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A OTTOBRE potrebbero scattare tre mesi di tregua per il caro prezzi: in questo modo il Governo intende dare una boccata di ossigeno alle famiglie piegate dall’impennata dei prezzi che compongono il cosiddetto “carrello della spesa”, in particolare beni alimentari. E favorire il rientro dell’inflazione che negli ultimi mesi ha rallentato il passo, ma che continua a crescere a due cifre per quanto riguarda il cibo. A breve infatti dovrebbe essere sottoscritto un protocollo tra produzione e distribuzione per definire una lista di prodotti alimentari di largo consumo e per l’infanzia calmierati.

L’annuncio è arrivato dal sottosegretario al ministero delle Imprese e del made in Italy, Massimo Bitonci. Una nota del ministero ha spiegato che l’obiettivo dell’intervento del Governo è “di contenere gli aumenti dei prezzi dei prodotti di prima necessità per minimizzare l’impatto del potere d’acquisto delle famiglie, in particolare quelle a basso reddito, e prevenire che l’attuale spinta inflattiva diventi strutturale”. “La grande campagna contro l’inflazione – ha sottolineato il ministro Adolfo Urso – che si svilupperà negli ultimi tre mesi di quest’anno andrà incontro ai consumatori italiani, soprattutto a quelli che hanno subito un impatto maggior dell’inflazione”.

L’iniziativa del ministero delle Imprese e del made in Italy ha incassato l’approvazione delle associazioni dei consumatori che da tempo sollecitano il Governo a bloccare i prezzi sugli scaffali. Per Assoutenti “il trimestre anti-inflazione è una misura valida per aiutare le famiglie e fare la spesa” che potrebbe essere estesa anche a bar, ristoranti, pasticcerie, gelaterie ecc. Promozione anche dal Codacons che ha ricordato che i listini degli alimentari registrano aumenti medi dell’11% su base annua con una spesa maggiorata per le famiglie di 846 euro all’anno. Un’azione decisa per contenere i rialzi e alzare una barriera contro le speculazioni è più che mai necessaria oggi, in una fase in cui il settore alimentare è sotto attacco su più fronti. Per gli effetti del cambiamento climatico (siccità e alluvioni), degli incendi e per le ripercussioni dello shock che sta creando la sempre più complessa situazione nel Mar Nero dove la Russia sta intensificando gli attacchi tesi anche a bloccare le movimentazioni di prodotti agricoli ucraini, grano in primis.

In una situazione di prodotti distrutti e rischi per l’approvvigionamento soprattutto per i Paesi più fragili è facile che si aprano le porte a fenomeni speculativi. Sintomatico l’andamento del prezzo del grano che alla Borsa di Chicago passa quotidianamente in poche ore da aumenti a flessioni significative. Anche se comunque, dopo gli attacchi russi nei porti del Mar Nero, le quotazioni del grano sono salite ai massimi degli ultimi cinque mesi. Intanto in Italia è allarme per un ricco paniere di prodotti distrutti dal caldo torrido che sta infiammando (con gli incendi) le regioni del Sud e dalle bombe di acqua e grandine che stanno devastando le coltivazioni del Nord. Nelle regioni meridionali, dalla Puglia alla Sicilia, frutta e verdure sono ustionate e in alcune aziende agricole, secondo i monitoraggi della Coldiretti, le perdite arrivano al 90% dei raccolti di peperoni, meloni, angurie, uva, pomodori e melanzane. L’organizzazione agricola ha valutato anche un taglio del 10% della produzione di grano, uguale calo per il latte, del 70% del miele e del 60% per la frutta, in particolare dell’Emilia Romagna. Gli agricoltori stanno cercando di anticipare il raccolto, ma il caldo torrido ostacola le operazioni in campo. E così si sommano danni a danni, ai 6 miliardi dello scorso anno va aggiunto un miliardo solo per l’alluvione dell’Emilia Romagna, ma il conto è destinato ad aggravarsi. Con conseguenze per i redditi degli agricoltori: irrigazioni di soccorso e raffreddamento delle stalle aumentano infatti i costi, mentre gli incassi non crescono. Ed è forte il timore che con l’accordo saltato tra Russia e Ucraina sul traffico dei cereali possa riesplodere una bolla.

Per l’Italia, il Paese più esposto sul fronte del Mediterraneo, il rischio è anche l’ulteriore intensificazione dei flussi migratori. Senza cibo sono sempre più numerose infatti le persone che fuggono dai Paesi più poveri che sono anche quelli più dipendenti dalla derrate alimentari di Russia e Ucraina. Tra i paesi più colpiti, secondo il report della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga e presentato in occasione del Food Summit Onu che si è concluso ieri a Roma, ci sono infatti il Bangladesh con oltre un miliardi di chili di grano importati dall’Ucraina nel corso dell’intesa, l’Egitto con 417 milioni di chili di grano, 998 milioni di chili di mais, 4,6 milioni di olio e farina di girasole e 131 milioni di chili di semi di soia, il Kenya con 385 milioni di chili di grano e 53 milioni di mais, l’Etiopia con 263 milioni di chili di grano, lo Yemen con 259 milioni di chili di frumento e la Tunisia con oltre 222 milioni di chili di grano, 356 milioni di chili di mais e 108 milioni di altri prodotti alimentari.

La necessità di sostenere lo sviluppo delle aree più fragili del globo dove è ampia la fetta di popolazione in situazione di grave insicurezza alimentare è stato il tema centrale del vertice Onu. Con la soluzione rilanciata dal Governo Meloni di un nuovo Piano Mattei sui prezzi che fa leva anche sul coinvolgimento delle imprese. E’ quanto è avvenuto in Egitto dove le imprese leader dell’agroalimentare, rappresentate da Coldiretti e Filiera Italia, si sono dichiarate pronte a una partnership con il sistema produttivo egiziano per la fornitura di macchinari, tecnologia, sementi e conoscenze per valorizzare le produzioni locali e consentire così di sfamare la popolazione del Paese. In linea con la strategia illustrata dal vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani finalizzata a promuovere “un modello di sviluppo diffuso, non predatorio e sostenibile nei Paesi di origine e di transito della migrazione irregolare. Un modello basato su iniziative di lotta alla povertà e alla protezione sociale, per creare posti di lavoro e formazione delle competenze, garantire servizi essenziali e lottare insieme contro i cambiamenti climatici”.

“La nostra Nazione – ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida – può mettere a disposizione le proprie competenze ai Paesi in via di sviluppo, come quelli dell’Africa, affinché possano diventare autosufficienti in termini di ricchezza e poter vendere i loro prodotti, evitando che ci siano emigrazioni derivanti dalla fame”. Ed è il fronte su cui è impegnata la Coldiretti che vuole fare la sua parte per “favorire filiere di prodotti locali destinati a soddisfare il fabbisogno alimentare del territorio anche attraverso la creazione di mercati contadini, secondo il modello promosso dal Campagna Amica con la World Farmers Market Coalition”.


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