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Affinché l'Unione Europea possa assumere una vera leadership nel Mediterraneo sono necessari gli Stati Uniti d’Europa

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Affinché l’Unione Europea possa assumere una vera leadership nel Mediterraneo sono necessari gli Stati Uniti d’Europa

Si sta giocando nel cortile di casa nostra, con bombe e razzi, con rapimenti e massacri, mettendo in discussione gli equilibri raggiunti faticosamente, e noi europei stiamo guardare come se la cosa non ci riguardasse. Si sta mettendo in discussione la centralità riconquistata del Mediterraneo nel 1869, con l’apertura del canale di Suez, e l’iniziativa di proteggere le navi maxi portacointaneirs, che attraversano il Mar Rosso, alla quale partecipiamo, non è nemmeno di Bruxelles.

Il rischio è di dirottare il traffico che attraversa il Mediterraneo, facendolo circumnavigare l’Africa, per raggiungere i porti del Nord Europa, allungando enormemente il percorso con conseguente inquinamento di CO2 e noi europei non facciamo nemmeno la parte di comprimari. Il tema è di quelli epocali e riguarda il ruolo che la vocazione euro mediterranea dell’Europa potrà recitare dopo l’invasione della Federazione Russa dell’Ucraina. Sembrava che questo dovesse essere il tema caratterizzante della governance europea.

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LE CRISI CHE FANNO SENTIRE FORTE L’ESIGENZA DEGLI STATI UNITI D’EUROPA ANCHE AL DI LÀ DEL MEDITERRANEO

Chiusi gli approvvigionamenti provenienti dalla grande Russia ci si era proiettati verso il Nord Africa, sia per sostituire il fornitore unico con tanti localizzati nella grande area del Nord Africa, ma anche del Medioriente, anche con l’idea di incrementare i traffici con l’area.

La nuova guerra scoppiata nelle terre della Palestina mette in evidenza come manchi in modo assoluto un protagonismo nella politica estera da parte dell’Unione Europea. Unione che continua a balbettare con i suoi una volta attori colonizzatori in Africa, sostituiti adesso dagli Stati Uniti, succubi della lobbie ebrea internazionale, economicamente molto forte, che ovviamente appoggia incondizionatamente le politiche israeliane, anche quando esse hanno una vista corta ed una incapacità di guardare al vero nocciolo del problema. Che è quello che non può esservi pace se non vi è contemporaneamente giustizia. E che per eliminare il terrorismo è necessario che si vada all’origine dei problemi, che nel caso specifico vuol dire consentire ad un popolo di avere un proprio Stato.

IL TEMA DI FONDO È LA PACIFICAZIONE

Il tema di fondo, che non riguarda da solo la guerra in atto tra Israele e Hamas, è la pacificazione. Per quanto possibile, di tutti i vicini europei. Ma mentre nei confronti della Ucraina e dei Paesi balcanici, l’Europa ha preso una posizione molto netta, contribuendo con risorse importanti alla possibilità di dire la propria per quei Paesi, considerandoli o parte integrante o il confine naturale del continente, la stessa posizione non la si sta assumendo per difendere e pacificare quel confine sud, che mette in discussione qualunque ipotesi di rapporti futuri con questa area, che destabilizzata la rende origine di movimenti terroristici oltre che di flussi migratori che, per quanto li si voglia regolarizzare, diventano incontrollabili e alimentano di risorse gli Stati canaglia.

I quali si propongono con accordi per consentire quei lager dove gli aspiranti emigranti vengono trattenuti per ridurre un flusso sempre più consistente. Flusso che rischia di mettere in discussione gli equilibri, anche se consolidati, degli Stati europei, pur sempre precari come lo sono gli Stati democratici, che subiscono gli umori cambianti di un consenso che deve essere sempre conquistato.

ECCO PERCHÉ PER IL MEDITERRANEO SERVONO GLI STATI UNITI DI EUROPA

Per questo ormai è necessaria quella accelerazione del processo politico che porti agli Stati Uniti d’Europa, perché è ormai evidente che l’unico protagonista che ha finora recitato una sua parte tra i grandi del mondo che è la Francia, peraltro nel consiglio di sicurezza dell’Onu, insieme all’Inghilterra che ormai è fuori dall’Europa, non riesce più, dovendosi confrontare con colossi mondiali, a recitare un ruolo da protagonista e che è necessario che venga sostituito da una realtà sufficientemente grande da essere credibile.

Quell’Europa che purtroppo continua a balbettare, stretta tra un blocco frequente consentito dall’esigenza dell’unanimismo, obbligato dalle regole, che avevano un senso quando i Paesi erano pochi, che sono diventate un freno che consente ad una Ungheria, che ha il 2% della popolazione europea, di ricattare una intera Unione, pretendendo per approvare la destinazione delle risorse per la guerra in Ucraina di avere i fondi europei ad essa destinati, che sono stati bloccati per la carenza di processi democratici all’interno del Paese, e la volontà di alcuni Stati di non perdere la propria autonomia.

In tale processo l’Italia potrebbe giocare un ruolo importante. Così come lo ha fatto, a detta di Germania e Francia, nel salvataggio dell’euro con Draghi presidente della Banca centrale e con quello che è diventato un mantra che ha contraddistinto il suo operato. Il “whatever it takes” pronunciato dall’allora presidente della Banca Centrale Europea che ha salvato l’euro e l’Unione monetaria. Probabilmente la ventilata sua successione della Ursula Von Der Leyen, dignitosa presidente della Commissione, ma certo non con quelle caratteristiche da statista, necessarie per i momenti di grande cambiamento e di accelerazione dei processi, potrà essere un passaggio necessario.


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