazione dell’Italia». Se l’approccio dovesse invece essere «’noi diciamo no a tutto’» si chiederà agli italiani di esprimersi con un referendum.

Meloni prova poi a ridimensionare l’allarme sull’autonomia differenziata che sostiene, non spaccherà l’Italia «per due ragioni: intanto perché stiamo facendo quello che mai si è riuscito a fare, stabilire i livelli essenziali delle prestazioni», poi perché «non è togliere a una regione per dare a un’altra, ma un principio secondo cui se una Regione governa bene le sue risorse, lo Stato prende in considerazione la possibilità di darle altre materie da governare». «Non vengono discriminate le regioni – rimarca – è un principio che responsabilizza governatori e classi politiche: può essere malvisto da chi ha mal governato o non è riuscito a spendere i soldi europei».

BOTTA E RISPOSTA MELONI-SCHLEIN

A Manduria parte anche la scintilla di un botta e risposta a distanza tra le leader dei due principali partiti italiani. Lo innesca Vespa con una domanda sul rischio di autoritarismo con la destra al governo paventato dalla segretaria del Pd, Elly Schlein. La risposta di Meloni è secca: «So che questa preoccupazione della segretaria Pd è reale, ma la voglio tranquillizzare, perché il centrodestra da sempre difende la libertà. La libertà dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, questo noi stiamo dimostrando e gli italiani lo capiscono. Poi ironica: «Se il nuovo corso del Pd è andare dritti con la strategia che li ha portati dritti alla sconfitta elettorale… Se loro vogliono andare avanti così, posso anche essere contenta…». La risposta di Schlein arriva dopo un po’:  «Si preoccupi del Paese, prima che ci porti a sbattere. Noi siamo preoccupati dei salari troppo bassi e i tagli alla sanità, perché lei governa da otto mesi e non spende i miliardi del Pnrr aumenta la precarietà e smantella i diritti».


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