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Orban e Meloni

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Visegrad in quanto tale non esiste più, restano solo la “democrazia illiberale” di Viktor Orban e il suo rapporto privilegiato con Mosca

Non sono stati giorni esaltanti per la politica estera italiana e il compromesso raggiunto in sede di Consiglio Ue su allentamento agli aiuti pubblici in cambio di maggior flessibilità sull’utilizzo delle risorse comunitarie, attenua in parte un effetto ottico non dei migliori.

L’accordo è stato raggiunto nella notte giovedì e venerdì ed è il classico do ut des tra diverse priorità e scuole di pensiero. Alla fine sono state recepite le preoccupazioni dell’Italia relative alle deroghe sui limiti per l’utilizzo di fondi statali da parte dei Paesi membri. Per controbilanciare i benefici di quanti possono attingere a conti pubblici con minor debito – e in questo modo mettere a rischio il regolare funzionamento del mercato unico – viene data la possibilità di utilizzare al meglio e integrare le risorse di programmi già esistenti.

È il caso soprattutto di NextGenerationEU e di REPowerEU. In altre parole il governo italiano vede aprirsi la possibilità di rimodulare, di concerto con la Commissione e sulla base delle linee guida definite da Bruxelles nei giorni scorsi, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

LA SODDISFAZIONE DI GIORGIA MELONI

Tanto è bastato perché la presidente del Consiglio Giorgia Meloni definisse un successo per l’Italia l’ultimo vertice europeo (LEGGI). Visto anche che il forte aumento dell’inflazione ha fatto salire non di poco il costo di molti progetti d’investimento. E che in REPowerEU ci sono molte delle risorse necessarie per finanziare la transizione energetica e aiutare le imprese europee a migliorare la propria competitività. Anche e soprattutto nei confronti del massiccio programma di aiuti messo in campo proprio in questo settore dall’Amministrazione Biden (oltre 360 miliardi di dollari) con l’Inflation Reduction Act.

Sull’altro aspetto che premeva all’Italia, vale a dire la creazione di un fondo sovrano europeo per finanziare l’innovazione delle aziende, le conclusioni del vertice si limitano a sottolineare che i Ventisette ne hanno “preso atto”. I tempi evidentemente non sono ancora maturi per la creazione di uno strumento che implicherebbe nuova emissione di debito comune.

DI VISEGRAD RESTA SOLTANTO LA DEMOCRAZIA ILLIBERALE DI ORBAN

Qui finiscono le buone notizie per l’Italia, che su altri fronti, invece, come quello della cooperazione politica nella crisi innescata dall’aggressione della Russia in Ucraina, è stata messa in ombra dall’iniziativa francese (vertice di Parigi con Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky) che è stata aspramente criticata da Giorgia Meloni, pronta invece a rilanciare con i Paesi di Visegrad per un fronte anti-immigrazione. È giusto lamentarsi per l’esclusione, ma sarebbe altrettanto giusto chiedersi il perché di questa esclusione.

Guardare a Visegrad, in risposta, è come guardare a un’entità che la guerra in Ucraina ha completamente rimodellato lungo linee di forte e incondizionato appoggio all’Ucraina, con la solita eccezione dell’Ungheria. Visegrad in quanto tale non esiste più. Restano solo la “democrazia illiberale” di Viktor Orban e il suo rapporto privilegiato con Mosca.


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